Ubi, la mossa furba di Intesa e la convenienza (o meno) di un matrimonio

scritto da il 09 Marzo 2020

L’autrice di questo post è Sveva Manfredi, 20 anni, membro di Orizzonti Politici, un Think Tank nato da giovani studenti dell’Università Bocconi di Milano, e studentessa al secondo anno di Economia e Finanza presso la Bocconi

Il 17 febbraio scorso un fulmine a ciel sereno ha colpito il mercato finanziario italiano. Intesa Sanpaolo, prima banca italiana per capitalizzazione, ha proposto un’Ops (offerta pubblica di scambio) sulla totalità delle azioni di Ubi Banca, quarto istituto di credito a livello nazionale per presenza sul territorio e attività. Quest’operazione, di fatto un’acquisizione, se portata a termine, cambierebbe in maniera prepotente l’assetto dei rapporti interbancari.

Un’offerta pubblica d’acquisto (Opa) è una qualsivoglia offerta, invito o messaggio promozionale al fine di acquistare altri prodotti finanziari. Qualora il corrispettivo consista in altri prodotti finanziari, l’offerta pubblica viene definita “di scambio” (Ops).

L’offerta di Intesa – venerdì scorso è stato depositato il prospetto – prevede che per ogni acquisto di 10 azioni di Ubi il gruppo guidato dall’amministratore delegato Carlo Messina ceda un corrispettivo di 17 azioni. La proposta rappresenta una svolta per il sistema bancario italiano poiché vedrebbe una banca nazionale competere per diventare un vero e proprio colosso europeo, considerando le cifre in ballo: si partiva da 4,9 miliardi di euro (poi ridotti di un quarto, con buona probabilità, per effetto dei corsi di Borsa molto negativi a causa del fenomeno coronavirus.) Una mossa così inaspettata che alcuni hanno persino considerato “sospetta”.

Perché un colosso come Intesa dovrebbe interessarsi ad acquisire un gruppo che opera prevalentemente sul territorio nazionale? Di quali benefici si gioverebbe e quali invece potrebbero essere i punti critici di tale operazione? Parlando di denaro, non possiamo che considerare le due facce della moneta.

Eccessiva positività o tornaconto personale?

TESTA: il vantaggio reciproco

1) Forza
Tale mossa sembrerebbe finalizzata a rafforzare l’immagine del Gruppo Intesa. Appare ben strutturata, politicamente neutra e logicamente bilanciata rispetto all’alternativa di rischiare affiliazioni con realtà minori e meno solide.

2) Sinergia
Da quanto si può dedurre dal comunicato di Intesa, Ubi Banca viene giudicata molto affine a Intesa Sanpaolo per il modello di business e i valori aziendali, senza considerare che molti lavoratori di Ubi hanno avuto un passato nel Gruppo Intesa. In quest’ottica, la manovra punterebbe a unire due realtà già affini e omogenee dal punto di vista della cultura aziendale.

3) Rialzo
L’azionariato di Ubi è composto da tre diversi gruppi di soci, due dei quali la scorsa settimana hanno bocciato la proposta, mentre le agenzie di rating hanno ricevuto positivamente l’offerta pubblica di scambio. Secondo le loro valutazioni infatti, l’entrata di un gruppo più grande potrebbe indurre un rialzo della quotazione di Ubi come conseguenza di un effetto-fiducia.

4) Occupazione e ricambio generazionale
Tra i vantaggi di questa operazione, nel comunicato ufficiale, viene annoverato anche il ricambio generazionale, dal momento che sono previste “assunzioni di 2.500 giovani per supportare la crescita del Gruppo promuovendo il ricambio generazionale e sostenendo l’occupazione, con un rapporto di un’assunzione ogni due uscite volontarie”. Nonostante queste previsioni sembrino rosee, restano molto preoccupate le associazioni sindacali, visto anche l’andamento sempre più incerto dei mercati per via dell’emergenza legata al coronavirus.

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CROCE: e se Intesa stesse solo tirando l’acqua al proprio mulino?

1) Difesa
Nel medio periodo, si potrebbe pensare a questa sfida lanciata da Intesa Sanpaolo come un mero strumento di difesa dai cambiamenti repentini odierni del mercato interbancario. In altre parole, Intesa cercherebbe semplicemente di rispondere ai cambiamenti dell’industria finanziaria, sia a livello nazionale che europeo, che potrebbero portare a cali di competitività e redditività. Un esempio su tutti: il diffondersi di servizi online, come l’home banking, che andranno sempre più a sostituirsi agli sportelli fisici.

2) Stagnazione
La domanda, però, sorge spontanea: perché in Italia, che è un Paese che non cresce? La risposta è di natura puramente contabile e riguarda aspetti di pagamenti dato che Intesa comprerebbe Ubi con azioni proprie e poi rivenderebbe una parte delle filiali e dei servizi assicurativi a Bper, includendo anche tale ente creditizio nell’offerta, ed evitando così un’eccessiva concentrazione di filiali nel nord Italia. Tale modo d’agire, però, potrebbe diventare problematico da un punto di vista costi/ricavi se calato nello scenario di un Paese che presenta un tasso di crescita complessivamente dello 0.2%. Puntare sul territorio nazionale sarebbe addirittura considerata da alcuni una scelta azzardata.

3) Furbizia
A prima vista potrebbe sembrare perfino che Intesa voglia approfittare di una bassa quotazione di Ubi per acquistare attività che al momento sono sottovalutate sui mercati, per poi ottenere da tali attività finanziarie maggiori guadagni in futuro. Ma quali altri motivi hanno spinto Intesa Sanpaolo a considerare il consolidamento bancario, pratica che negli ultimi decenni ha ridotto del 30% i player presenti sul mercato? In primis, si accrescerebbe l’efficienza del mercato, ad esempio si genererebbero banche più grandi che possono aver accesso a tecnologie in grado di realizzare economie di scala. Il nuovo ente che si verrebbe a creare potrebbe differenziarsi nei mercati e ampliare la clientela target. Va inoltre considerato che, alla luce delle dichiarazioni della Bce nell’ultimo trimestre, il Gruppo Intesa potrebbe voler “cautelarsi” dall’erosione dei margini di profitto causata dalla prospettiva di bassi tassi di interesse.

L’autorizzazione a procedere da parte degli azionisti per questa operazione non è scontata e saranno necessarie ulteriori analisi e considerazioni da entrambe le parti. Inoltre, la bufera in borsa causata dall’emergenza Coronavirus ha completamente stravolto le carte in tavola, visto che ha portato i titoli di Ubi a subire un forte calo nella quotazione negli scorsi giorni. Di conseguenza, non solo Intesa potenzialmente pagherà di meno la sua offerta, ma anche la riunione del sindacato degli azionisti di Ubi per la decisione finale è stata rimandata a data da destinarsi.

Ciò che risulta chiaro è che, come conseguenza di un mondo sempre più interconnesso dallo sviluppo di nuove tecnologie, la vita di tutti i giorni, così come i mercati, è diventata molto più dinamica. La mossa di Intesa Sanpaolo nei confronti di Ubi Banca dimostra che bisogna imparare a rispondere agli stimoli e alle sfide odierne, innovarsi e essere resilienti senza, ovviamente, fare mosse azzardate. Ciò non toglie che per Messina, numero uno di Intesa, la strada verso il compimento dell’operazione sia ancora ricca di intoppi e ostilità.

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