Ecco le terapie digitali, valgono già 8 miliardi l’anno

scritto da il 04 Luglio 2019

Gli autori sono Elia Stupka e Nicola Marino. Stupka è senior vice president e direttore generale della divisione Life Sciences di Health Catalyst. Marino è laureato presso l’Università Cattolica, laureando in medicina e chirurgia, imprenditore con esperienza di ricerca presso Harvard Medical School – 

Il padre di Carlo, che da poco è sopravvissuto ad un ictus, guarda le cuffie con sospetto. Carlo gli spiega che si tratta di una nuova terapia digitale che lo aiuterà durante la sua riabilitazione. 
“Papà fidati, devi solo mettere le cuffie e goderti la musica mentre andiamo a fare due passi, vedrai che ti aiuterà a camminare meglio”. Il padre si alza a malavoglia col bastone, indossa le cuffie e quegli strani piccoli marchingegni, un sensore sulle scarpe per misurare le caratteristiche della camminata, e inizia a camminare. Non appena la musica inizia a suonare in cuffia, la sua camminata inizia a migliorare, ad essere più simmetrica, più rapida, più sicura. Dopo qualche minuto il padre di Carlo mette da parte il bastone, e felice come un bimbo, cammina al ritmo della sua musica preferita.

Fantascienza? No, semplicemente il frutto di anni di ricerca clinica, sposata alle nuove capacità digitali. Il fatto che la musica permetta il cosiddetto “entrainment” dei neuroni nelle vittime di ictus, e le aiuti a stare meglio, già si conosceva ed è utilizzato in maniera non digitale in paesi come il Giappone e l’Inghilterra da anni, tant’è che le nuove linee guida per la terapia dell’ictus in Inghilterra integreranno questo approccio nel 2019. Ma grazie alla rivoluzione digitale la metodologia verrà esportata su una app per cellulare. Ciò la renderà non solo più economica ed accessibile, perché non necessiterà di un operatore, ma anche più performante, perché permetterà una forte personalizzazione e un continuo miglioramento della app stessa grazie a tutti i dati raccolti da tutti i pazienti.

L’azienda che sta lanciando questo prodotto, MEDRhythms Therapeutics, fa parte di una nuova costellazione di aziende che produce “terapie digitali”, cioè farmaci regolamentati a tutti gli effetti come i farmaci tradizionali, sottoposti agli stessi severi studi clinici e le stesse approvazioni per la messa in commercio, dove la differenza fondamentale è che la terapia si basa su app digitali piuttosto che su agenti biologici o chimici. Applicazioni che spesso sfruttano la nostra capacità di guarire con cambi comportamentali, oppure, come nel caso descritto, ricevendo stimoli acustici adeguati. Un settore in forte crescita, passato da 2 miliardi di investimenti nel 2013 a 8 miliardi investiti nel 2018 in 477 start-up diverse. E siamo appena agli inizi, perché è proprio dal 2019/2020 che per molte di loro inizieremo a vedere lo sbarco commerciale sul mercato con prodotti approvati e potremo misurare il loro valore di mercato commerciale ben oltre gli investimenti iniziali fatti.

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Il settore delle terapie digitali è un settore che per molti versi all’inizio ha dovuto auto-regolarsi per farsi strada e potersi distinguere dalle migliaia di app che hanno a che fare con il mondo della salute e del wellness ma che non sono terapie, perché non sottoposte a studi clinici con lo stesso rigore dei farmaci tradizionali. Tant’è che hanno creato una alleanza, la “Digital Therapeutics Alliance” per condividere le loro esperienze, e instaurare un dialogo sia con gli enti regolatori che con i principali enti (in America le assicurazioni private, in Europa i sistemi sanitari nazionali), che dovranno stabilire come e su che basi rimborsare queste prestazioni. Si pongono nuove, interessanti, domande. Per esempio, il fatto che mentre un farmaco tradizionale rimane identico (un Moment conterrà sempre 200 mg di ibuprofene), il farmaco digitale è un software, quindi come le app sui nostri telefonini potrà migliorare nel tempo e le nuove versioni saranno scaricabili con un click.

Concetti nuovi per un ente come l’FDA (Food and Drug Administration) che sta mostrando estremo interesse verso questi nuovi modelli di cura. Nel 2017, infatti, ha approvato la prima “pillola digitale”, il trattamento reSET, prodotto dalla azienda Pear Therapeutics, una app con un programma di 12 settimane per la terapia da dipendenza verso sostanze psicotrope, quali cannabis, cocaina e alcool, al quale è seguita una app specifica per la terapia della dipendenza da opioidi, una vera e propria epidemia che uccide oltre 70,000 persone l’anno. L’azienda Pear Therapeutics ha raccolto in totale 134M$ di investimenti. Quest’ultimi guidati da Temasek Holdings, società d’investimenti di proprietà del governo di Singapore che gestisce un portafogli di 190Miliardi di dollari, e con fondi anche della Novartis, che sta investendo in maniera significativa in questo settore. L’FDA, nel frattempo, ha rilasciato il “Digital Health Innovation Plan”, un programma di certificazione chiamato “Digital Health Pre-Certification Plan” e un programma pilota che permette alle aziende di certificare i prodotti software e all’agenzia del farmaco di sviluppare nuovi modelli adeguati nonché migliorarsi in questo campo in rapida crescita.

