Con Brexit, Singapore sul Tamigi: Londra sarà un mega paradiso fiscale?

scritto da il 02 Febbraio 2020

31 gennaio, il Regno Unito esce dall’Unione Europea. È possibile che Londra diventi uno dei più grandi paradisi fiscali del mondo occidentale? Sì. Mettiamoci comodi su un bel divano Chesterfield con una buona tazza di The Earl Grey, un paio di biscotti Walkers e approfondiamo il tema. Ho voluto dialogare con due cittadini del Regno Unito che cercano di combattere il “money laundering (riciclaggio di denaro)”. Bene ricordare che il denaro riciclato è, spesso, frutto di ulteriori attività criminali quali l’evasione fiscale, il traffico di droga, il finanziamento del terrorismo, schiavismo etc..

Margaret Hodge è un politico del partito laburista. Da anni combatte una battaglia contro i paradisi fiscali. Tra i suoi successi recenti la nuova legislazione inglese nei dei paradisi fiscali britannici.

John Christensen è stato per 10 anni senior advisor del ministero dell’economia del Jersey (come dire lui li ci ha proprio vissuto). In seguito ha abbandonato il Jersey e ha fondato il think tank Tax justice. Uno dei migliori strumenti per identificare i paradisi fiscali.

Londra oggi

La prima descrizione di come sia Londra oggi ci viene dal famoso documentario chiamato “The spider’s Web (tradotto letteralmente la rete del ragno)”. Un’analisi su come Londra ha creato una rete di relazioni finanziarie, con molte delle sue ex colonie (per lo più isole), per operare con clienti finanziari di ogni tipo. Sul tema ha le idee chiare John Christensen. “Londra è già uno dei più grandi paradisi fiscali del mondo. Devi capire che quando parliamo di Londra non ci si deve limitare a considerare la singola città. È una zona geografica estesa, come un arcipelago, politicamente e finanziariamente legata alle Crown Dependencies (Dipendenze della corona per esempio isola di Jersey, Guernsey, Isole di man etc..) e le off-shore BVI (isole vergini britanniche). Tutte queste entità, pur se geograficamente distanti, operano all’unisono come una singola entità. Dopo la Brexit c’è il rischio plausibile che tutte le normative sui servizi finanziari vengano meno o siano seriamente modificate. Noi (Tax justice, Nda) siamo preoccupati. Attorno alla nostra organizzazione, negli anni, si sono allineati stati, come la Ue, e politici nazionali, della attuale opposizione, che sono in allarme per lo scenario post Brexit”

Quando parliamo di politici dell’opposizione Dame Margaret Hodge ha le idee chiare sul futuro di una Londra dopo la Brexit. “Una volta lasciata la UE il nuovo governo Tory dovrà rendere operative forti soluzioni di anti money laundering e rendere più stretti i controlli finanziari. Londra è già oggi la località scelta da tutti i Cleptocrati (politici stranieri corrotti che rubano soldi al proprio stato, Nda) e furfanti. Non possiamo permettere che la nostra reputazione sui crimini finanziari crolli, ulteriormente, facendo diventare Londra una sorta di Singapore sul Tamigi: un gigantesco paradiso fiscale.”

Money laundering e immobili

Cerchiamo di spiegare cosa significa money laundering parlando del settore immobiliare di Londra. Esiste un numero spropositato d’immobili, specialmente nel centro città, posseduti da trust (fiduciarie) che hanno sede nei paradisi fiscali. Un complesso gioco di scatole cinesi che, molto spesso, ha il suo fulcro di origine e coordinamento nell’isola di Jersey, 20 km al largo della costa francese. Il percorso di pulizia del denaro sporco avviene in modo piuttosto semplice. È la stessa National Crime Agency inglese (d’ora in poi NCA) a descrivere il “giro del fumo”.

Lo scenario più semplice è il seguente.

Un criminale arriva a Londra.

Prende contatto con il gestore di un Trust (fiduciaria) che opera anche a Londra ma ha sede nel Jersey (o altre dipendenze della corona).

Il passo successivo è la creazione di un veicolo finanziario inserito in un trust che avrà, come proprietario ufficiale (diciamo noi una testa di legno o prestanome) un individuo insospettabile e, potenzialmente, già “ben voluto” nel mondo finanziario inglese.

