Chi salverà i fondi pensione dal crollo, i millennials o lo Stato?

scritto da il 01 Ottobre 2019

“La Federal Reserve cerca di risolvere la crisi demografica degli Stati Uniti, forzando chiunque capisca anche minimamente di finanza a suicidarsi”.
Zero Hedge

Gli interessi negativi non fanno più notizia, il capo uscente della Bce Mario Draghi ha deciso che un altro round di QE (Quantitative easing, che è una delle modalità non convenzionali con cui una banca centrale interviene sul sistema finanziario ed economico di uno stato, per aumentare la moneta in circolazione) è l’unica soluzione per risollevare le sorti economiche dell’Europe e del Mondo.

Dall’altra parte dell’Atlantico, la risposta al ribasso (degli interessi) stabilita da Jay Powell, presidente della banca centrale degli Stati Uniti, non è mancata; anche se non è stata cosi aggressiva come auspicava il presidente Trump che, per questo, ha definito Powell un non amante della patria.

Siamo così a circa ben 17 miliardi di obbligazioni a tasso negativo. Nel frattempo si intravedono le prime crepe nel sistema finanziario e sono passata per il REPO market (una forma di finanziamento a breve termine offerta dalla Federal Reserve). Ma per ora secondo Powell “è tutto sotto controllo”.

Nel Medio Oriente, gli iraniani (presumibilmente) hanno bombardato uno dei siti strategici del greggio saudita dando cosi una scossa al prezzo del Brent che sembrava non avere più segni di vita. Gli americani, indispettiti dall’atteggiamento iraniano hanno deciso di spedire un contingente americano a supporto dei loro alleati sauditi. Per un giovane investitore una situazione del genere può essere causa di qualche apprensione, ma in realtà può anche essere un’ottima opportunità.

Nei prossimi due anni sarà improbabile che il mondo riesca a sfuggire a una recessione, anche perché nell’economia reale il rallentamento è abbastanza ovvio. Bisogna solo aspettare che i mercati finanziari si portino alla pari con quelli reali.

La correzione potrebbe essere un’ottima opportunità per un Millennial. Ma se si è un Baby Boomer vicino alla pensione? Basta chiederlo a Anchalee Worrachate di Bloomberg che qualche giorno fa ha riassunto perfettamente la situazione attuale: “Il mondo pensionistico sta barcollando grazie a un vero e proprio vandalismo finanziario che ha causato il collasso dei tassi d’interesse”.

Cerchiamo di dissezionare il mondo dei fondi pensione ma soprattutto cerchiamo di capire cosa sta succedendo e come siamo arrivati alla situazione attuale.

I Baby Boomers, la generazione d’oro

“Se un paese non ha bambini, alla fine non avrà un economia, ma le banche centrali non sembrano capirlo”.
Paul Hodges

Negli ultimi venti anni, le nascite nei paesi del G7 sono calate considerevolmente. Secondo Paul Hodges (Chairman of International Chem) le nascite sono più basse rispetto al 1921 di circa 7,8 milioni. A confronto, tra il 1946 ed il 1970, le nascite dei Baby Boomer erano in media di 10,1 milioni all’ anno, con un picco di 10,6 milioni. I Baby Boomers, la generazione nata tra il 1944 e 1964, è quella che ha generato la maggiore crescita economica nella storia. Questo risultato è stato dovuto soprattutto grazie ad alcune condizioni macroeconomiche favorevoli.

I Baby Boomers, rispetto alla generazione successiva, i Millennials, sono nati in un mondo dove sia il debito pro capite, sia lo sviluppo immobiliare, sia il potere d’acquisto erano a livelli accettabili per chi che entra nei suoi prime years – gli anni durante i quali un individuo spende maggiormente.

