Rilancio e risparmi con una vera semplificazione della malaburocrazia

scritto da il 20 Novembre 2020

Post di Dario Immordino, avvocato, dottore di ricerca in diritto interno e comunitario –

Gli adempimenti burocratici, costano al sistema produttivo e alla finanza pubblica nazionale circa 150 miliardi di euro in termini di “oneri di transazione”, debiti non pagati nei confronti delle imprese, sprechi di risorse che non consentono di ridurre la pressione fiscale nella media Ue, costi del deficit logistico-infrastrutturale. Per far fronte a questa insostenibile situazione e semplificare un sistema troppo complicato e “ricco” di regole si invocano nuove leggi, ma la “semplice” applicazione delle norme vigenti renderebbe il contesto italiano molto più efficiente e competitivo

Per fronteggiare le drammatiche conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria le politiche pubbliche si sono sinora incentrate sull’immissione di risorse nel sistema economico sociale attraverso una vasta congerie di contributi, sgravi e agevolazioni.

L’attuazione di questo genere di misure richiede, però, il completamento di iter procedurali lunghi ed articolati (distribuzione delle risorse tra le diverse aree territoriali, assegnazione a regioni ed enti locali di budget di spesa e risorse, adozione dei provvedimenti attuativi, definizione e completamento degli iter burocratici di istruttoria ecc); di conseguenza la proliferazione di oneri e l’inefficienza burocratica rischiano di pregiudicare la tempestiva erogazione delle risorse: emblematiche al riguardo la vicenda dei gravi ritardi nella corresponsione dei fondi relativi alla cassa integrazione e le difficoltà che hanno ostacolato la fruizione delle agevolazioni creditizie disposte a favore delle imprese.

Nelle more della definizione di queste complesse procedure si rivela pertanto indispensabile alleggerire il pesante fardello di adempimenti burocratici che, secondo accreditati studi, costa al sistema produttivo e alla finanza pubblica nazionale circa 150 miliardi di euro in termini di “oneri di transazione”, debiti non pagati nei confronti delle imprese (1), sprechi di risorse che non consentono di ridurre la pressione fiscale nella media Ue (2), costi del deficit logistico-infrastrutturale (3).

Secondo una recente ricerca dell’Istituto Ambrosetti la cosiddetta malaburocrazia sottrae al sistema produttivo nazionale 57 miliardi di euro in termini di costi organizzativi e di consulenza ed assistenza tecnica amministrativa, legale e finanziaria, indispensabili per districarsi tra le infinite disposizioni normative che disciplinano i procedimenti amministrativi e gli innumerevoli adempimenti richiesti, per interpretare criptiche clausole di bandi, circolari, risoluzioni, istruzioni operative, nonché di oneri per le spese procedurali ed il contenzioso, che spesso costituisce un approdo inevitabile.

A questi ingenti costi bisogna, peraltro, aggiungere gli oneri indiretti: i ritardi nella conclusione dei procedimenti amministrativi, nelle procedure di appalto, concessione ed autorizzazione, nel pagamento delle fatture privano il sistema produttivo di liquidità preziosa, provocano ritardi nel pagamento dei dipendenti e dei fornitori, dei tributi e contributi, che sfociano in contenzioso e azioni esecutive, e le imprese sono spesso costrette ad attingere al credito finanziario assumendo debiti cui diventa sempre più difficile far fronte.

Molto ingenti sono anche i costi dell’inefficienza per le casse pubbliche: i ritardi nella definizione delle innumerevoli istanze di sanatoria edilizia che giacciono da anni presso gli uffici comunali privano gli enti di notevoli risorse, i ritardi nella realizzazione di opere pubbliche e investimenti produttivi determinano una consistente riduzione del gettito tributario e spesso anche onerose spese di risarcimento.

Per far fronte a questa insostenibile situazione e semplificare un sistema troppo complicato e “ricco” di regole si adottano nuove leggi.

