Perché la nuova corsa allo spazio è diventata muscolare

scritto da il 14 Agosto 2020

Post di Andrea Muratore, analista indipendente* –

Negli ultimi anni la corsa allo spazio sta vivendo una nuova era di impetuoso sviluppo e diversi Paesi stanno gradualmente espandendo le loro prospettive di lungo periodo. Stati Uniti, Cina, India, Russia, Europa, Giappone partecipano attivamente alla gara, ma non sono i soli: anche medie potenze ambiziose quali gli Emirati Arabi Uniti, recentemente in grado di avviare la prima missione interplanetaria intrapresa da un paese arabo grazie al lancio verso Marte della sonda Al-Amal (Speranza), sono della partita.

La nuova corsa allo spazio è animata da ambiziosi e romantici traguardi scientifici ed esplorativi (con il ritorno dell’uomo sulla Luna e il primo viaggio verso il pianeta rosso nel mirino) ma rispetto alla precedente, andata in scena nel corso della Guerra Fredda, è molto più difficile celare gli interessi particolari di matrice geopolitica, strategica ed economica che sottendono all’impegno dei Paesi nella contesa.

L’attuale corsa allo spazio è, fin dalle dichiarazioni dei leader che portano in campo i Paesi coinvolti, apertamente più muscolare. Gli obbiettivi di matrice scientifica non sono certamente secondari (gli Stati Uniti pianificano il ritorno dell’uomo sulla Luna nel 2024 e l’India si propone di farlo entro il 2022; i cinesi più cauti puntano all’allunaggio dopo il 2030, mentre l’European Space Agency dopo il 2030 immagina missioni verso Marte [1]), ma non servono a nascondere o celare più approfondite mire geostrategiche. Come ha fatto notare Marcello Spagnulo, ingegnere con trent’anni di esperienza nel settore aerospaziale tra Italia, Francia e Olanda, i primi obiettivi, “da fascino onirico, ambiziosi, stimolanti” sono al servizio di un’impostazione “tecnopolitica, un connubio tra pragmatismo e Realpolitik che permea l’essenza stessa dell’esplorazione dello Spazio. La sfida terrestre degli USA con la Cina e con la Russia si sposta nello Spazio eso-atmosferico al punto che gli americani devono spostare il loro “Higher Ground” verso la Luna dato che Pechino diventa protagonista nell’orbita bassa della Terra con una sua stazione spaziale simile alla odierna Stazione Spaziale Internazionale, anche se più piccola [2]”, ed ecco che a giustificarla arrivano i programmi Artemis, per fare un esempio recente.

Tra i principali terreni di contesa nella nuova corsa allo spazio vi è la presa di consapevolezza della rilevanza economica dei progetti di esplorazione e delle prospettive di lungo periodo che essi possono aprire. La cosiddetta New space economy si basa proprio sul presupposto che i dividendi dell’investimento nell’esplorazione spaziale possa essere a trecentosessanta gradi e distribuirsi su più piani. Seguendo il tragitto delle sonde e dei satelliti, analizziamoli in ordine di distanza dalla superficie terrestre.

Il primo campo è quello di politica industriale, strettamente legato alle necessità d’ordine strategico del settore spaziale e alla sua integrazione con altri campi di grande importanza (elettronica, aerospazio, difesa, meccanica) in cui esso può mobilitare investimenti e competenze. La salienza della New space economy è la sua capacità di mobilitare fin dalle fondamenta sia risorse pubbliche che capitali privati. Il progetto Crew Dragon, recentemente portato a compimento col lancio della prima navetta spaziale di realizzazione privata prodotta dalla SpaceX di Elon Musk, è l’esempio più importante di sinergia tra apparati pubblici e privati in campo spaziale, ma ci sono sempre più esempi di convergenze su singole branche del comparto spaziale [3] o su scenari molto particolari che meritano di esser studiati. In Italia abbiamo visto l’ascesa di una realtà dinamica come Avio nel mercato dei lanciatori [4], ma anche società agili e attive come la Sitael, azienda del gruppo pugliese Angel specializzata nel mercato dei satelliti di piccola dimensione [5] e una realtà storica e consolidata come Zoppas Industries, “numero uno mondiale nella produzione di resistenze elettriche e sistemi riscaldanti per gli elettrodomestici, ma che progetta e produce anche elementi riscaldanti di elevata qualità e affidabilità per satelliti e altri veicoli spaziali, avendo fornito sinora più di cento programmi spaziali internazionali [6]”.

