La Nuova Zelanda alle elezioni tra Covid e incertezza economica

scritto da il 07 Agosto 2020

Pubblichiamo un post di Stefano Riela, Research Fellow e Lecturer of European Integration presso la University of Auckland. Council Member presso la Italian Chamber of Commerce in New Zealand, insegna European Economic Policy presso Università Bocconi. Membro dell’Advisory Board di The Smart Institute think tank –

Come Guglielmo Bertone, il suo sorriso è di quelli che non si dimenticano. Ha ottenuto visibilità internazionale quando il Paese che guida da tre anni ha azzerato i casi di Covid-19, senza neanche suggerire l’uso di mascherine, e per primo ha allentato il lockdown. Inoltre, aveva già conquistato il primo riferimento nel consueto articolo del The Economist dedicato al Paese dell’anno. Dopo un attacco omicida in una moschea da parte di un nazionalista bianco, Jacinda Ardern, primo ministro della Nuova Zelanda, indossò un velo e dichiarò che un attacco ai musulmani era un attacco a tutti i neozelandesi.

Il 19 settembre ci saranno le elezioni per il Parlamento di Wellington. L’attuale primo ministro, che si ricandida per il prossimo triennio, è di gran lunga la favorita. Il Labour Party, che Jacinda guida, ha un vantaggio di almeno una decina di punti sul secondo partito, il National Party, la cui leadership continua ad essere eclissata dalla mediaticità di Jacinda, che da qualche giorni ha festeggiato i suoi primi quaranta anni.

Sembra un paradosso, ma la popolazione ha apprezzato le modalità, anche comunicative, del lockdown. Il Paese si è particamente paralizzato a marzo, subito dopo i primi casi di infezioni. In tutto, la Nuova Zelanda ha avuto 1.560 persone infette e 22 decessi. Da inizio giugno non ci sono più casi all’interno del Paese e tutte le restrizioni alla mobilità e all’aggregazione sono state eliminate. Nei locali pubblici non ci sono più regole di distanziamento, i cinema hanno riaperto e sono ricominciati i concerti.

Tuttavia, il successo interno è facilitato dal fatto che i confini della Nuova Zelanda sono stati sigillati. Possono entrare nel Paese soltanto i residenti, i cittadini e un limitato numero di stranieri con esenzioni speciali. Si pensi alle squadre che parteciperanno all’America’s Cup (alla quale partecipa l’italiana Luna Rossa Challenge) e alla produzione americana che sta lavorando al sequel del film Avatar. Chi arriva è comunque soggetto ad una quarantena di 14 giorni, in hotel, pagato dal governo.

Per un paese piccolo (cinque milioni, come la Sicilia o il Veneto) e remoto (sono 18.000 Km dall’Italia, il doppio della distanza tra Roma e Shanghai o Seattle) la sicurezza sanitaria interna ha avuto, e sta avendo, un prezzo elevato. Le conseguenze economiche dell’isolamento sono significative soprattutto se si considera il peso che hanno il turismo e la formazione offerta agli studenti internazionali, prevalentemente asiatici.

Secondo le ultime stime dell’OCSE, qualora non ci dovesse essere una seconda ondata di infezioni e di conseguenti lockdown, la variazione del PIL nel 2020 in Nuova Zelanda sarà di -8,9%, un calo meno deciso rispetto al -11,3% italiano, ma comunque superiore a molti altri Paesi colpiti in maniera più drammatica dal virus.

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Fonte: OCSE, Economic Outlook, giugno 2020

Per questo motivo una delle priorità della Nuova Zelanda è creare delle ‘bolle’ con altri Paesi, soprattutto con quelli con i tassi di infezione bassi come Taiwan, Vietnam e le isole del Pacifico. C’era grande attesa per la creazione di una bolla con l’Australia, ma il recente focolaio a Melbourne, dove è stato reimposto un blocco, ha rallentato questo progetto di riapertura selettiva.

La Nuova Zelanda si trova nella fortunata situazione di aver eliminato la trasmissione interna del Covid. Questo significa che attualmente i suoi residenti godono di una maggiore libertà rispetto a chi vive nella maggior parte degli altri Paesi. Ma un Paese abituato, per volontà e per necessità, ad essere aperto, se sigillato non può garantire la stessa qualità di vita. Nell’attesa di segnali positivi dal resto del mondo, Jacinda dovrà gestire le conseguenze economiche del Covid e, per sua fortuna, la Nuova Zelanda ha un elevato margine fiscale da utilizzare per stimolare la ripresa, partendo da un debito pubblico di appena il 30% del PIL.