Sanità pubblica e privata: collaborazione e non ideologia

scritto da il 30 Ottobre 2020

Quando si parla di sanità privata è fondamentale innanzitutto definire con grande attenzione i suoi contorni. La confusione nasce dal fatto che ci sono privati i quali erogano il servizio – in nome e per conto del Sistema sanitario nazionale – attraverso un meccanismo di accreditamento, budget e lista di prestazioni secondo tariffe stabilite dalle regioni.

A mio modo di vedere questa non è la parte “privata” della sanità, ma semplicemente una scelta tecnica su chi debba essere l’erogatore tra soggetti pubblici e privati. Personalmente ritengo che il criterio da applicare in questi casi sia semplice: chi ha la migliore capacità di “fare salute”, entro limiti economici uguali per tutti, dovrebbe beneficiare di maggiori risorse pubbliche. Sono totalmente laico e non ideologico in merito a erogatori pubblici e privati di questa parte della sanità.

La parte privata della sanità propriamente detta è quella in cui i pazienti pagano di tasca propria (Oop, out-of-pocket) oppure tramite una copertura assicurativa. L’Italia ha un sistema sanitario nazionale con una dotazione di risorse intorno ai 120 miliardi di euro all’anno (pre-Covid), mentre la componente privata si aggira intorno ai 40 miliardi.

Le domande da porsi sono:

1. Per creare salute e servizi adeguati ai cittadini chi deve fare cosa tra pubblico e privato?

2. Nel momento in cui una attività è non-invasiva, può un cittadino pagarla e acquistarla liberamente oppure deve essere “protetto” da sistemi autorizzativi che lo impediscano?

3. È in grado il sistema pubblico di soddisfare la richiesta di salute dei cittadini e – in caso in cui non lo sia e in attesa che lo diventi – è lecito lasciare ai privati la possibilità di erogare quelle prestazioni, creando quindi un gap tra chi se lo può permettere e chi no?

4. Quanto i dati sui percorsi di salute misti pubblico-privati debbano essere inseriti dentro un unico sistema rendendo trasparente all’ennesimo clinico le attività fatte?

Medici ed infermieri al lavoro nei reparti di terapia intensiva dell' ospedale modulare Covid allestito nell'area dell' Ospedale del Mare e Napoli 20 ottobre 2020 ANSA / CIRO FUSCO

Medici ed infermieri al lavoro nei reparti di terapia intensiva dell’ospedale modulare Covid allestito nell’area dell’Ospedale del Mare e Napoli 20 ottobre 2020
ANSA / CIRO FUSCO

Si potrebbe entrare nel merito di singoli casi, ma a mio modo di vedere l’approccio preferibile è il seguente:

1.Quello che non sta dentro ai Lea (livelli essenziali di assistenza), deve essere erogato privatamente

2. Alcuni livelli di servizio (tempi di attesa ultrarapidi, servizi alberghieri particolari e così via) devono poter essere acquisiti privatamente se si ritiene che quelli erogati dal sistema pubblico non siano sufficienti

3. I servizi che rispondono “all’ansia” dei pazienti, ma che non è sensato finanziare pubblicamente, devono poter essere acquisiti nel mercato privato (ad esempio le cosiddette “second opinion mediche”)

4. I servizi “estetici” devono poter essere acquisiti privatamente (ad esempio l’ortodonzia)
Relativamente agli aspetti che hanno un impatto sulla salute, il pubblico deve mostrarsi capace di avere i parametri di servizio adeguati. Nel momento in cui non li ha, invece di impedire ai privati di sopperire a quella mancanza, dovrebbe in parte collaborare con gli stessi relativamente alle proprie carenze, e poi lavorare al miglioramento continuo dell’offerta pubblica. Impedire ai privati di erogare quelle prestazioni per evitare la competizione con l’offerta pubblica è un fenomenale errore che viene sistematicamente commesso in Italia su questo tema.

I dati clinici creati da erogatori pubblici e privati dovrebbero essere inseriti in un unico sistema accessibile a tutti i clinici che prendono in carico il singolo paziente, ovviamente previa autorizzazione dello stesso.

A ben guardare, ogni sistema sanitario del mondo è misto pubblico/privato, con varie combinazioni di spesa pubblica, Out-of-Pocket e assicurazioni. Trovare i punti di equilibrio tra i due ambiti è l’esercizio fondamentale per creare un sistema orientato alla salute dei cittadini. L’ideologia pubblicistica o di mercato è il grande nemico di ogni discussione seria sul tema. Più che in altri temi dobbiamo cercare “quello che funziona” e misurare ossessivamente gli outcome dei vari sistemi. Purtroppo in Italia fare esperimenti su temi come questi sembra quasi impossibile.

Auspico un sistema pubblico forte che collabora con un sistema privato altrettanto forte, seduti fianco a fianco ed entrambi proiettati a garantire su tutto l’interesse dei cittadini.

Twitter @lforesti