Caccia aperta al lavoro specialistico. La flessibilità è ancora la soluzione?

scritto da il 13 Ottobre 2020

Il concetto di flessibilità lavorativa viene spesso “percepito” come “licenziamento”. La logica, che di solito sottende a questo concetto, è piuttosto semplice (e vagamente influenzata dallo storytelling dei sindacati): “Io azienda, cattiva (che te lo dico a fare) voglio fare più profitti e allora tu dipendente ti licenzio e poi, se sei bravo, ti ri-prendo con modalità flessibile.” Perché non ribaltiamo la cosa? Il concetto di flessibilità lavorativa e contrattuale funziona in entrambi i sensi. Contestualizziamo il tema. A partire dall’autunno è probabile che nel nostro Paese ci sarà un acutizzarsi della crisi. Molte delle aziende che operano in settori “esperienziali” sono danneggiate: discoteche, viaggi, ristorazione, hotel etc…

Vi sono, tuttavia, aziende di manifattura, costruzioni, ricerca tecnologica, digitale che hanno tenuto bene. A queste si aggiungano tutte aziende strategiche innestate in una grande filiera come quelle di Enel, Eni, Leonardo etc.. La lenta riapertura dei mercati (a partire da quello cinese) implica nuove commesse e progetti. Non mi riferisco a semplici produzioni, ma parlo anche di progetti infrastrutturali (la BRI cinese non si costruisce da sola), industria pesante e leggera etc..

Come gestire la contrattualità di, poniamo, 100 saldatori per una commessa che durerà un anno? In un momento di crisi, brutto a dirlo, ma assumerli in pianta stabile è rischioso. In un momento di crisi un andamento dei fatturati stile montagne russe è probabile. La soluzione più ovvia è la flessibilità contrattuale.

“Difficile immaginare che gli imprenditori avranno commesse stabili nel tempo”, mi spiega Silvia Oliva della Fondazione Nord-est. “È ovviamente plausibile immaginare che le imprese possano ricevere commesse per progetti; tuttavia la variabile temporale implica una difficile pianificazione delle risorse umane. Un tema a mio avviso molto importante è quello contrattuale. Ad oggi abbiamo la forma dei contratti a tempo determinato che hanno una valenza legale limitante per le aziende che necessitano di immediatezza per procedere a risolvere una commessa. Purtroppo negli ultimi anni si è smesso di parlare di questo tema. Basta vedere cosa succede oggi. Con lo smartworking vi sono dei buchi che il legislatore non ha coperto. In questo momento siamo ad un’impasse. Se le aziende non trovano un modo per compensare queste normative, al termine dei sostegni statali, avremo un problema molto serio di eccedenza di personale su alcune aree e carenza su altre.”

Il tema flessibilità può anche essere un indicatore della salute economica. Con la premessa che ci sia sempre uno scarto temporale tra incarico e inizio dei lavori durante i quali le aziende hanno la possibilità di regolare le risorse umane, in particolare integrando risorse flessibili, questo ci consente di avere delle previsioni, in anticipo di qualche mese, su come si sta muovendo l’economia italiana.

“In base alla nostra percezione del mercato frutto anche di oltre 8.000 clienti con cui lavoriamo, principalmente PMI, sono ragionevolmente ottimista che ad ottobre molte aziende possano avere commesse aggiuntive a cui devono fare fronte.” Mi spiega Rosario Rasizza, Ceo di Openjobmetis e presidente di Assosomm, l’Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro. “Con le aziende con cui collaboriamo abbiamo rilevato continuità di richiesta di risorse in somministrazione nei mesi tardo primaverili ed estivi. Questo significa che molte aziende, anche se danneggiate dal lockdown, hanno iniziato, appena possibile, a produrre. Anzi, vedendo la necessità di oggi di risorse aggiuntive a quelle in organico, è evidente che stiano accelerando e che abbiano nuovi progetti. Il mese di agosto 2020 in particolare ha fatto registrare un andamento simile al mese di agosto 2019 e il mese di settembre, in base alle stime del nostro osservatorio potrebbe far registrare un +2% rispetto a settembre dello scorso anno. Tutto questo ci fa ben sperare per un autunno caratterizzato da segnali di ripresa. La flessibilità poi ha due grandi vantaggi, spesso meno percepiti. Prima di tutto, la capacità di gestire la produzione aggiuntiva immediatamente. Secondo, la possibilità di valutare tra le risorse flessibili, quelle più adatte per un percorso di formazione e, quando le commesse si stabilizzano, avere già personale pronto da assumere in pianta stabile.”

