Export dal Mise alla Farnesina, che confusione ministro Di Maio

scritto da il 17 Ottobre 2019

L’autrice di questo post è Maria Elena Viggiano. Giornalista, segue progetti di internazionalizzazione per le Pmi e di innovazione –

Dopo il passaggio di Luigi Di Maio dal Mise alla Farnesina, a decorrere dal 1° gennaio 2020 è previsto anche il trasferimento di tutte le competenze sull’ export: dalla gestione del commercio internazionale alla promozione del Made in Italy, dalla supervisione sugli accordi commerciali all’amministrazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie. Il Decreto legge del 21 settembre parla di “disposizioni urgenti per il trasferimento e per la riorganizzazione dei Ministeri per i beni e le attività culturali, delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, dello sviluppo economico, degli affari esteri e della cooperazione internazionale”. Ed è proprio l’urgenza di tale disposizione che ha fatto sorgere alcune perplessità da parte dei soggetti coinvolti. Nonostante sia un provvedimento importante per la crescita economica del Paese, il passaggio è avvenuto in modo molto veloce e confusionario.

L’export rappresenta un asset strategico della nostra economia, tuttavia riescono ad accedere ai mercati internazionali le grandi aziende strutturate pronte ad interfacciarsi con le difficoltà e le problematiche che l’internazionalizzazione comporta o le aziende di nicchia che producono prodotti di eccellenza. Per le Pmi invece è ancora una opportunità che non riescono a sfruttare completamente nonostante le grandi potenzialità. Per questo motivo il commercio internazionale rappresenta per il Governo un dossier particolarmente delicato dove le sfide sono ancora molteplici ed è ancora lunga la strada da percorrere.

Lo spostamento di competenze viene dunque avvertito come un pericolo da una parte del mondo industriale e dalle associazioni, preoccupati che il passaggio tra i due Ministeri possa rallentare le attività e lo sviluppo dei progetti già avviati e volti a supportare il processo di crescita e di internazionalizzazione delle aziende italiane, oltre a non avere più un interlocutore di riferimento con cui instaurare un dialogo costruttivo e continuo. Il processo sembra ormai irreversibile e non ci si vuole esporre rimanendo in attesa dei prossimi sviluppi e di comprendere la direzione che sarà intrapresa. I sindacati invece mostrano preoccupazione per il ricollocamento del personale dei Ministeri.

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“Non si comprende la ratio di questo passaggio, sembra una cosa fatta frettolosamente, una scelta voluta dal Ministro che cambiando la poltrona si è voluto portare dietro alcune competenze poiché dal punto di vista amministrativo non risponde a nessuna logica” – dice Florindo Oliverio, segretario nazionale della Funzione Pubblica CGIL. Dello stesso avviso Angelo Marinelli, segretario nazionale della CISL Funzione Pubblica: “Sarebbe stato auspicabile che il processo avesse visto la condivisione ed il coinvolgimento prioritario dei sindacati e delle organizzazioni in modo da mettere in sicurezza i lavoratori. È stato un fulmine a ciel sereno a seguito del nuovo governo, la politica deve farsi carico anche delle conseguenze delle sue scelte per poter innescare un processo virtuoso mentre così siamo a rincorrere una interlocuzione”.

Voce comune dunque sull’inopportunità del trasferimento del personale, oltretutto senza stabilire in maniera prioritaria le condizioni per lo spostamento delle competenze e garantire la tutela delle professionalità con il rischio di disperdere un patrimonio di esperienze. In un primo momento si parlava di 141 posizioni per il personale non dirigente e 10 per il personale dirigenziale, poi diventate rispettivamente 100 e 7. Considerata poi la volontarietà del trasferimento, allo stato attuale solo 40 persone si sono dichiarate disponibili, situazione che non attenua lo stato di confusione tra i due Ministeri.

Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Affari Esteri, commenta: “Quando una decisione politica è presa, conviene non lasciarla in sospeso e cercare di velocizzare il passaggio. Non c’è niente da temere, la motivazione della mia nomina deriva proprio dalla mia lunga esperienza in ambito di commercio internazionale e dal lavoro svolto partecipando a tavoli di lavoro con diversi interlocutori come Confindustria, CNA, Confartigianato e Confesercenti. Questo dovrebbe garantire una continuità, senza causare particolari traumi o interruzioni dei processi che non possiamo certamente permetterci in un settore strategico della nostra economia”.

In realtà non è ancora arrivata l’attribuzione ufficiale delle deleghe che doveva già avvenire nei giorni scorsi. Con la nascita di Italia Viva, sono cambiati gli equilibri all’interno del Governo e il pentastellato Manlio Di Stefano potrebbe essere in pole position per la nomina. Questo ritardo non ha solo un valore formale ma crea un problema sostanziale poiché, nel frattempo, le aziende italiane non hanno un interlocutore di riferimento in materia di export e non si sa se i progetti di internazionalizzazione promossi dal Mise siano ancora validi. Una situazione che conferma le perplessità del mondo imprenditoriale alla notizia di questo passaggio di competenze, sicuri che avrebbe portato a mesi di stallo in un ambito che invece ha bisogno di correre alla stessa velocità del resto del mondo.

Twitter @mariaelenaviggi