Addio alla burocrazia? Nel decreto Rilancio un primo (sottovalutato) passo

scritto da il 29 Maggio 2020

L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, già giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –

Si è discusso molto, nei giorni scorsi, dell’adeguatezza del decreto “Rilancio” a fronteggiare l’emergenza economica nazionale (e non solo) portata dalla recente pandemia. Il monte degli scontenti è sempre più numeroso (come è normale che sia), i professionisti sono fuori dal contributo a fondo perduto perché non sono “imprese” (fonte, Ministro Gualtieri), si poteva fare questo o quello e chi più ne ha più ne metta.

Tuttavia, c’è una norma all’interno del decreto a cui è stata data poca attenzione, almeno a parere di chi scrive, rispetto al segnale che la stessa porta in dote. Si tratta dell’articolo 264, con una curiosa collocazione quale ultima disposizione operativa del decreto, denominato “liberalizzazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi in relazione all’emergenza COVID 19”.

Sfruttando la descrizione fornita nella relazione illustrativa, essa mira a garantire la massima semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi in relazione all’emergenza COVID 19, prevedendo una serie di misure di semplificazione valide dalla data di entrata in vigore del decreto fino al 31 dicembre 2022.

Leggendo il primo comma, lettera a), del citato articolo, già se ne comprende l’enorme portata e la concretezza della misura, in relazione a quanto verificatosi di recente, ad esempio, per l’erogazione dei famosi prestiti fino a 25.000 Euro garantiti dallo Stato.

La citata lettera a) prevede che nei provvedimenti per la richiesta di benefici comunque denominati (contributi a fondo perduto, prestiti, garanzie, ecc.) sarà possibile fornire ogni tipo di informazione o documentazione richiesta mediante autotutela, derogando alle ordinarie discipline vigenti.

Il potenziale impatto è enorme.

Basti pensare, come detto in precedenza, alle difficoltà riscontrate dalle imprese per l’ottenimento dei prestiti con garanzia statale. Doveva essere una passeggiata, secondo le intenzioni del Governo, con soldi che arrivano entro 48 ore dalla richiesta. Si è rivelata, all’atto pratico, un diluvio di richieste documentali avanzate dalle banche, che hanno frenato in questo modo le erogazioni. Banche che, a loro volta, erano ingabbiate da procedure interne che mal si convogliavano con le disposizioni (o meglio con le intenzioni) perseguite dalle norme.

Con il nuovo articolo 264 del decreto Rilancio, ogni tipo di documento può essere fornito con dichiarazione sostitutiva, con inasprimento a carico di chi rilascia dichiarazioni mendaci. In altri termini, l’imprenditore che si reca in banca a chiedere il prestito potrà certificare il possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi senza l’onere di dover recuperare i documenti (chiesti talvolta in quantità industriale) che l’istituto bancario ritenga necessari.

Una disposizione che spiega i propri effetti su un aspetto determinante: il tempo. Ottenere tempestivamente un prestito o un contributo sono condizione essenziale, in molti casi, per la sopravvivenza dell’azienda. Ottenere lo stesso beneficio con tre mesi di ritardo potrebbe rivelarsi inutile perché, nel frattempo, l’azienda potrebbe essere morta e sepolta.

La piaga della burocrazia e dei ritardi/impedimenti che da essa derivano è argomento quasi inutile da affrontare, per quanto esso sia ben noto ai più.

La disposizione in parola dimostra che, con un semplice paragrafo inserito in un articolo, possono superarsi ostacoli altrimenti insormontabili.

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Continuando a scorrere nei paragrafi successivi dell’articolo 264, la lettera f) del primo comma “liberalizza” gli interventi edilizi necessari ad assicurare l’ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all’emergenza COVID-19. Questi ultimi sono comunque ammessi, anche in assenza delle ordinarie autorizzazioni e licenze, salvo il rispetto delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di tutela dal rischio idrogeologico e di tutela dei beni culturali e del paesaggio, da attestare mediante asseverazione di un tecnico abilitato.

Anche questa disposizione va vista con favore, perché consente di “fare”, di “realizzare”, di “procedere”. Ciò non vuol dire consentire a tutti di fare tutto, perché i sistemi di controllo restano comunque in piedi ed, anzi, si inaspriscono le conseguenze per chi rende dichiarazioni mendaci o approfitta del contesto. Come è giusto che sia.

È un primo passo per dire addio alla burocrazia, il vero dittatore dei nostri tempi, che tiene in ostaggio il Paese trasformandolo in una Disserviziopoli dura da digerire, specialmente ora, con il condimento amaro del coronavirus.