Fra le aziende che hanno sviluppato cure digitali di successo ne troviamo molte nell’ambito cognitivo/psicologico. Akili Interactive Labs, ha raccolto 140 milioni di dollari di investimenti e sviluppa app nel mondo della terapia cognitiva sulla base di esperienze che spesso assomigliano a videogiochi. Un’analisi del loro sito web rileva una vera e propria “pipeline”, come ci si aspetta dalle aziende biotech, con una serie di prodotti in clinical trial, nonostante siano tutte app digitali. Big Health è la “sorella minore” che ha raccolto finora 15 milioni di dollari, ed è focalizzata sul trattamento dei disturbi del sonno e quelli dell’ansia, tant’è che sta lavorando col sistema sanitario nazionale inglese per dare a tutti i cittadini accesso alla sua app “Sleepio”. Altre aziende simili sono Neurotracker, azienda privata canadese che si focalizza sul miglioramento delle capacità cognitive. Cognoa che con 20 milioni investiti raccolti finora si focalizza sui problemi psicologici dell’infanzia e a Febbraio ha ricevuto il consenso dalla FDA per l’usi anche in bambini affetti da autismo.

Anche nell’ambito del diabete sono nate aziende che hanno app approvate come digital therapeutic, quali Well Doc (55 milioni di dollari investiti finora, con base nel Maryland) e Voluntis, azienda quotata in borsa a Parigi dal 2018 grazie alla loro app per la gestione del diabete che ora sviluppa anche soluzioni in ambito oncologico. Sempre nell’ambito delle malattie croniche come il diabete e l’ipertensione si posiziona Omada Health, azienda che ha ricevuto 126 milioni di dollari di investimenti e lavora con assicurazioni e datori di lavoro per migliorare la gestione di queste malattie.

Propeller Health, invece, ha sviluppato soluzioni digitali in ambito pneumologico, ed è stata acquisita da ResMed per 225 milioni di dollari nel 2018. Questa azienda è un esempio interessante di come possono essere abbinati farmaci tradizionali (come gli inalatori per l’asma) con i dati digitali e l’intelligenza artificiale per capire aspetti importanti della malattia, quali le cause delle esacerbazioni ed acuzie di queste malattie. Infine Kaia Health, che a Gennaio ha chiuso il suo investimento da 10 milioni di dollari e punta a trovare soluzioni digitali per il mal di schiena.

Ma anche le grandi case farmaceutiche iniziano a prestare molta attenzione al settore, tant’è che aziende come Novartis, Bayer, Boehringer Ingelheim, Merck, Sanofi e Otsuka sono tutte membri della stessa alleanza. Fatto rilevante se si tiene presente che si può diventare membri solo se si sta lavorando attivamente a delle terapie digitali, dato che l’alleanza ha il fine di evitare di diventare un ricettacolo per aziende che vorrebbero far parte di questo nuovo mondo in crescita ma in realtà non hanno ancora investito seriamente nel campo.

C’è sicuramente ancora molta strada da fare dal punto di vista regolatorio e commerciale ed impegno istituzionale. L’Inghilterra, come avamposto del settore in Europa, ha prodotto un catalogo grazie all’impegno diretto del NHS (il sistema sanitario inglese), la NHS Apps library, che fornisce un catalogo ufficiale il quale mira a verificare tutte le app applicabili al mondo salute (anche quelle coadiuvanti, come quelle che fungono da promemoria per la posologia), fornendo una specie di “bollino di qualità” riguardo l’efficacia clinica, gli standard di sicurezza e privacy, e così via. Infine, ricopro un ruolo di estremo interesse, considerando il numero di download, le app nell’ambito della mindfulness, con Mindful e Calm in cima. MedRhythms per esempio ha firmato una collaborazione con Health Catalyst per sfruttare la rete di migliaia di cliniche e ospedali digitalizzati, tale da poter misurare l’impatto reale delle proprie app sul miglioramento della vita dei pazienti ed il risparmio nella spesa sanitaria.

In poche parole, siamo dinanzi ad un mercato in estrema espansione. Un mondo nel quale le terapie digitali potranno essere sviluppate con la stessa agilità con la quale ormai siamo abituati a ricevere aggiornamenti sui nostri smartphone. Ma soprattutto, un mondo nel quale, tornando all’esempio del padre di Carlo, potremo impattare la salute di milioni di persone, in centinaia di paesi nel mondo, sfruttando un linguaggio universale come quello della musica, senza dover mettere in piedi nuove catene logistiche e dover tradurre materiale complesso in mille lingue.

Grazie alla nostra irrefrenabile passione per la comunicazione ormai più di 5 miliardi di persone possiedono uno smartphone, solitamente usato per condividere la foto dell’ultimo pasto modificata con 3 filtri e condita con 2 hashtag o per chattare con gli amici. Finalmente potremo usarlo anche per migliorare la salute dei nostri cari, far tornare a camminare senza bastone una nonna o una zia in Indonesia tanto quanto una in Italia o aiutare bambini e adulti con problemi cognitivi in tutto il mondo. Questo è quel che chiameremmo progresso.

Twitter @estupka @nikmarino9