Le due mosse obbligate per evitare il collasso dell’economia italiana

scritto da il 07 Aprile 2020

Post di Michele Boldrin, professore (distinguished) di economia alla Washington University di Saint Louis, visiting professor presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia –

Le conseguenze economiche della pandemia “CoronaVirus” non sono un dato di natura: dipendono dalle politiche che decideremo di adottare. Mentre esiste un fattore naturale che possiamo solo parzialmente controllare (il nuovo virus) le sue conseguenze socio-economiche saranno il prodotto delle decisioni che prenderemo per gestire le scelte davanti alle quali gli eventi ci hanno posto.

In una prospettiva economica la pandemia è analoga ad uno shock tecnologico negativo: vivere (lavorare, consumare, incontrarsi, eccetera) come si faceva prima diventa più costoso perché ora c’è un rischio maggiore di ammalarsi. Una caduta dell’attività economica ci sarebbe stata comunque, anche in totale assenza di ogni tipo di provvedimento per la salvaguardia della sanità pubblica. I provvedimenti presi a questo fine hanno alterato l’effetto dello shock iniziale e stanno avendo effetti importanti che vale la pena esaminare per capire se non sia il caso di pensare ad ulteriori e differenti misure migliorative.

Ad alcuni settori viene impedito o reso molto costoso operare, per altri le cose cambiano ma non radicalmente mentre, per altri ancora, tutto continua quasi come prima. A questo corrispondono analoghe variazioni nei redditi percepiti: alcuni precipitano, altri si riducono di un poco, altri di quasi nulla o persino aumentano. Il Coronavirus crea diseguaglianza: direttamente, per il suo impatto differenziato fra gruppi demografici, ed indirettamente, attraverso le misure di contenimento che discriminano fra soggetti economici. In nome dell’interesse generale imponiamo un sacrificio economico a milioni di persone mentre, per il resto della cittadinanza, tale sacrificio non sussiste se non molto parzialmente.

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Quando la produzione ed il reddito di milioni di persone diminuiscono drasticamente sparisce una fetta sia dell’offerta che della domanda aggregata. La sparizione dell’offerta italiana implica che almeno una parte della domanda mondiale per quei beni e servizi si rivolgerà altrove. Se le concerie italiane non possono operare la domanda mondiale di pelli cercherà altri produttori. Alla riapertura le imprese italiane rimaste chiuse a lungo non troveranno più i clienti che avevano due mesi fa. La sospensione temporanea diventerà permanente. Quello delle concerie è solo un esempio fra mille.

Vi è una ed una sola soluzione a questo problema: essa consiste nel creare le condizioni perché queste imprese possano riaprire al più presto. Non c’è sussidio monetario (da qualsiasi parte esso provenga) che compensi per la chiusura dell’attività a meno che non si intenda farlo diventare un sussidio permanente. Su questo abbiamo già scritto e ritorneremo perché il problema è molto urgente. In questa sede vogliamo soffermarci sul lato della domanda, non meno importante.

Chi non ha reddito non compra e la domanda dei beni e servizi prodotti dal resto del sistema economico italiano diminuirà perché, seguendo l’esempio precedente, i lavoratori dell’industria conciaria non potranno consumare. Questo, a sua volta, diminuisce anche il reddito di chi il decreto autorizza a lavorare, dando inizio ad una spirale che può portare alla disintegrazione dell’intero sistema economico. Per bloccare questa spirale è giocoforza offire un reddito sostitutivo o complementare alle persone a cui abbiamo reso difficile o impossibile lavorare. Questo attenua sia l’effetto aggregato sia quello redistributivo.

Esistono solo due strumenti per finanziare questa operazione: l’indebitamento pubblico ed il trasferimento di reddito da chi non viene danneggiato dalle nuove norme sanitarie a chi sopporta l’effetto negativo delle medesime. Di quanto possiamo indebitarci? Dipende da molti fattori ma siamo consapevoli – viste le condizioni della nostra finanza pubblica ed il crescente indebitamento di tutti i paesi – di trovarci di fronte a dei limiti abbastanza precisi. Questo richiede cercare strumenti complementari al debito pubblico per finanziare i trasferimenti di cui andiamo discutendo. Che si guardi il problema dal punto di vista assicurativo, o dal punto di vista della solidarietà sociale o da quello strettamente economico di far corrispondere i redditi ottenuti al valore dei beni e servizi prodotti, la seguente conclusione appare logicamente inevitabile.

Per un tempo – sino a quando il paese non sia tornato ad una decente normalità – dovremmo usare un mix di indebitamento pubblico e di trasferimenti di reddito per attenuare gli effetti economici delle politiche di salute pubblica ed evitare, oltre a drammatiche tensioni sociali, un collasso dell’intero sistema economico.

Quale mix adottare ed attraverso quali strumenti fiscali ed assistenziali sia possibile implementare questa proposta verrà discusso nella seconda parte di queste riflessioni.

Twitter @micheleboldrin

 

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