Calabria al voto, con Ndrangheta e sottosviluppo a dettare legge

scritto da il 31 Dicembre 2019

Il prossimo 26 gennaio anche in Calabria (lo sapevate?), così come in Emilia-Romagna, si svolgeranno le elezioni regionali.

Eppure, il destino di questa regione sembra essere sempre più legato, inesorabilmente, alle vicende giudiziarie riguardanti la ‘Ndrangheta. (nonché ai rapporti di quest’ultima con politici, imprenditori e professionisti)

L’operazione Rinascita-Scott fa emergere, ancora una volta, un quadro inquietante. Naturalmente occorre essere cauti, rispettando tutti i diritti di difesa delle persone coinvolte. Ma appare comunque lecito effettuare delle riflessioni politiche ed economiche.

Secondo il rapporto della Banca d’Italia sulle economie regionali, la Calabria ha il peggior tasso di occupazione dopo la Sicilia e il peggior tasso di disoccupazione.

Il rapporto Chek-up Mezzogiorno (primo semestre 2019), curato da SRM invece, ci dice che in Calabria non vi sono aziende che impiegano più di 250 dipendenti. In compenso, però, vi sono almeno 4389 affiliati alla ‘Ndrangheta, allocati in 160 cosche.[1]

Prendiamo ad esempio l’area della provincia di Vibo Valentia, la più colpita dall’operazione giudiziaria. Ecco la mappatura delle cosche presenti sul territorio, secondo l’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia.

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Diciannove cosche, su un territorio dove risiedono meno di duecentomila persone.

Le immagini servono a fissare nella nostra mente alcuni elementi che si rivelano utili per ragionare su tutto il resto. Perché il circolo vizioso ‘Ndrangheta-sottosviluppo-emigrazione è estremamente collegato e intrecciato. (seppur non sia facile accertare i nessi di causalità che lo contraddistinguono)

Per quanto riguarda gli aspetti legati al sottosviluppo, la provincia vibonese si è posizionata al 104° posto (su 107) nella classifica, a cura de Il Sole 24 Ore, sulla qualità della vita nelle province italiane.

Una mappa interattiva di ANPAL Servizi ci permette di vedere invece le tipologie di assunzioni effettuate nella medesima provincia nel 2018.

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Su trentamila assunzioni, circa un terzo hanno riguardato “Professioni non qualificate nell’agricoltura, nella manutenzione del verde, nell’allevamento, nella silvicoltura e nella pesca”.

Quasi i due terzi sono occupazioni low skill. Naturalmente un tale mercato del lavoro incentiva l’emigrazione. (il terzo elemento del circolo vizioso)

La seconda categoria per numero di assunzioni è quella relativa alle “Professioni qualificate nelle attività ricettive e della ristorazione”. Si tratta, infatti, di una zona contraddistinta da bellezze naturali mozzafiato, che attira significative presenze turistiche. Il turismo, però, rappresenta altresì una delle attività economiche più presidiate dalle cosche, come ben descritto da Raffaella Calandra su Il Sole 24 Ore. (e si torna al primo elemento del circolo vizioso)

Premesso quanto sopra, che vale grossomodo per tutte le province calabresi, sarebbe utopistico pensare che il prossimo presidente della giunta regionale possa fare miracoli. Se il circolo vizioso di cui sopra è strettamente interconnesso, la dissoluzione dello stesso richiede invece un approccio multi-livello.

Il primo punto dell’approccio multi-livello riguarda la consapevolezza. Con l’attuale presidio di controllo del territorio operato dalla criminalità organizzata, è particolarmente difficile far funzionare un’economia di mercato. Se non impossibile. Risulta troppo forte la distorsione inefficiente della libera concorrenza.

Da qui derivano due conseguenze. La prima è che occorre proseguire nella lotta alla piaga, con un mix di azione repressiva (forze dell’ordine e magistratura) e preventiva (istruzione, cultura).

La seconda conseguenza riguarda le policy pubbliche. Che sia finanziata a livello europeo, italiano o locale, qualsiasi spesa o investimento pubblico deve tenere conto del fenomeno. Miliardi di euro possono vanificarsi nel nulla se finiscono nelle mani sbagliate. (Consiglio la lettura a tal proposito di un recente Working Paper della Banca d’Italia sugli effetti dei fondi europei sulla produttività totale dei fattori)

Il secondo punto è maggiormente legato alla società civile ed al tipo di domanda politica che riesce a generare. Riguarda la tendenza ad affidarsi all’assistenza di un terzo, che sia quella dello Stato o del politico locale o, nei casi più patologici, a quella della criminalità. Uscire da questa richiesta perenne di Comfort Zone potrebbe fare molto più di decine di programmi di Governo. Purtroppo, però, spesso chi decide di uscire dalla Comfort Zone finisce per emigrare, per le ragioni che ho espresso qualche mese fa in questo pezzo.

In tutto questo, quale potrebbe essere il compito di chi guiderà la regione per i prossimi cinque anni?

Innanzitutto, si dovrebbero non solo evitare infiltrazioni mafiose, ma aumentare la cultura della denuncia delle irregolarità. Anche di poco conto. A tal uopo non conta solo la questione delle candidature, ma soprattutto quella delle successive nomine, dirigenziali e non. Il gap di credibilità da recuperare è enorme.

In secondo luogo, occorrerebbe uno studio più accurato sulle esperienze passate per capire come sfruttare i fondi europei e nazionali. Questi spesso finiscono per finanziare, infatti, decine di micro-iniziative fini a sé stesse.

Infine, considerato che la nuova giunta potrebbe essere chiamata a raccogliere la sfida dell’autonomia differenziata, i candidati farebbero bene a prepararsi ad essa e ad una maggiore competizione tra enti, in merito alla quale la Calabria sembra molto in ritardo. Anche solo a livello di dibattito, che continua ad essere unicamente imperniato su risorse aggiuntive da chiedere.

Twitter @frabruno88

[1] Gratteri N., Nicaso A., “Storia segreta della ‘Ndrangheta”, Mondadori 2018, p. 209