Essendo il Trust a nome di una persona terza i soldi depositati al suo interno, magari frutto di atti illeciti (evasione fiscale, truffe, rapine, terrorismo etc..), saranno al sicuro.

La formula del Trust, il cui maggior centro nell’area è il Jersey, è anonima. In pratica tu criminale metti i soldi nel trust, poi il trust ha un suo gestore. Con questi soldi cosi nascosti si possono fare operazioni legali in varie parti del mondo ma, per rimanere nell’esempio londinese, l’acquisto di Immobili.

Una recente indagine, promossa dal sindaco di Londra in merito agli immobili posseduti da stranieri nella città, ha generato grande interesse. Molti immobili di lusso (diciamo dal milione di sterline in su) sono di proprietà di cittadini stranieri.

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Di per sé non è un dato allarmante. Il dato diventa preoccupante quando la proprietà dell’immobile non è riconducibile ad un singolo cittadino straniero ma ad un anonima compagnia di comodo, o peggio ancora ad una trust registrato in un paradiso fiscale. È importante considerare che, come riporta il sito di Transparency international, tra gli immobili posseduti da persone o società straniere, numerose sono sotto investigazione a partire dal 2004. Delle proprietà investigate oltre il 75% sono protette dal segreto bancario eretto dai paradisi fiscali. Il sito Private Eye dettaglia ancora meglio lo scenario: qui di seguito una mappa delle proprietà comprate da entità straniere in tutto il Regno Unito.

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Come vedete la maggioranza si trova nell’area di Londra centro.

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Fonte: https://www.private-eye.co.uk/registry

Nel decennio 2004-2015 tra le proprietà della mappa qui sopra 22.155 sono state comprate da compagnie registrate nelle isole Vergini britanniche (BVI), 20590 nel Jersey (dipendenza della corona), 12061 da compagnie registrate nelle isole di Man (dipendenza della corona), 11536 in Guernsey (Dipendenza della corona), 2782 nelle Mauritius, 2657 in Gibilterra, 1963 a Panama e 1245 nelle isole Cayman. Le dipendenze della corona, di cui il Jersey guida la cordata, hanno circa 44000 proprietà. Lo scenario è disarmante ma viene da chiedersi che danno possa cagionare a Londra.

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Fonte Transparency International

Lo schema qui sopra aiuta a comprendere con maggior chiarezza. Un analisi in merito al danno causato da questo riciclaggio di denaro veniva già data dal Guardian nel 2015. L’analisi spiegava come la domanda d’immobili di lusso e/o in zone di lusso ha spinto il mercato immobiliare ma, d’altro canto, ha esiliato la classe media londinese fuori dalla città. Ovviamente ci sono soluzioni per contrastare il riciclaggio di denaro sporco e le relative attività. In questo senso l’attività della deputata Dame Hodge è un chiaro esempio di guerra al crimine finanziario organizzato.

“Per provare la sua credibilità in merito ai temi dei crimini finanziari e la trasparenza, il governo deve continuare il suo percorso cominciato con il Sanctions and Anti-Money Laundering Act del 2018 (legge sull’anti riciclaggio e relative sanzioni, Nda). Il governo dovrà continuare il suo percorso legislativo che obbliga gli Overseas Territories (territori britanninci oltre oceano Nda) a creare un registro delle proprietà entro il 2023. Il governo dovrà inoltre assicurarsi che lo stesso registro venga creato dalle Crown Dependencies (dipendenze della Corona) come promesso dai loro governi l’anno scorso.” Conclude Dame Hodge.

Jersey e Londra

Le relazioni tra Londra e il Jersey sono quanto mai curiose (per essere gentili). Mi spiega John Christensen “le relazioni tra Jersey e Londra sono sempre state molto positive. Londra sta cercando di posizionarsi come maggior autorità in ambito finanziario per attrarre capitali dal Medio Oriente e Africa. Jersey è sempre stato l’esca per attrarre potenziali clienti (la continua presenza di delegazioni del Jersey in Africa e Medio-Oriente è confermata dallo stesso organo di promozione il Jersey finance Nda). Se osservate il nostro indice, alla voce secrecy score (segretezza finanziaria Nda) noterete come Londra sia sotto il 50.”

