Dai debiti della Pa alla compensazione, 3 mosse per dare ossigeno all’economia

scritto da il 24 Marzo 2020

Post di Costantino De Blasi, risk manager e fondatore di Liberi, Oltre Le Illusioni –

Qualche giorno fa avevamo delineato quali sono i 3 driver degli interventi che dovrebbero essere presi per sostenere l’economia italiana e quella del vecchio continente. Da quando abbiamo scritto sono avvenuti alcuni fatti importanti. Il patto di stabilità e crescita è stato, come avevamo previsto, sospeso; Ursula von der Leyen ha dichiarato una sorta di “whatever it takes” della Commissione europea; la BCE ha annunciato un Quantitative Easing di 750 miliardi in aggiunta ai 120 già deliberati. Difficile dire oggi se queste misure straordinarie e non convenzionali saranno sufficienti ma si può senza dubbio dire che la sensibilità mostrata, talvolta tardivamente, dalle istituzioni europee alla fine c’è.

La restante parte deve essere fatta dai governi nazionali.

Il nostro governo ha varato il Cura Italia di marzo, preannunciando che sarà seguito da un analogo provvedimento in aprile. Quanto contenuto nel decreto di marzo è in molti aspetti insufficiente, confuso e determina asimmetrie di trattamento fra categorie di lavoratori, con autonomi e professionisti ancora una volta penalizzati.

Insufficiente perché i 25 miliardi messi a disposizione per l’intero sistema Italia non possono bastare. Il prodotto interno lordo vale in un trimestre in media circa 430 miliardi. Due settimane di lockdown totale valgono quindi all’incirca 70 miliardi; sebbene il lockdown non sia totale dobbiamo considerare che si protrarrà sicuramente fino a metà aprile (quindi 1 mese) e probabilmente oltre. La perdita in termini di ricchezza sarà dunque molto superiore. La curiosa combinazione di simmetria del contagio fra i vari Paesi e asincronia della risposta restrittiva, potrà prolungare ancor di più lo stop e/o la sofferenza delle nostre imprese più integrate nella catena del valore.

È confuso perché non si sa ancora come i lavoratori potranno accedere ai benefici una tantum dei 600 euro in quanto l’operatività dipende dagli attuativi che dovranno essere elaborati da INPS, MISE e altre istituzioni coinvolte. È confuso inoltre perché alcuni divieti di stampo paternalistico (vietato licenziare i dipendenti) porteranno le micro e piccole imprese a reagire con il fallimento alla mancanza totale di liquidità.

È asimmetrico perché se da una parte si sostengono e tutelano i lavoratori dipendenti, alle oltre 5 milioni di partite IVA vengono lasciate le briciole. Il presidente dell’INPS, consapevole dell’esiguità della dotazione, ha evocato improvvidamente il click day; un’assurda lotteria in cui chi prima arriva prende tutto.

Il tema è quello di trovare rapidamente liquidità da dare a tutti. Una specie di reddito di cittadinanza (o helicopter money) universale e condizionato solo per alcune categorie non toccate dalla crisi che sostenga i cittadini lavoratori per almeno un trimestre. La liquidità però va trovata in fretta, posto che per quanto detto all’inizio non ci sarà nessuno in Europa che negherà quelle misure.

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Ci sono tre capitoli che per ora nessuno al governo ha affrontato.

1. Il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione.
Una volta era un tema molto sentito perché la Pubblica amministrazione a tutti i suoi livelli, locali e centrali, aveva accumulato debiti pregressi per quasi un centinaio di miliardi. L’intenzione del governo Monti, meritoria, di accelerarne il pagamento e di rendere pubblico un contatore sullo stato del debito ha prodotto una riduzione del montante agli attuali 57 miliardi e una riduzione dei tempi medi di pagamento. Ora il contatore è fermo al luglio 2017 e gli oltre 50 miliardi sono comunque una cifra significativa. Quello che si dovrebbe fare è dare alle PA le risorse per saldare quanto più è possibile a favore delle imprese creditrici.

2. Compensazione dei crediti
La legge di bilancio aveva affrontato questo tema nella maniera opposta a quello che servirebbe, estendendo le possibilità di prosecuzione dei termini per l’amministrazione e riducendo le possibilità di compensazione per le imprese. In un momento in cui si sospende il pagamento di tributi e oneri contributivi fino a maggio, con l’inevitabile aggravio e congestione di imposte e adempimenti in un ristretto periodo dell’anno, sarebbe opportuno consentire subito la compensazione fra tutti i debiti e crediti a prescindere da tipologia dell’imposta e da modello di pagamento.

3. Sblocco delle somme incardinate nelle procedure fallimentari
Secondo uno studio della sezione fallimentare del tribunale di Milano nelle procedure sono bloccati circa 100 miliardi. Una maniera per sbloccarne una parte, a legislazione vigente e senza provvedimenti legislativi, sarebbe quella di sollecitare i professionisti incaricati dai tribunali a provvedere a depositare i riparti, anche parziali, a favore dei creditori delle società fallite in modo che i tribunali possano disporne il pagamento. Alcuni tribunali, motu proprio, lo stanno già facendo. L’ideale sarebbe che il Ministero della giustizia emanasse una circolare in modo che tutti i tribunali vi si adeguino. In questo modo somme che già ci sono, depositate sui conti correnti del fallimento, verrebbero in breve tempo pagate alle aziende che hanno avuto la sventura di essere creditori di soggetti falliti e i professionisti curatori sarebbero pagati in quota proporzionale alle cosiddette spese prededucibili.

La somma di questi 3 capitoli darebbe un po’ di ossigeno al sistema produttivo.

Twitter @DeShindig