Il grafico, ci mostra la spesa per individuo in base alla fascia d’età:

 

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Guardando al palcoscenico demografico occidentale e specificamente ai Baby Boomers, è facile immaginare perché le economie dei G7 siano cresciute così tanto negli ultimi cinquanta anni. Oggi, i Baby Boomers sono già o sono in procinto di passare da fasce attive a fasce passive. Si trovano tra la quinta e la settima fascia, avendo smesso di produrre ed accedendo al pensionamento. Al contrario, i Millennials sono nei loro prime years. Ma, a differenza dei loro genitori. si trovano davanti un mercato immobiliare carissimo che rende più difficile comprare la prima casa, un’economia in calo, la Borsa ai massimi storici, ed escono dal circuito educativo con un debito pro capite che alcuni non riusciranno mai a ripagare e che per molti condizionerà il loro potere d’acquisto (questo vale soprattutto per gli americani). Questa difficoltà nel potere di spesa dei Millennials è quello che più condizionerà la crescita dei paesi occidentali. Ma non solo, qualsiasi deficit dei fondi pensione dovrà passare per le tasche dei Millennials sotto forma di tasse. Questo forse le banche centrali l’hanno capito, e tra tassi d’interesse e QE hanno cercato negli ultimi dieci anni di sostituire le nascite e la domanda che esse portano con un flusso di denaro a bassissimo costo.

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Il debito e la crescita mondiale: perché la formula ha smesso di funzionare?

Nel frattempo il debito mondiale continua a crescere, come ci dimostra questo grafico dell’Institute of International Finance. Negli States il debito pubblico è a circa il 105% del PIL (Prodotto Interno Lordo) americano, il più alto di sempre. Come ci spiegano i professori Reinhard e Rogoff di Harvard, una volta che il debito supera il 90% del GDP, l’impatto degli stimoli diventa del tutto divergente. Questo concetto è più chiaro se applicato al singolo individuo. Se prendiamo un prestito per usarlo come leva, (il concetto di leva è simile al mutuo, dove l’individuo ha la possibilità di comprare un immobile di valore più volte superiore alla caparra), il prestito funziona se, dopo aver ripagato il prestito e gli interessi, l’individuo riesce a incrementare il proprio reddito. Finché il prestito cresce più lentamente del reddito, usare leva è sensato. Nel momento in cui succede l’opposto, il prestito smette di avere un effetto positivo, diventando controproducente e pericoloso. Questo è quello che sta succedendo alle economie occidentali, dove l’extra iniezione di debito non ha più effetti di stimolo. E questo ce lo dimostra anche la crescita del Pil per paese, che in Occidente per molti Paesi è nettamente sotto il 2%.

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Tutto questo cosa significa per le pensioni?

Innanzitutto cerchiamo di capire come funziona un fondo pensionistico. Questo è un bilancio molto semplificato:

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Il ruolo del gestore di un fondo pensione è investire nel modo più efficace il contributo del lavoratore, in modo da riuscire a sostenere le obbligazioni del contribuente post pensione. Quindi il lavoro del gestore può essere sintetizzato dalla sua abilità di pareggiare i contributi con le indennità (se le obbligazioni sono 50 milioni, gli asset devono essere identici). Molti fondi pensione, soprattutto quelli statali, investono (a volte sono costretti) in asset a basso rischio, tipo obbligazioni governative. In questo periodo, in Europa questi asset hanno visto il loro rendimento collassare in territorio negativo (in Giappone sono così già da un po’). Ed è proprio qui che nasce il problema. La presenza di asset con yield negativo creauna discrepanza tra contributi ed indennità. Il gestore non riuscirà più tramite i propri asset a creare un frendimento sufficiente a sostenere le obbligazioni future per i pensionati. A questo punto il gestore ha le seguenti opzioni:

1. Richiedere maggiori contributi al datore di lavoro (o allo Stato, in caso di fondi pubblici). E qui subentrano i Millennials, che tramite tasse saranno costretti a pagare il conto;

2. Nel caso la prima opzione non funzioni per bilanciare, può ridurre le obbligazioni. Specificamente, può ridurre l’assegno del pensionato.

3. Investire in asset più rischiosi, che in cambio del rischio maggiore gli offrono un rendimento maggiore. Questo sta già succedendo. Infatti un fondo pensione dei paesi nordici ha già cominciato a ridurre la propria liquidità (nel bilancio, sotto asset cash) e a reimpiegarla in alternative asset che includono immobiliare e private debt (mercato privato, molto meno liquido).