Ma l’iter legislativo è lungo ed articolato e sulla sua definizione non ci sono garanzie. Le leggi, inoltre, per produrre effetti concreti devono essere correttamente attuate, ed i provvedimenti attuativi spesso non vengono adottati o vengono emanati con anni di ritardo: basti pensare che non sono ancora stati adottati 251 dei 257 provvedimenti necessari per dare attuazione alle leggi varate dall’attuale Governo (il 98% del totale)(4).

Raramente, peraltro, l’approvazione di nuove leggi costituisce una panacea per la malaburocrazia: la prima applicazione spesso genera incertezza e contenzioso e occorre aspettare decine di sentenze, circolari interpretative, istruzioni e direttive agli uffici, e diversi anni, per risolvere i contrasti tra le diverse disposizioni normative, stabilire quali norme applicare e con quali modalità, le amministrazioni che acquisiscono nuovi compiti hanno bisogno di tempo per metabolizzarli, talvolta vengono creati nuovi uffici, enti, autorità che sostituiscono o affiancano quelli esistenti, cambiano gli adempimenti e la modulistica, i cittadini si trovano di fronte a numerosi disagi.

Emblematico il caso del cosiddetto decreto semplificazioni che persegue gli obiettivi deregolamentazione e alleggerimento degli oneri burocratici attraverso una vasta gamma di misure eterogenee: procedure semplificate in materia di appalti pubblici, limitazione della responsabilità dei dipendenti pubblici per i danni alla finanza pubblica, accelerazione dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi, razionalizzazione degli adempimenti procedimentali, detrazioni fiscali per gli oneri introdotti da atti normativi, nuove regole e strumenti per la digitalizzazione dei servizi pubblici, ridefinizione degli interventi di manutenzione straordinaria e di ristrutturazione edilizia, modifiche in materia di permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, di silenzio assenso in materia edilizia, misure di semplificazione degli interventi di ammodernamento o di realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, nuove norme e procedure concernenti la stabilità finanziaria degli enti locali,modifiche al codice della strada.

Al di là della effettiva capacità di simili disposizioni di alleggerire il carico di oneri che grava sul sistema economico, è evidente, infatti, che l’adozione di un articolato ed eterogeneo campionario di misure di carattere generale (come quelle sul procedimento amministrativo) e settoriale (urbanistica, appalti, amministrazione digitale ecc), di provvedimenti ad efficacia durevole (urbanistica) e temporanea (in materia di appalti e responsabilità erariale), di modifiche alle norme precedenti richiede una delicata e complessa opera di coordinamento e comporta rilevanti rischi di incertezza e difficoltà applicative.

D’altronde l’esperienza ultradecennale insegna che i ritardi e la proliferazione di oneri non dipendono tanto dalle disposizioni sui procedimenti amministrativi, ma dalla incapacità di rispettarle, dalla diffusa prassi di richiedere adempimenti non necessari e documenti inutili o in possesso delle amministrazioni pubbliche, di interrompere pretestuosamente i termini (pareri non previsti dalle disposizioni normative ecc), di disertare le conferenze di servizi o ritardarne gli adempimenti.

Basti pensare che se le regole esistenti venissero correttamente applicate i procedimenti amministrativi si concluderebbero entro 30 giorni, ed i più complessi entro 180, le amministrazioni non richiederebbero pareri inutili e documenti già in possesso loro o di altre amministrazioni, annullerebbero spontaneamente i provvedimenti illegittimi, molti procedimenti lunghi e complessi potrebbero essere sostituiti da accordi con i privati o altre amministrazioni, i procedimento che richiedono l’acquisizione di pareri, nulla osta o atti di diverse amministrazioni verrebbero conclusi in conferenza di servizi entro 45 o al massimo 90 giorni, numerosi adempimenti sarebbero sostituiti da autocertificazioni, comunicazioni, dichiarazioni e segnalazioni, il silenzio assenso e il sistema degli sportelli unici renderebbero certi i tempi e ridurrebbero i passaggi burocratici, le imprese verrebbero pagate entro termini ragionevoli.