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Fonte: https://www.financialsecrecyindex.com

Continua Christensen “per intenderci qualunque nazione sopra i 50 punti è una nazione che ha dei problemi di trasparenza bancaria e/o finanziaria. Il trucco di Londra per essere sotto i 50 consiste nell’usare Jersey come strumento avanzato per ingaggiare potenziali clienti complessi o finanziariamente discutibili. Cosi Londra può mostrare un volto sorridente e pulito al mondo. Come possa cambiare Londra dopo la Brexit è ancora tutto da comprendere. Val la pena ricordare che tra i più grandi fautori della Brexit c’è Nigel Farage e, tra i suoi contatti vi sono personaggi molto peculiari. E vi sono molti tra i supporter finanziari di Farage che sposano l’idea di una Singapore sul Tamigi. La UE sta guidando il mondo verso una soluzione di grande trasparenza ed è comprensibile il timore di chi supporta una visione di Londra come Singapore per le scelte della UE”.

Unione Europea, anti-riciclaggio e Londra

I riferimenti per una migliorata attività di screening finanziario, da parte delle banche e enti finanziari che hanno sede in Europa, sono quelli della 4° e 5° direttiva. I passaggi più interessanti sono quelli che spingono per lo scrutinio dei Trust (fiduciarie) e altre entità legali. Di fatto le due direttive europee, che si applicano anche agli stati e i cittadini degli stati che vogliono relazionarsi con la UE, sono un gravissimo rischio per nazioni come il Jersey e il Regno Unito che hanno una tipologia di gestione finanziaria “peculiare (per essere delicati)”.

La stessa deputata Dame Hodge, insieme a un gruppo di colleghi, ha tentato, alcuni mesi fa, di far passare una legge che imponeva alle crown dependencies (Jersey, Guernsey) di rendere trasparente il registro dei loro Trust (fiduciarie). Non si son fatti attendere attacchi mediatici da parte del giornalino del Jersey (il Jersey Evening Post, storicamente il giornale del governo) contro la deputata. In più le autorità del Jersey si son catapultate nel parlamento inglese, per bloccare a tutti i costi la legge, facendo una pesante attività di lobby (non è chiaro che leve abbiano usato i jerseriani con i politici londinesi).

Sul tema UE & Jersey ci torna sopra anche Christensens che mi spiega che “la UE sta facendo molto per combattere il riciclaggio. Ha un registro pubblico e sta spingendo per una full disclosure (visibilità totale, Nda) su tutti i trust, inclusi quelli che operano in nazioni come il Jersey. Questo pone una minaccia esistenziale alla piccola isola. Il Jersey è un paradiso fiscale specializzato nei trust e nella loro relativa segretezza. Shell company (scatole cinesi Nda) e trust sono il pane e burro del Jersey. Uno dei metodi classici del Jersey vede, per esempio, una multinazionale che compra una proprietà o una piccola azienda, se possibile, e di li si attiva con soluzioni fiscali di grande vantaggio. Per questo motivo il Jersey sarà sempre più, post Brexit, una entità vitale per la crescita finanziaria di Londra.”

Jersey paradiso dei Trust

Dopo tutte queste menzioni due parole per il Jersey si devono spendere. Apre le danze Christensen: “Il Jersey si presenta al mondo come un’isola e una comunità finanziaria rispettabile. È un teatrino. La percezione della gente comune, è che, tutto sommato, quelli del Jersey sono pur sempre inglesi. Sono un protettorato della corona. Insomma gente a posto. La verità è semplice: il Jersey è una nazione che basa la sua esistenza sul riciclaggio di denaro da fonti illecite o criminali”.

È bene ricordare che non tutti i cittadini del Jersey sono implicati nelle attività finanziarie o lavorano per lo stato: il 50% circa svolge altri lavori. L’attività di paradiso fiscale del Jersey le trovate a questo link. Se volete approfondire ulteriormente il libro Treasure Island (l’isola del tesoro) di Nick Shaxson merita una lettura. Fare money laundering tra Londra e Jersey è piuttosto semplice. Lo spiega prima di tutto la National Crime Agency (NCA) del Regno Unito, già nel 2014. Nel documento si legge che “le tecniche di riciclaggio di soldi includono trasferimenti e investimenti offshore, per camuffare il vero possesso di fondi e proprietà criminali. Molti di questi utilizzano professionisti esperti di bussines che possono registrare shell companies (scatole cinesi, in pratica aziende solo di nome, Nda) e trust (fiduciarie) in numerose aree offshore. Professionisti in ambito finanziario e legale complici e/o negligenti (che di fatto violano le leggi sull’anti-riciclaggio, Nda) possono facilitare il lavoro dei criminali. Vi sono criminali esperti, nei territori off-shore, che gestiscono molteplici aziende criminali che operano nel riciclaggio di denaro e altri crimini finanziari.”

