La lotta al contante come don Chisciotte contro i mulini a vento

scritto da il 04 Ottobre 2019

L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –

In uno dei più noti episodi della letteratura del Cervantes, il celebre Don Chisciotte intraprende la propria lotta “contro i mulini a vento”, scambiando due mulini per dei giganti che stanno per compiere azioni malvagie nei riguardi della sua amata Dulcinea. Per questo, l’eroe li sfida a duello e li accusa di vigliaccheria quando non rispondono alle sue provocazioni. Questa espressione viene spesso usata per indicare appunto una lotta inutile contro qualcuno o qualcosa che nella realtà non esiste affatto, un’illusione a cui crediamo ma che non corrisponde del tuto al vero aspetto della realtà.

Il parallelismo serve al sottoscritto per introdurre l’argomento: la lotta feroce al contante come contrasto all’evasione.

Innanzitutto, vi siete mai chiesti perché in ogni manovra economica disegnata dai vari Governi, ridondi sempre e comunque l’argomento della “lotta all’evasione fiscale”? La risposta è molto più semplice di quel che può sembrare. Fermo restando che l’evasione fiscale sia un problema serio e concreto, il motivo per cui la si inserisce nei documenti di programmazione economica è che si tratta di un valore da mettere a bilancio che consente di trovare la quadratura dei conti, pur in assenza di un riscontro certo circa l’esito effettivo delle misure intraprese.

In parole più semplici e volendo fare un esempio, il Governo inserisce in bilancio una somma, “+7,5 miliardi di Euro dalla lotta all’evasione”, come recupero che ci si attende da un provvedimenti di contrasto all’evasione stessa (tipo la fatturazione elettronica, per intenderci). Quindi, nel documento di programmazione, quella somma “stimata” vale come un plus, che consente di far quadrare i numeri (ovvero di garantire equilibrio tra entrate ed uscite previste dalle varie misure). Tuttavia, la somma viene appostata in linea “teorica”, ma non si sa con certezza se la misura proposta porterà effettivamente quei risultati attesi ed appostati in bilancio. Ad esempio, potrebbe essere che di quei 7,5 miliardi che ci si attendeva di recuperare con un provvedimento di lotta all’evasione, a fine anno se ne siano incassati effettivamente soltanto 3 (o anche meno, perché no?). Ma intanto, l’argomento della “lotta all’evasione” ha consentito al Governo di chiudere la manovra, col beneplacito dei controllori europei.

schermata-2019-10-04-alle-14-29-55

È questo, grossomodo, il meccanismo. Il commento del sottoscritto è che se tutte le somme appostate in linea teorica nei vari bilanci come recuperi da “lotta all’evasione fiscale” si fossero effettivamente concretizzate ed avessero portato anche solo la metà dell’introito preventivato, a quest’ora le Casse dello Stato sarebbero esplose per la troppa ricchezza!

Fatta questa premessa, è d’obbligo dedicare qualche ragionamento alle misure che si apprestano a prendere vita nella prossima manovra del governo giallorosso, che hanno come mantra l’eliminazione del contante, in favore della moneta elettronica. L’obiettivo finale è contrastare i pagamenti in nero e di conseguenza l’evasione fiscale. Il Governo, infatti, ha un bisogno urgente di risorse economiche per far fronte alle spese del prossimo bilancio.

Secondo il Governo esiste uno stretto legame tra la circolazione di denaro contante e l’elevata evasione fiscale. In Italia l’utilizzo di bancomat e carte di credito è ancora limitato e nonostante l’obbligo per gli esercenti di accettare i pagamenti elettronici sono ancora in molti a rifiutarli o a non aver installato i Pos nei loro negozi, anche per la mancanza di sanzioni effettive.

Per incrementare l’uso della moneta elettronica tra i consumatori, l’esecutivo sta pensando all’introduzione di una serie di incentivi, tra cui un rimborso del 2% delle transazioni effettuate con carte elettroniche, con il sistema del cashback. L’altra proposta è quella di condizionare in parte le detrazioni Irpef al pagamento di beni e servizi attraverso sistemi tracciabili. Soluzioni, tuttavia, che rischiano di essere molto costose per le casse dello Stato, al cospetto di un ritorno atteso dalla lotta all’evasione che soffre dell’incertezza di cui abbiamo parlato prima.

Ad ogni modo, fino a che si parla di “incentivare” la moneta elettronica, ad esempio eliminando le commissioni per i pagamenti con Pos, ben venga.

Sia chiaro, non è nelle intenzioni del sottoscritto criticare l’incentivazione della moneta elettronica, la strada futura è certamente in quella direzione, ma è un concetto ben diverso dal “demonizzare” il contante e fargli una lotta spietata.

Quel che, infatti, desta immensa preoccupazione, sono le misure “repressive” sull’utilizzo della carta moneta (del contante), come il progetto di tassare i prelievi bancari e cioè tassare il nostro denaro che è già al netto di tante e diverse tasse. Si dice che questo serve come strumento antievasione. Non è assolutamente vero. L’evasione la si fa e la si deve combattere in altro modo. Questa ignobile misura è un azzardato tentativo di controllo e di condizionamento per i cittadini. Non ci si dimentichi quello che è accaduto in Grecia o, peggio, in paesi come India e Venezuela, dove le limitazioni al contante hanno portato alla creazione e all’alimentazione di mercati neri ed allo sviluppo di economie alternative. Cosa che è sempre più attuale, considerando anche l’imminente ed incalzante sviluppo delle criptovalute, con le quali si può già effettuare pagamenti di ogni genere.

L’altro lato della medaglia, quindi, è che la presunta lotta all’evasione finisca per alimentare la nascita di un’economia parallela, con conseguenze inimmaginabili.

Del resto, non si può ignorare, quantomeno, che il nostro Paese si regge in gran parte sulle movimentazioni di denaro contante, per cui il passaggio verso la moneta elettronica deve essere non soltanto graduale, ma anche concepito in modo tale di consentire ai contribuenti di immettere nel circuito elettronico la gran parte della ricchezza detenuta in contanti, senza subire il terrorismo psicologico di chissà quale controllo o prelievo. In altre parole, bisogna fare i conti con le abitudini di un popolo molto avvezzo all’utilizzo del denaro contante, detenuto anche a scopo di risparmio. Si pensi, ad esempio, al pensionato che ogni mese aspetta l’accredito della pensione per andare a ritirare il contante, sia per utilizzarlo, sia per metterne da parte le eccedenze (il c.d. accumulo sotto il mattone).

In questo senso, una stretta all’utilizzo del contante deve essere accompagnata da una misura di regolarizzazione dello stesso, con possibilità di inserimento nel sistema bancario senza troppi timori, magari pagando una tassa forfettaria. Altrimenti, ogni misura porterebbe soltanto effetti restrittivi e di compressione dei consumi e degli investimenti.

Non facciamo come Don Chisciotte, quindi, intraprendendo un’inutile e dispendiosa lotta contro i mulini a vento. E, tornando ancora al Don Chisciotte e al suo messaggio, lo scopo del Cervantes era quello sottolineare l’inadeguatezza della nobiltà dell’epoca a fronteggiare i nuovi tempi che correvano in Spagna, un periodo storico caratterizzato dal materialismo e dal tramonto degli ideali. Anche in questo caso, il parallelismo coi tempi di oggi sembra tenere botta.