Su ogni piano, dunque, la New space economy mobilita investimenti e risorse tali da comprimere notevolmente i tempi di sviluppo dei progetti e di ritorno sui capitali investiti. Allontanandoci dalla superficie terrestre, arriviamo alla fascia orbitale ove si muovono satelliti di ogni tipo, da quelli di sorveglianza militare a quelli per la mappatura del pianeta e le telecomunicazioni. In un’era caratterizzata, sulla superficie terrestre, da una continua accelerazione della rivoluzione tecnologica e della crescita del flusso di dati gli hub satellitari possono giocare un ruolo strategico nell’aumento dei volumi d’affari dei settori di riferimento. Si pensi, ad esempio, al fatto che nel solo 2015 i servizi di telecomunicazione via satellite hanno generato un volume d’affari di 127 miliardi di dollari, per l’80% imputabile alla trasmissione televisiva e per il restante 20% ai servizi internet e telefonici, una quota pari al 7% del mercato planetario del settore [7]. E se già ora difficilmente calcolabili sono i benefici economici di sistemi come il Global Positioning System, legato a una costellazione di satelliti militari americani [8] che vede potenziali sfidanti europei [9] e cinesi, è facile immaginare quanto ampie potranno essere le ricadute in un futuro caratterizzato dall’entrata in campo di tecnologie come l’Internet of Things e le macchine a guida autonoma [10].

Il terzo livello, per ora considerato solo in prospettiva, è quello dello sfruttamento economico dei corpi celesti. La Luna, Marte, gli asteroidi e la miriade di Near Earth Objects (NEO) che ogni anno incrociano l’orbita del nostro pianeta attorno al Sole [11] sono stati studiati come possibili fonti di minerali rari sul nostro pianeta ma fondamentali per l’industria tecnologica avanzata.

In questo campo si fa sentire con forza la sovrapposizione degli interessi privati a quelli di prospettiva “pubblica”, tanto Neil DeGrasse Tysonn, astrofisico di fama mondiale e celebre divulgatore, ritiene che, con ogni probabilità, il primo trilionario del pianeta sarà un “minatore di asteroidi”. [12]

Tra le aziende maggiormente attive nel sondare queste opportunità vi è Planetary Resources Inc., fondata dall’inventore di Google Larry Page, la quale si pone l’obiettivo di mappare gli asteroidi e i pianeti del Sistema Solare per poter individuare i corpi celesti maggiormente funzionali allo sfruttamento minerario: nel mirino nichel, cobalto e terre rare [13]. Attualmente la prospettiva si scontra con le difficili condizioni dell’attività concreta di estrazione, dato che le sonde e i rover mandati sui corpi celesti esterni alla coppia Terra-Luna sono generalmente di piccola o media dimensione. Come ricorda Spagnulo, le due missioni giapponesi Hayabusa e Hayabusa-2 lanciate nel 2005 e nel 2014 dirette, rispettivamente, sui piccoli asteroidi Itokawa e Ryugu riuscirono a prelevare dopo diverse difficoltà tecniche solo alcuni campioni di terreno da pochi grammi [14]. Lo scenario va però tenuto profondamente monitorato e valutato in prospettiva: investimenti, capitali e conoscenze sono in continua evoluzione.