La “semplice” applicazione delle norme vigenti, pertanto, non risolverebbe tutti i problemi, ma renderebbe il contesto italiano molto più efficiente e competitivo, con notevoli benefici per cittadini e imprese e ricadute positive per l’economia nazionale.

A tal fine basterebbe l’attuazione di strumenti ampiamente conosciuti e diffusi nelle realtà amministrative più efficienti: misurazione degli oneri amministrativi ed eliminazione di quelli non necessari, attento monitoraggio dei tempi burocratici, riorganizzazione dell’amministrazione pubblica in modo da eliminare sovrapposizioni e duplicazioni di competenze, informatizzazione dei procedimenti, condivisione delle basi informative, possibilità per gli utenti di compilare, e non solo reperire, on-line la modulistica, in modo da ridurre i tempi di protocollazione e caricamento delle istanze e dei relativi allegati.

Bisogna inoltre garantire l’attuazione effettiva delle norme taglia oneri da parte delle strutture burocratiche, rendendo dirigenti e dipendenti responsabili dei risultati raggiunti dalla propria struttura in relazione ad obiettivi concreti e misurabili.

Attualmente, invece, la retribuzione di risultato (che impegna consistenti risorse) viene riconosciuta anche ai responsabili di strutture amministrative inefficienti, che accumulano ritardi e contenzioso, e la Corte dei conti ha rilevato che in alcune circostanze dirigenti e dipendenti condannati per gravi episodi di spreco di risorse pubbliche sono stati addirittura premiati con il trattamento accessorio e progressi di carriera.

Ciò dimostra che il nodo cruciale consiste nella capacità di calibrare l’attribuzione degli incarichi ed il trattamento economico dei dipendenti pubblici in relazione al rispetto dei tempi di conclusione dei procedimenti, alla promozione di accordi con i privati ed altre amministrazioni per semplificare i procedimenti, alla condotta in conferenza di servizi, al contenzioso provocato ed ai relativi esiti, ai tempi di pagamento dei debiti verso le imprese piuttosto che in relazione a criteri generici.

Queste misure renderebbero il sistema produttivo molto più efficiente e competitivo, e produrrebbero notevoli riduzioni di costi e di adempimenti per i cittadini e consistenti risparmi per i bilanci pubblici.

Nota metodologica

(1) I debiti commerciali della Pa nei confronti dei propri fornitori ammontano a 53 miliardi di euro (Fonte: Banca d’Italia, Relazione per l’anno 2018, pag. 145);
(2) La malaburocrazia in ambito sanitario costa alla collettività circa 19miliardi  di euro ogni anno: 6 per corruzione e sprechi, 13 per inefficienza negli acquisti ( “Curiamo la corruzione 2017” presentato, curato da Transparency international Italia, Censis, Ispe sanità e Rissc), le inefficienze del settore del trasporto pubblico 12,5 miliardi di euro all’anno (Fonte: The European House Ambrosetti-Ferrovie dello Stato). Secondo i dati e le valutazioni del Discussion paper 23 Commissione Europea gli eccessi di spesa dovuti all’inefficienza amministrativa irrigidiscono il prelievo fiscale e ne impediscono la riduzione.
(3) I dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti quantificano in 40 miliardi il “costo” del deficit infrastrutturale italiano a carico del sistema economico italiano, secondo un recente report della SACE (gruppo Cassa Depositi e Prestiti), questo gap con gli altri competitori europei ci fa perdere 70 miliardi di euro di export ogni anno (cfr rapporto export 2018 “Keep calm & made in Italy”).
(4) Dati Presidenza del consiglio, elaborazione openpolis (ultimo aggiornamento: mercoledì 4 Marzo 2020)