I ruoli che saranno più ricercati

Comprendere quali settori stiano muovendosi in segno positivo, in termini di progetti e opportunità di lavoro, è vitale. È bene evitare false speranze: finché non sarà definito un percorso strutturato e sicuro, la maggioranza delle attività legate all’esperienza saranno danneggiate o limitate nel loro operare. Mi riferisco al mondo della ristorazione, l’accoglienza e tutte le altre attività ad esse legate (guide turistiche, organizzatori di eventi etc ..). a questi si deve aggiungere, probabilmente, quella fascia di attività che insistono sul business travel. La maggioranza delle aziende hanno deciso di limitare o annullare le trasferte. A questa scelta si associa quella dello smartworking, ottima soluzione preventiva ma il danno all’economia del dettaglio (dai ristoranti ai negozi) è evidente.

grafica-corredo-articolo-econopoly-def-01

Fonte Assosomm

“Almeno per tutto il 2021 ci sarà molta variabilità”, mi spiega Oliva. “Vedo molto bene l’agro-alimentare. Magari con una distribuzione digitale tramite piattaforme di e-commerce proprietarie o terze. I centri commerciali temo avranno forti inflessioni. Sanità, medicale e logistica (che ha grande necessità di flessibilità, Nda) procederanno spediti e in crescita.  Per la stragrande maggioranza dei settori molto dipende dalla capacità che avranno per adattarsi al mercato che sta cambiando. La stessa percezione del cambiamento e la sua messa a terra, richiede risorse a livello manageriale, valide ed egualmente flessibili. Penso al recente fenomeno del fractional executive, ormai divenuto uno standard di managerialità. Esiste poi il tema del rallentamento della domanda, o commesse irregolari, che richiederanno flessibilità, in termini di risorse umane. Le aziende dovranno divenire più liquide. Tutti i programmi statali passati, dal Tremonti bis, hanno permesso di acquisire macchinari con elevati standard digitali. Ora mancano le persone che possono valorizzarli. Anche in questo caso vedo necessità di flessibilità ed esperti”, chiarisce Oliva.

Sul tema ci arriva anche Rasizza di Openjobmetis. “Se escludiamo le aziende legate alle attività esperienziali, le altre, appena hanno avuto l’autorizzazione a procedere, hanno cominciato a riprendere a pieno regime i progetti e le commesse sospese durante il lockdown. Se osserviamo i profili che ci vengono richiesti, abbiamo ricerche aperte per tutti coloro che hanno delle competenze tecniche specifiche: i tecnici specializzati, tornitori, saldatori, informatici, tecnici di laboratorio, qualsiasi attività che richieda una specializzazione. Trovo più preoccupante lo scenario per coloro che sono dei generalisti”.

Dove ci sarà la ripresa?

Se ancora usiamo la flessibilità come “indice”, per mappare la geografia della ripresa, possiamo comprendere quali regioni o province si stiano muovendo. Bene inteso che questa geografia potrebbe ulteriormente mutare a causa di eventi esogeni, pensiamo al recente caso di Stellantis (Ex Fca, Ex Fiat) che ha dichiarato di voler usare fornitori francesi (di fatto togliendo lavoro a quelli italo-piemontesi).

“Consideriamo il fattore flessibilità, ci sono alcune regioni che la sanno valorizzare meglio di altre. Questo sia a causa delle industrie che insistono sul territorio sia per un approccio e una mentalità più fluida, da parte della governance aziendale. Veneto e Lombardia sono regioni che hanno sofferto molto. Sono tuttavia aree dove la presenza di manager di lunga carriera, anche nella governance familiare di Pmi, permette una pianificazione strutturata. In questo senso la flessibilità è vista come un grande valore per ottimizzare risorse valide e contratti spot. L’Emilia-Romagna è stata intaccata in modo minore rispetto al nord: la sua industria legata al settore farmaco-medicale ha continuato a operare, pur con tutte le limitazioni imposte dal lockdown”, conclude Oliva.

Se vogliamo focalizzarci sui singoli distretti o filiere, il punto vista di Rosario Rasizza ci aiuta a mappare meglio le singole industrie.

“Nelle Marche, per esempio, il settore calzaturiero si sta muovendo bene. Penso, per esempio, alle industrie della componentistica che producono suole sia per uso industriale (scarponi da lavoro, stivali etc., Nda) che per uso leisure. Anche il distretto del legno del Friuli-Venezia Giulia sta procedendo nella giusta direzione.  La produzione di occhiali, specialmente da sole, vede la zona di Belluno in ripresa. Anche il settore agroalimentare procede spedito, in particolare grazie all’e-commerce dove è aumentata la domanda di personale per assistenza al cliente da remoto”, conclude Rasizza.

Ora con la premessa doverosa che le imprese, gli imprenditori  e i Ceo hanno responsabilità complesse da gestire, è bene ricordare che le loro responsabilità sono sia nei confronti dei loro dipendenti che dei loro azionisti (o soci). Seguendo questa logica un’impresa che, a fronte di un bando o un nuovo progetto, decide di valorizzare la flessibilità su nuove posizioni lavorative, si assume un grande impegno nei confronti della società civile e il mondo del lavoro. I prossimi anni saranno sfidanti, e, per molti lavoratori, la flessibilità può rivelarsi l’inizio di un percorso e una carriera stabili, un passaggio obbligato a cui ognuno deve prepararsi.

Vuoi parlarne con me?

Sono @EnricoVerga su Twitter oppure trovami su LinkedIn