Bio-economia e agri-food sostenibile: le nuove opportunità d’impresa

scritto da il 29 Luglio 2020

Post di Eleonora Maglia, giornalista. Eleonora svolge attività di ricerca e pubblicazione per il Centro di documentazione Luigi Einaudi di Torino –

La Bio-economia è un approccio alla produzione basato su un utilizzo delle risorse biologiche che ne sostenga le caratteristiche peculiari di rinnovabilità e che, quindi, assicuri la conservazione del capitale naturale attraverso un uso consapevole della disponibilità degli stock e ponendo in logica di circolarità gli ecosistemi e i settori coinvolti. Include settori primari (agricoltura, silvicoltura e pesca) ed industriali (alimentare, chimica, farmaceutica e energia) con un peso economico che, secondo le rilevazioni del JRC, in Europa raggiunge un fatturato di 2.300 miliardi di euro e impiega 18 milioni di addetti.

Il concetto chiave sul tema è puntare all’efficienza investendo sulle risorse esistenti. Poiché si parla sostanzialmente di risorse scarse, in proposito è chiara la necessità di ragionare in termini di priorità d’impiego e di modalità oculate (allo scopo di ottenere di più con meno). La Strategia per la Bio-economia del Circular Economy Network, ad esempio, identifica come cruciali la sostenibilità delle produzioni; l’efficienza nella gestione; la funzionalità multipla, oltre alla valorizzazione del capitale umano e sociale. La sfida concerne quindi riuscire a mettere a punto, impiegare e diffondere una serie di strumenti di precisione che prevedano, ad esempio, l’applicazione di servizi digitali e monitoraggio satellitare ed assicurino una gestione efficiente del suolo e dell’acqua, soprattutto attraverso la valorizzazione e il riutilizzo dei residui e l’integrazione delle produzioni attraverso approcci a cascata.

BUONA LA PERFORMANCE NAZIONALE In Italia, le attività connesse alla Bio-economia fatturano complessivamente 312 miliardi di euro e impiegano 1,9 milioni di persone (valori che rappresentano il 19,5 per cento del PIL e l’8,2 per cento dell’occupazione), con il primato ottenuto per due anni consecutivi (2019 e 2020) nella classifica complessiva di circolarità redatta dal Circular Economy Network (Italia, 100 punti; Germania, 89; Francia, 88; Polonia, 72 e Spagna, 71). Secondo il Rapporto sull’economia circolare 2020, infatti, in Italia si riesce particolarmente bene a rendere produttive le risorse (per 1 Kg di beni consumati si generano 3,5 euro di PIL, contro una media europea di 2,24 euro) ed è in atto un virtuoso processo di diminuzione della dipendenza di materiali dall’estero (le esportazioni crescono dell’1 per cento). Altri elementi nazionali positivi sono la quota di energia rinnovabile utilizzata rispetto al totale consumato (17,8 per cento) ed i benefici socio-economici totali (+12 punti rispetto alla media europea).

UN PRIMATO DA DIFENDERE Nonostante le performance italiane sostanzialmente molto positive, si riscontrano anche trend in calo per alcuni indicatori (come i risultati in produttività energetica, -3 per cento) ed è soprattutto preoccupante la perdita in un solo anno di sette posizioni nell’indice di attività nell’eco-innovazione. Il vantaggio italiano rispetto alle economie concorrenti andrebbe invece sostenuto soprattutto rispetto a Germania e Francia (che rispetto al 2019 ha guadagnato +7 punti nella classifica complessiva di circolarità, contro il -2 dell’Italia) e attraverso nuovi progetti.

LE OPPORTUNITÀ DA COGLIERE Secondo le rilevazioni di Osservatori Digital Innovation un settore particolarmente promettente in proposito è il segmento agri-food sostenibile, visto l’impatto diretto delle produzioni sull’ambiente e sulla salute dei consumatori, nonché la necessità di ridurre gli sprechi e veicolare le eccedenze anche verso la redistribuzione e il contenimento della povertà alimentare (un fenomeno destinato a crescere per la crisi economica e sociale innescata dal Covid-19).

I dati dell’Osservatorio Food Sustainability mostrano in effetti che il totale delle start-up agri-food attive è cresciuto da 2.026 a 4.242 in un solo anno e che il 19,7% perseguono uno o più target sostenibili (ad esempio rendere i raccolti più produttivi e resilienti ai cambiamenti climatici (SDG 2, target 2.4) e individuare soluzioni chimiche green che migliorino le rese e preservino l’ambiente (SDG 12, target 12.4)). In un’ideale classifica internazionale sulla densità geografica, l’Italia si colloca al settimo posto con interessanti sperimentazioni di precisione grazie all’uso di piattaforme. Complessivamente infatti è la tecnologia il fattore facilitante le nuove azioni per la sostenibilità e, se le sperimentazioni di frontiera richiedono competenze non sempre core, esistono soluzioni anche in proposito, come le opportunità di collaborazioni multi-stakeholder e di confronto, tra cui il progetto Management e imprese alla sfida dell’Economia Circolare di Confindustria per offrire a imprenditori e manager esempi e strumenti concreti per l’aggiornamento sulle opportunità offerte dai modelli di business circolare (economiacircolare.confindustria.it).