Il diritto ad Internet diventi una realtà a partire dalla scuola

scritto da il 06 Ottobre 2020

L’autrice di questo post è Maria Elena Viggiano. Giornalista, segue progetti di internazionalizzazione per le Pmi e di innovazione –

Sui social è diventata virale l’immagine di due bambine sedute per terra, fuori da Taco Bell in California, che cercano di connettersi al wi-fi del ristorante per fare i compiti con i loro computer. Rappresentano il simbolo di ciò che hanno vissuto migliaia di studenti in giro per il mondo perché il Covid-19 ha esacerbato le situazioni già note in precedenza come le disuguaglianze sociali legate al digitale. Nel mondo 3,7 miliardi di persone non hanno accesso ad internet, soprattutto nei paesi e nelle aree più povere, un accesso limitato alle tecnologie è sinonimo di mancanza di informazioni e servizi, quindi dei potenziali benefici. Con il lockdown, il digitale è diventato uno dei principali strumenti di comunicazione e partecipazione dei cittadini alla vita sociale ed economica, così l’esclusione digitale ha contribuito all’isolamento. Durante la pandemia, 110 paesi hanno annunciato la chiusura delle scuole, un miliardo di studenti è rimasto a casa. È stato adottato un modello di educazione a distanza ma molti ragazzi hanno smesso di imparare privandosi delle opportunità di crescita e di sviluppo. Per i più poveri poi interrompere la scuola significa non aver un pasto completo, abbandonare gli studi, iniziare a lavorare, essere oggetto di comportamenti discriminatori. Una situazione che per le bambine è 2,5 volte superiore rispetto ai maschi.

Tutto ciò non riguarda solo i paesi meno sviluppati. In America la Federal Communications Commission (FCC) segnala oltre 21 milioni di persone senza accesso alla banda larga, altri studi stimano il numero a 42 milioni mentre i ricercatori Microsoft indicano un dato pari a 163 milioni di americani. La maggior parte vive nelle zone rurali e 12 milioni di bambini crescono senza avere una connessione internet a casa. In Cina i dati ufficiali parlano di 1,6 miliardi di utenti mobile nel 2019 e del 98% della popolazione che usufruisce del 4G. Eppure c’è una grande disparità tra le città ricche e le periferie povere dove a volte un solo cellulare è a disposizione dell’intera famiglia. In Italia una delle principali problematiche emerse è la difficoltà di avere una connessione veloce, soprattutto per studenti e lavoratori. Il divario digitale non riguarda solo le infrastrutture ma anche la dotazione tecnologica. Secondo l’Istat, solo il 22% delle famiglie possiede un pc o un tablet per componente mentre nelle regioni meridionali il 41,6% dei nuclei familiari non possiede un computer a casa. Una disparità territoriale che produce nuove disuguaglianze sociali. L’Agcom ha calcolato che durante l’emergenza pandemica il 12,7% degli studenti non ha usufruito della didattica a distanza ed è completamente rimasto tagliato fuori dal sistema educativo.

La responsabilità di colmare questo gap è soprattutto politica in quanto deve essere vista nel contesto più ampio della digitalizzazione di un paese. Non si tratta solo di fornire infrastrutture e strumenti ma di un approccio culturale che metta di nuovo al centro la formazione e l’istruzione. “Utilizzeremo le risorse del Recovery Fund per la scuola. Per le infrastrutture edilizie, per digitalizzare completamente la scuola italiana, contrastare la dispersione scolastica, migliorare il rapporto numerico tra studenti e docenti”, ha dichiarato qualche giorno fa il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. In effetti nel lungo elenco dei progetti per il Recovery Fund molti sono dedicati alla scuola come #Scuolefuture proposto dal Ministero dell’Istruzione per la transizione al digitale della scuola italiana attraverso la trasformazione di 368.000 spazi per le lezioni in ambienti innovativi; la creazione di 2.700 Digital Labs per le professioni digitali del futuro e la digitalizzazione delle strutture amministrative. Costo: 2.688.000.000. Oppure Scuol@Italia per la creazione di un sistema permanente di sviluppo delle competenze digitali nella scuola, sempre proposto dal Ministero dell’Istruzione. Costo: 1.012.000.000.

Insomma tutta una serie di misure per realizzare la scuola di domani. Chi si ricorda La Buona Scuola ovvero la Legge 107/2015? Uno dei pilastri era il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), documento di indirizzo del Miur per il lancio di una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana che prevedeva quattro passaggi fondamentali: strumenti, competenze, formazione ed accompagnamento. Il Piano era stato presentato una prima volta nel 2007 e l’obiettivo principale era promuovere ambienti innovativi, per esempio con la diffusione capillare della Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) o per la formazione di competenze digitali per i docenti. L’obiettivo, ora come allora, è lo stesso: fare in modo che il “diritto ad Internet” diventi una realtà a partire dalla scuola. È in arrivo anche un voucher fino a 500 euro per accedere a servizi di connessione internet a banda larga ad alta velocità e per disporre di un tablet o un computer. L’intervento prevede un fondo di 200 milioni per circa 2,2 milioni di famiglie a basso reddito ma non vale per acquisti diretti. Intanto nuovi casi di Covid-19 tra studenti stanno già causando la chiusura di molte scuole, sia nei centri delle città che nelle periferie, per molti ragazzi il rischio di essere relegati ai margini della società è alto.

Twitter @mariaelenaviggi