Analizzando su questi tre piani la nuova economia spaziale si comprende la matrice iper-competitiva che divide le principali potenze sul tema della corsa alla frontiera esterna al nostro pianeta. I Paesi cercano di ottenere vantaggi competitivi in ogni teatro e lo spazio, complici i legami della sua industria con gli apparati di difesa e sicurezza, acquisisce un valore tanto economico quanto strategico. Non a caso accanto alla New space economy si sta sviluppando, su un sentiero parallelo, la dottrina della Space warfare, segno della crescente complessità geopolitica del teatro extra-terrestre. Come ha fatto notare un analista attento come il professor Giuseppe Gagliano, nel corso del XXI secolo una transizione di questo tipo è da ritenere come intrinsecamente legata alla crescita dell’interesse dei maggiori attori statuali e privati del globo per le rotte spaziali [15}, in un contesto analogo a quanto accaduto tra XIX e XX secolo nella partita per la superiorità marittima mondiale cui parteciparono Gran Bretagna, Russia, Stati Uniti, Francia e Russia. In questo contesto, “l’uso della tecnologia come strumento di competizione e supremazia militare ed economica rimane una costante della storia come rimane una costante della storia la costruzione di forze militari e basi (navali e/o spaziali) che consentano e facilitino insieme la proiezione di potenza di una nazione”. [16] A governi e leader il compito di creare nei prossimi anni un sistema di governance capace di contemperare pretese, diritti e ambizioni dei soggetti in campo e evitare che la competizione nello spazio si trasformi in un pericoloso Far West senza regole.

*Andrea Muratore è un analista indipendente che vive a Orzinuovi (BS). Classe 1994, si è formato studiando alla Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali della Statale di Milano. Dopo la laurea triennale in Economia e Management nel 2017 ha conseguito la laurea magistrale in Economics and Political Science nel 2019. Il suo principale interesse di studio è la geoeconomia, ovvero l’analisi degli effetti dell’interdipendenza tra le grandi questioni geopolitiche e le dinamiche industriali, commerciali e produttive del mondo contemporaneo, con un focus particolare sull’impatto della rivoluzione tecnologica, sulla sfida Usa-Cina e sul ruolo dell’Europa nel mondo contemporaneo. È parte della squadra che assiste il professor Aldo Giannuli nella gestione del centro studi “Osservatorio Globalizzazione”.

NOTE

[1] Marco Tesei, Protagonisti e progetti nella nuova corsa allo spazio, Europa Atlantica, 16 dicembre 2019. 

[2] Andrea Muratore, Icaro nel XXI secolo: la geopolitica dell’esplorazione spaziale. Intervista a Marcello Spagnulo, Osservatorio Globalizzazione, 29 febbraio 2020. 

[3] Sulla grande strategia di Elon Musk e il suo ruolo nell’architettura del nuovo capitalismo statunitense si veda Andrea Muratore, L’impero di Elon Musk, Inside Over, 12 luglio 2020. 

[4] Mercato che vede una presenza strategica, sul piano europeo, dei campioni nazionali francesi e ha portato a sospettare che le mire di Parigi possano rivolgersi sulla dinamica azienda veneta, cfr. Arcangelo Milito, Avio, Elettronica e non solo. Che cosa si dice sulle mire della Francia sull’Italia, StartMag, 16 marzo 2020. 

[5] Stefano Pioppi, Piccoli satelliti e ripartenza. Lo Spazio raccontato da Molina (Sitael), Formiche, 27 giugno 2020. 

[6] Alessandro Sannini, La vera space economy la fanno le Pmi, Bebeez, 28 febbraio 2020. 

[7] Marcello Spagnulo, Geopolitica dell’esplorazione spaziale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2019, pag. 139. 

[8] National Research Council (U.S.). Committee on the Future of the Global Positioning System, The global positioning system: a shared national asset : recommendations for technical improvements and enhancements, National Academy of Public Administration, National Academies Press, 1995, p. 16. 

[9] Giuseppe Gagliano, Usa contro Europa: il caso Galileo, Osservatorio Globalizzazione, 29 maggio 2019. 

[10] Marcello Spagnulo, op. cit., pag. 140. 

[11] Secondo l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) sarebbero ben 15mila i soli Near Earth Asteroids. 

[12] Andrea Muratore, I giganti della tecnologia ora puntano allo spazio, Osservatorio Globalizzazione, 11 giugno 2019. 

[13] Ibid. 

[14] Marcello Spagnulo, op. cit., pag. 145 

[15] Giuseppe Gagliano, Lo spazio come nuova frontiera della competizione militare, Osservatorio Globalizzazione, 26 luglio 2019. 

[16] Ibid.