Fermare la speculazione, sui mercati e sulla ricerca contro il coronavirus

scritto da il 18 Marzo 2020

Gli autori di questo post sono Emiliano Brancaccio,  professore di Politica economica ed Economia internazionale presso l’Università del Sannio e Ugo Pagano, professore di Politica economica all’Università di Siena – 

La crisi scatenata dall’emergenza del coronavirus impone un balzo in avanti nella coscienza e nell’azione di politica economica.

Un documento pubblicato sul FT ha già sottolineato l’urgenza di un coordinamento internazionale per implementare un immediato piano “anti-virus” in tre punti: immediato controllo di mercati dei capitali, massicci investimenti pubblici a partire dalla sanità e dalla ricerca per il rilancio della domanda effettiva, e interventi per rimediare a possibili “disorganizzazioni” dei mercati e conseguenti strozzature dal lato dell’offerta.

Un aspetto di questo piano ci sembra di particolare urgenza. Occorre denunciare che il free-riding, la speculazione e più in generale il comportamento di soggetti privati mossi dal movente del profitto stanno già determinando gravi rallentamenti nella ricerca contro il virus.

Per questo motivo, c’è bisogno che le autorità pubbliche intervengano per garantire la massima condivisione delle conoscenze scientifiche necessarie per contrastare la pandemia in corso. A tale scopo, sono urgenti a nostro avviso quattro mosse. In primo luogo, è necessaria l’acquisizione pubblica e la messa a disposizione della collettività di tutti i diritti di proprietà intellettuale direttamente o indirettamente inerenti a ricerche associate alla lotta contro il coronavirus. In secondo luogo, occorre istituire un sistema di premi pubblici per i ricercatori che rendano di dominio pubblico le loro conoscenze, anche parziali, nella battaglia contro il virus. In terzo luogo, tutte le restrizioni e i segreti associati alle conoscenze e alle tecniche di lotta contro il virus devono essere fortemente scoraggiati e perseguiti. Infine, un’agenzia pubblica di ricerca deve effettuare acquisizioni di conoscenza privata e produrre così ulteriore ricerca in modo da coordinare maggiormente i ricercatori e condividere tutte le nuove conquiste scientifiche e tecniche. Tutti i paesi dovrebbero destinare una quota minima, proporzionale al prodotto interno lordo, a tale sforzo internazionale di ricerca.

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Più sarà onnicomprensivo il coordinamento internazionale di queste azioni migliori risultati si otterranno. Si può quindi idealmente agire nell’ambito delle istituzioni ONU ed anche attraverso la costituzione di una Research World Organization (RWO) per la regolazione delle transazioni tra paesi. In assenza di un coordinamento globale, si dovrà agire per accordi multilaterali i più ampi possibili con chi sarà disponibile ad agire in comune. In ogni caso, eventuali comportamenti da “free-riders”, da parte di soggetti privati o di singoli paesi, dovranno essere giudicati come atti di “concorrenza sleale” e potranno determinare effetti sul complesso delle transazioni commerciali con essi.

Questa è un’immane sfida collettiva, che investe la sanità, la scienza, la tecnica e l’economia. È anche una lotta contro idee superate e interessi privati precostituiti. Condividere pubblicamente la conoscenza scientifica e tecnica significa vincere la battaglia contro il virus. Chi decide irresponsabilmente di giocare privatamente da free-rider dovrà essere condannato e isolato.