Se parliamo di cifre è la stessa NCA nel 2019 che ci torna su parlando di cifre da capogiro (riferite al Regno Unito) superiori ai 100 miliardi di sterline. La teoria vorrebbe che il Jersey fosse il primo paladino nel bloccare e investigare persone sospette. Assolutamente no. Un caso da manuale, che ricopia perfettamente la narrativa poco sopra descritta dal National Crime Agency britannica,  rende bene l’idea. Un politico medio orientale arriva a Londra nel 2014, contatta Philip Bisson, Ceo di Philean Trust. Il gruppo è listato nei Panama Papers. Bisson,  tesoriere della Jersey Trust Association (JATCO, l’associazione professionale dei Trust), prende il politico tra i suoi clienti. In seguito apre, a nome del politico, un conto presso la Nedbank di Jersey, (la cui sede per l’Europa è a Londra). Nedbank già di suo ha un curriculum niente male. Multata nel 2014 dalla banca centrale Sud Africana per mancanza di due diligence (analisi obbligatoria per prevenire il crimini finanziari), salta fuori numerose volte: dalla violazione sulle leggi per anti-terrorismo in Mozambico, money laundering, non da ultimo il suo nome appare sui media in merito allo scandalo Gupta-Baroda che ha fatto crollare l’ultimo governo sudafricano.

Le cifre menzionate nelle mail tra Philean Trust, Nedbank e il politico medio-orientale sono da capogiro: 380 miliardi di dollari. Cifre che dovrebbero far urlare chiunque si occupi di anti riciclaggio. Ma Philean Trust e Nedbank tirano dritto. Solo dopo alcuni anni il caso riemerge, le autorità del Jersey, polizia e Jersey Financial Service Commission (l’equivalente della banca centrale italiana) dopo un iniziale interesse lasciano cadere le indagini nel vuoto. Il politico medio orientale viene poi arrestato nel suo paese per riciclaggio di denaro. Nel Jersey invece tana libera per tutti. Una nota curiosa: il direttore della Jersey Financial Service Commission, lo stesso organo che non ha sanzionato Nedbank o Philean Trust per aver violato la legge (avere come cliente un criminale è una violazione della legge), si dimette dal suo ruolo e accetta di lavorare per Nedbank Jersey. Un caso ovviamente.

“In Jersey esiste il termine porte girevoli .- mi spiega Christensen che, dopo 10 anni in Jersey ne ha viste di tutti i colori – il sistema nel Jersey è piuttosto rodato. Per mantenere il potere ed evitare che le leggi cambino esiste un continuo flusso di dipendenti pubblici e politici che entrano in aziende private e contrario.”

Resta da comprendere fino a che punto il Jersey, ora che si arriverà alla Brexit, sia disposto a difendere i suoi trust segreti. Potrebbe essere una minaccia per membri dei media, whistleblower (Snowden o altre persone coraggiose) o ex dipendenti (come Christensen)?

“Si” mi conferma senza dubitare Christensen “io stesso sono stato minacciato. Quando ho lasciato l’isola del Jersey ho detto a tutti cosa stava succedendo in quel luogo. Ho collaborato con un indagine del Wall Street Journal. Come prima reazione il Jersey ha assunto una agenzia di pubbliche relazioni con sede a Londra per fare black Pr (pr negative, in pratica diffamazioni e operazioni per danneggiare la credibilità professionale o personale di un individuo o un azienda Nda).” Conclude Christensen.

Il caso di persecuzioni del Jersey nei confronti di membri dei media o ex politici non è un evento isolato. Dal politico del Jersey che voleva far luce sui casi di pedofilia perpetrati nell’isola da vari personaggi della “jersey bene” alla giornalista che indagava sullo stesso evento, prima cacciata e poi fermata dalle autorità inglesi su ordine del Jersey.

Con la Brexit per il Jersey si apre un, potenziale, nuovo futuro. Portare tanti soldi freschi alla madre patria (Londra) libera dai lacciuoli Ue. C’è da comprendere se la UE vorrà tollerare questa situazione oppure listare, tra i paradisi fiscali, anche Londra (il Jersey fa fuori e dentro da questa lista).

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