La liquidità di Conte non è “immediata”. La sproporzione tra parole e fatti

scritto da il 11 Aprile 2020

“Diamo liquidità immediata per 400 miliardi di euro alle nostre imprese”: l’asserzione del Presidente Conte è incongrua, impropria e, di fatto, scorretta, priva di fondamento.  Il sostantivo “liquidità” e l’aggettivo “immediata”, così combinati all’interno della frase, fanno sorgere parecchi dubbi sulle reali intenzioni del parlante. Di certo, è difficile credere che Giuseppe Conte non fosse consapevole del contenuto delle proprie dichiarazioni. Si sarebbe trattato allora di un errore di comunicazione, di una sorta di vuoto espressivo o, come comunemente si dice, di una caduta di stile?

Il male dell’economia è anzitutto nelle parole, a tal punto che l’economia è ormai polimorfa: ne esistono una narrata, una percepita, e una reale. Mettere in parole dei pensieri vuol dire costruire una porzione di realtà o, per lo meno, farla esistere per chi assume come valide quelle parole. L’accordo tra parlanti, tra le altre cose, reca in sé un’altra inevitabile verità di fatto: nessuna asserzione è mai libera dalle possibili conseguenze. Infatti, il giorno dopo l’annuncio della “liquidità immediata”, atto incauto per eccellenza, le banche sono state subissate di telefonate da parte degli imprenditori bisognosi e allo stremo delle forze.

Se a un uomo spossato dall’arsura del deserto si comunicasse l’esistenza anche di una sola bottiglia d’acqua, egli farebbe di tutto per averla. Per estensione e forzatura della metafora: nessuno ha detto che il denaro sarebbe arrivato direttamente sul conto corrente delle imprese, è vero, ma, nello stesso tempo, non ci si è allontanati molto, in considerazione della “potenza di fuoco”. Va precisato fin da ora che, qui, non è in discussione alcun parere politico: al più, si circoscrive ‘empiricamente’ un oggetto e lo si analizza con metodo.

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Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

La prima smentita indiretta arriva proprio dal massimo esponente dell’ABI, Antonio Patuelli, il quale, pur con superba deferenza, appunta la propria attenzione sul peggiore dei guai linguistici causati da Conte: “immediata”. I motivi sono semplici: anzitutto, è necessario attendere l’approvazione dell’UE. In secondo luogo, in assenza di una garanzia del 100%, l’istruttoria prevista per le richieste di liquidità sarà quella ordinaria, giacché il Legislatore non ha affatto derogato al Testo Unico Bancario. E le imprese con un basso rating, quelle marchiate dal ‘rischio di credito’? Stando così le cose, sono destinate a morire di sete (Rif. Metafora del deserto). Perché un Presidente del Consiglio si lascia andare a tal punto da risultare imprudente, superficiale e – ci tocca dirlo, alla prova dei fatti – mendace? Tenendo conto della valutazione bancaria del rischio di credito, siamo indotti a pensare che quei 400 mld potrebbero ridursi di molto.

E inoltre: tra parole e fatti non c’è corrispondenza. La conferenza stampa è del 6 aprile. Nella stessa giornata, sul sito del Governo (Presidenza del Consiglio dei Ministri) si legge un comunicato stampa in cui non si parla affatto di 400 miliardi, bensì di 200 miliardi.

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Un’altra precisazione risulta fondamentale: è doveroso studiare documenti e dichiarazioni del momento per valutarne l’impatto, senza attendere risvolti e correttivi. ‘Quello che sarà’ modifica solo in parte i danni causati da una comunicazione pubblica errata: dichiarazioni, comunicati, bozze di decreti et cetera.

Il marxiano presago, in preda all’impeto bolscevico-rivoluzionario, direbbe che pure “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”. Purtroppo, le operazioni di supporto illustrate in conferenza stampa non sono gratuite, come s’è lasciato intendere. Prova ne sono i seguenti estratti della bozza del Decreto Legge.

 

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Le buone intenzioni, in effetti, ci sono; non lo si può negare, dato che, nella maggior parte dei casi, lo Stato, per il tramite di Sace-Cassa Depositi e Prestiti, diventa fideiussore paterno delle imprese, ma ciò non basta a riscattare Conte. Noi, più umilmente e più cautamente, tentiamo di ristabilire una continuità di significato tra una fonte e i suoi fruitori, sebbene l’emergenza sanitaria, talora, possa alterare l’uso del linguaggio, specie in economia, disciplina che più di molte altre è consumata dalla mediazione narrativa.

S’è fatto sarcasmo sul sintagma “potenza di fuoco”? Tutt’altro! L’iperbole è stata filtrata dal buon senso e dal realismo. Che cos’accadrebbe (non accadrà, è chiaro) se la Commissione Europea, in ‘virtù’ dell’art. 108 del TFUE, non approvasse lo schema italiano? Ecco il comma 12 dell’art. 1 della bozza di DL, il cui titolo è, per l’appunto “Misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese”, che, a propria volta, fa parte del Capo I, “Misure di accesso al credito delle imprese”. Sarebbe più corretto scrivere, per paradosso, naturalmente, “Misure subordinate, non immediate”.