Questa rincorsa dei fondi pensione affamati di yield, secondo alcuni è la causa del picco dell’indice di borsa S&P500 a Wall Street, vediamo perché.

Che c’entrano i credit funds?

“Oggi i mercati del credito dominano il mercato finanziario”.
Bryan Reynolds

Negli States i fondi pensione in generale mantengono il 4% degli asset in cash o in asset molto liquidi. I motivi sono vari, uno è puramente di risk management, l’altro è per avere la possibilità di entrare nel mercato se ci sono delle correzioni. Nell’ultimo periodo i problemi di bilancio hanno spinto molti fondi a ridurre la loro posizione in cash a circa l’1%. Negli States i fondi pensione hanno generalmente bisogno di un ritorno annuale del 7% per poter sostenere le loro obbligazioni. Questi ritorni, come abbiamo già detto, non esistono più nelle obbligazioni governative, quindi i fondi sono costretti ad incrementare il loro rischio investendo in obbligazioni junk o quasi (junk: titoli spazzatura dal rendimento elevato ma che hanno un alto rischio per l’investitore).

Il metodo è quello di usare la finanza strutturata tramite credit funds. I credit funds a loro volta usano leva per produrre l’hurdle rate richiesto (tasso minimo di rendimento, il 7% in questo caso). Che vuole dire 1 dollaro dai fondi pensione diventa 6 (in pratica 5 sono di leva). Queste nuove obbligazioni finiscono sui bilanci delle aziende americane, che usano tutta questa iniezione di extra cash per buy backs. Cosa sono i buy back? Per esempio, aziende come Apple hanno la possibilità di emettere e ritirare le proprie azioni. Se emetto azioni, aumentano capitale. I buy back sono il contrario. Apple, come un qualsiasi altro investitore, può comprare le proprie azione nella borsa riducendo il numero delle stesse che sono disponibili nel mercato. Questo processo aiuta ad aumentare il prezzo per azione, vi sono meno azioni in circolazione. Il processo di buy back ha raggiunto livelli elevatissimi nell’ultimo periodo proprio in congiunzione con l’abbassamento del cash che i fondi pensione mantengono in bilancio. Negli ultimi 20 anni la dinamica dei credit cycle è diventata la norma, basta guardare la crisi dei subprime o quella nel settore energetico tra il 2009 e il 2013.

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I paesi occidentali stanno vivendo un periodo di bassa crescita di natalità che di conseguenza porterà a una bassa crescita economica. Per controbattere un’inevitabile ed imminente recessione, le banche centrali si sono imbattute in iniezione di debito senza precedente. La crescita del debito è arrivata al punto da essere diventata controproducente per l’economia.

Nel frattempo i tassi negativi delle obbligazioni stanno danneggiando i bilanci dei fondi pensione che faticano a finanziare le proprie obbligazioni e sono costretti ad utilizzare la finanza strutturata, riducendo le loro posizioni in liquidità. I credit funds a loro volta per poter ottenere gli hurdle rates richiesti dai fondi pensione usano leva per comprare obbligazioni ad alto rischio. Questo sistema sta spingendo lo S&P500 sempre più in alto e sta tenendo a galla aziende zombie che senza tutta questa leva non sopravvivrebbero.

Ad oggi i credit funds sono diventati un protagonista dei mercati finanziari creando oscillazioni molto severe per il mercato azionario, sia a rialzo che a ribasso. Per vari motivi molti fondi pensione non si sono mai ripresi dalla crisi del 2008. Un’altra crisi porterebbe problemi seri di liquidità. A farne le spese saranno i pensionati che si vedranno diminuire i propri benefici, a meno che i Millennials non provvedano a risolvere la situazione con maggiori contribuzioni. Vista la situazione abbastanza precaria dei Millennials la soluzione più plausibile sembra una sola “the pension bail out”, l’intervento dello Stato per salvare i fondi pensione.

Twitter @Theimmigrant84