Un grande ritorno in tempi di emergenza sanitaria: l’economia pubblica

scritto da il 22 Marzo 2020

Post di Diego Bolchini, analista, docente di analisi delle informazioni per la sicurezza presso l’Università di Firenze in sinergia con la Presidenza del Consiglio dei Ministri

Al di là degli isterismi di mercato, di veri o presunti difetti comunicativi della BCE in tempi di crisi, occorre forse tornare ai fondamentali: l’intervento pubblico nell’economia reale, attraverso una programmazione economica-finanziaria basata su necessità e contingenze reali.

Ciò che può salvare persone oggi e domani – al di là degli aiuti internazionali di altri Paesi e di elargizioni meritorie – è tra le altre cose, il public procurement di macchinari da terapia intensiva e ventilatori polmonari. Questo è un fatto. Vale dunque ad esempio la CONSIP, braccio del MEF, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per l’acquisto centralizzato di beni e servizi, attraverso procedure di gara veloci verso il mercato. Procedure progettate e aggiudicate in pochi giorni, in circolo virtuoso con aziende e operatori economici di biomedicali.

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Il professor Alessandro Santoro, ordinario di Scienze delle Finanze dell’Università di Milano Bicocca, ci ricorda con una plastica definizione che il concetto di Finanza pubblica esprime “l’insieme degli atti economici dello Stato e degli enti politici minori che si esplicano nell’acquisizione, nell’amministrazione e nell’erogazione di mezzi per perseguire le loro finalità di interesse di ordine generale”. Appare oggi evidente quale è il primario interesse di ordine generale. Salute pubblica, in primazia di tutto. Veniamo alla luce in strutture ospedaliere per la maggior parte pubbliche, e in quegli stessi luoghi veniamo curati e assistiti, come la iconica fotografia dell’infermiera di Cremona ci ricorda in questi giorni.

Verrà solo poi il tempo di ragionare in termini di “Tax policies in times of recession”, citando ancora un lavoro del 2011 del professor Santoro pubblicato per la Rivista di Diritto Finanziario e Scienze delle Finanze, ricercando un futuro nuovo livello di collegamento sinallagmatico tra dazione economica dei cittadini e servizio reso in “controprestazione” a quella dazione.
Esso sarà verosimilmente il frutto (outcome) di un nuovo national political compromise.  Intanto, oggi, andrebbe riconsiderato il ruolo e il valore potenziale degli innumerevoli soggetti giuridici che costituiscono ciò che definiamo con il concetto di Stato.
Il Public procurement rimane oggi, nonostante tutto e ben oltre la crisi attuale da coronavirus, una leva importante per la crescita economica (il mercato degli appalti pubblici rappresenta – secondo alcune – stime oltre il 15 % del PIL europeo). Gli appalti pubblici possono anche essere strumento di innovazione per una economia più competitiva, attraverso una sempre maggiore razionalizzazione della spesa e centralizzazione della committenza, trasparenza e sostegno alle piccole e medie imprese (Pmi) per un più agevole accesso a procedure di gara.

In senso controintuitivo al pensiero dominante, lo Stato può allora ancora essere un importante acceleratore di processo, specie nel lungo periodo.

Al di là delle classiche dicotomie Stato/Mercato, il concetto ibrido di “Stato imprenditore” coniato dall’economista italo-statunitense Mariana Mazzucato nel 2013 appare avere ancora una forza prospettica-potenziale notevole.

In ottica diacronica, occorrerà infine anche rivalutare concetti antichi ma ancora validi nella loro essenza. Si pensi alla poco nota legge di Wagner, per la quale la crescita dei servizi pubblici dovrebbe essere intrinsecamente «complementare» allo sviluppo dell’economia privata. Ovvero, vi sarà auspicabilmente l’esigenza di sempre nuovi, estesi e migliori servizi pubblici, in particolare quelli che incidono sulla vita della gente, ricercando il massimo livello di efficienza allocativa in modo pragmatico (cosiddetta frontiera di second best), al di là del mondo ideale. Così scriveva l’economista Adolph Wagner (1835-1917) a Jena nel 1911.

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