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È evidente che questo processo d’interventi fatto di rinvii e subordinazioni non è altro che un rallentamento burocratico e, nello stesso tempo, un ulteriore indebolimento dei significati di quell’infido 6 aprile. Il fatto è che si è sempre accusata la categoria dei giornalisti di leggerezza e di pressappochismo per eccesso di ‘generosità’ nell’uso delle parole o per la ricerca di clamore e poi si mette in scena uno spettacolo così marchiano. L’espressione “liquidità immediata” non è altro che un’espressione ‘civetta’, con un elevato potere attrattivo-evocativo, ma con scarsa – o, addirittura, nulla – forza di pragmatica.

Nella vita di tutti i giorni, tra le altre cose, non ci chiediamo mai se una forma di pagamento-risparmio sia ‘più liquida’ o ‘meno liquida’ perché, tutto sommato, questa comparazione non è in uso, ma in economia, aziendale o non, uno strumento di pagamento o d’investimento può essere autenticamente ‘più o meno liquido’. Non a caso, tra gli indicatori di bilancio di un’impresa, troviamo, per esempio, la quick ratio, altrimenti definita come indice di liquidità immediata e la current ratio o indice di disponibilità. In materia di risparmi, possiamo dire che, tanto più rapido può essere il processo di monetizzazione di un investimento, quanto più esso è considerato liquido. Qualcosa di simile si può dire per la moneta, il cui valore è suddiviso in aggregati, M1, M2, M3, ad indicarne il livello di liquidità: un buono fruttifero appartiene sicuramente all’aggregato M3, mentre il denaro che abbiamo sul conto corrente appartiene a M1. Da qui si può comprendere quanto sia importante stare attenti al significato e al contesto entro il quale si usano le parole, specie se ad usarle è un Presidente del Consiglio dei Ministri, il gradimento del quale, negli ultimi mesi è cresciuto oltre ogni aspettativa.

Se, infatti, consultiamo Google Trends, con riferimento alle parole cercate dagli italiani nell’ultimo mese, non facciamo fatica a rilevare che la query “Giuseppe Conte” riesce, in parte, a contrastare pure quella sui “sintomi del coronavirus”; il che è, a dir poco, impressionante.

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Questo fenomeno è indubbiamente emergenziale e come tale va analizzato, ma non bisogna trascurare il fatto che la realtà è quella messa per iscritto dall’utente, non già quella presunta e categorizzata dal narratore istituzionale. Anche inconsapevolmente, senza dichiarazioni esplicite, questo utente descrive i propri bisogni. In ciò e nel tempo, la parola diventa testimonianza filogenetica.

Nel 1939, il governo britannico, accingendosi ad affrontare la guerra e volendo tenere alto il morale della popolazione, diffuse il seguente messaggio: Keep calm and carry on, cioè mantieni la calma e va’ avanti! La sua riproduzione, nel tempo, è stata, a dir poco, virale, forse anche pandemica, tanto che, al culmine della propagazione, nel 2012, l’esortazione aveva definitivamente smarrito i significati d’origine. Per quanto sia desueto che un governo utilizzi espressioni dell’ambiente domestico come va’ avanti e calma, specie se in prossimità di una guerra mondiale, l’aneddoto ci permette di capire quanto sia precario e, talora, difficile il rapporto tra il fine, il significato e l’uso d’un enunciato. Quest’ultimo, infatti, non di rado, si allontana del tutto dalle proprie origini fino a guadagnare una nuova identità.

Tale meccanismo, tuttavia, può risultare pericoloso in economia, come d’altronde in medicina. La frase “diamo liquidità immediata per 400 miliardi di euro alle nostre imprese” è bella e rassicurante, ma ha causato la ‘corsa agli sportelli’ (ai telefoni, viste le restrizioni) e, in poco tempo, la disillusione. Un operatore sanitario avventato, come ce ne sono stati in questo periodo, che facesse circolare su WhatsApp un messaggio del tipo “consumate cibi e bevande ad alto contenuto di vitamina C perché combattono il coronavirus” creerebbe false speranze e forse causerebbe pure danni: no-vax docet.

Si badi bene che, in cima alla classifica dei “perché” ricercati dagli italiani nel 2019 (Google Trends), troviamo, nientemeno, “perché è caduto il Governo?”; e ci si riferisce al Governo di cui Salvini era Ministro. In pratica, neppure i suoi strenui e infaticabili sostenitori hanno capito cosa sia successo in quel fatidico mese di agosto, nonostante la ricchezza d’invettive del leader e la sua bacchica presenza scenica.

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Un uomo delle istituzioni, nel parlare dei bisogni della gente, deve stare attento non solo alle figure del significato, ma anche al timbro, al tono e – perché no? – alle pause e al ritmo perché ogni variazione genera un’alterazione, quantunque temporanea, del senso di realtà altrui.

Greta Thunberg sarà pure stata nominata personaggio dell’anno 2019 dal Times, ma gli italiani, nel 2019, hanno dedicato le proprie parole e le proprie emozioni a Nadia Toffa (Google Trends).

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Sia il vostro discorso sì, sì, no, no! Il resto è del maligno.

Mt 5, 37

 

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