Focalizzarsi sulle cose inutili: il tempo e il lavoro nella legge di Parkinson

scritto da il 23 Novembre 2020

Post di Jacopo Pagni, laurea triennale presso l’Università di Pisa in Economia Aziendale e laurea magistrale presso l’Università di Roma La Sapienza in Business Management. Intern presso l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo

L’economia comportamentale ci suggerisce come, gli individui, nel prendere le loro decisioni, diano troppa importanza alle cose irrilevanti.

Non è inusuale il vecchio adagio che le organizzazioni e le pubbliche amministrazioni non siano efficienti durante i loro processi decisionali. Generalmente può sembrare strano che le aziende discutano molto riguardo a piccoli investimenti, mentre prendano decisioni quasi immediate quando si tratta di argomenti all’ordine del giorno più sostanziali.

L’economia comportamentale in questo senso può dare una mano a fare luce su questo aspetto, lanciando un campanello d’allarme che non può essere sottovalutato. Cyril Northcote Parkinson descrive questa tendenza come un vero e proprio bias cognitivo.

Parkinson nella sua prima legge definisce così il problema: “Il lavoro si dilata in modo da riempire il tempo a disposizione per il suo completamento”, fornendo un esempio che può sembrare un po’ datato. Si parla di una donna anziana che passa un intero giorno per scrivere e mandare una cartolina a suo nipote. A causa di una serie di attività che deve portare a termine (tra cui trovare la cartolina giusta, scriverla, imbucarla, etc.), la nonna del ragazzo spende un’intera giornata nel fare quello che ad una persona “impegnata” per usare le parole di Parkinson richiederebbe solo tre minuti di tempo. Per questo egli sostiene che non ci sia relazione alcuna tra il lavoro da svolgere e la dimensione del personale a cui può essere assegnato.

Parkinson continua dicendo che prima della formulazione della sua prima legge, questo paradigma era poco riconosciuto. Egli, nel suo libro “La Legge di Parkinson” (1942), prosegue la sua analisi descrivendo una potenziale situazione che comunemente può accadere in una pubblica amministrazione o in un’azienda.

Parkinson nota che i politici presumano necessario che un crescente numero di dipendenti pubblici debba riflettere un crescente volume di lavoro da fare. Il fatto è che il numero dei dipendenti e la quantità del lavoro non sono vicendevolmente correlati. L’incremento di questo numero di impiegati è governato dalla Legge di Parkinson e sarebbe più o meno lo stesso se il volume del lavoro stesso crescesse, diminuisse, o scomparisse.

L’autore spiega come la validità di questa Legge sia basata su due affermazioni assiomatiche:

1. Un funzionario vuole moltiplicare subordinati, non rivali

2. I funzionari lavorano l’uno per l’altro

Per esemplificare come funzionino questi due punti Parkinson presuppone che ci sia un dipendente pubblico A, oberato di lavoro. A ha tre rimedi: rassegnare le proprie dimissioni; chiedere che il suo lavoro sia spartito con il collega B; chiedere che gli siano forniti due subordinati, C e D.

Rassegnando le proprie dimissioni egli perderebbe i suoi diritti pensionistici. Nominando B come suo collaboratore, al suo stesso livello di gerarchia, egli assumerebbe un potenziale rivale per una ipotetica promozione alla posizione di W, una volta che W va in pensione, di base i rivali sono sempre scomodi. Quindi A decide di virare sulla terza soluzione, avvalendosi di C e D come subordinati. Dividendo il lavoro in due categorie, tra C e D, A avrà il merito di essere il solo che può comprenderle entrambe. A questo punto C e D sono inseparabili, nominare ad esempio solo C sarebbe non sufficiente perché mancherebbe una parte del lavoro richiesto, quella di D.

C, da solo, dividerebbe il proprio lavoro con A e dunque assumerebbe uno status uguale a quello precluso in prima istanza a B, pur rimanendo un sottoposto di A. Non appena C si lamenterà di essere oberato di lavoro A dovrà, con l’accordo di C, trovare due assistenti che supportino C. Tuttavia A può eliminare un attrito interno organizzando un appuntamento per trovare due assistenti anche a D, la cui posizione è la medesima di C. Con l’assunzione di E, F, G e H, la promozione di A sarà praticamente certa. Anche se, sette funzionari, sette, stanno facendo ora il lavoro che, in prima istanza, avrebbe dovuto fare solo uno di loro, A.
Parkinson a questo punto analizza la sua seconda affermazione: I funzionari lavorano l’uno per l’altro. Questi sette lavoratori lavorano molto l’uno per l’altro da risultare completamente occupati e A sta lavorando più duramente che mai. Supponiamo arrivi un documento. E decide che questo cade nella provincia di F, il quale prepara una bozza da presentare a C, che la modifica drasticamente prima di consultare D, il quale chiede a G di occuparsene. Tuttavia a questo punto G va in congedo, consegnando il fascicolo a H, che redige un verbale firmato da D e torna a C, che rivede la sua bozza e presenta la nuova versione ad A.
Cosa fa A a questo punto? Avrebbe ogni scusa valida per firmare il documento senza leggerlo, poiché è oberato di lavoro ed ha molte cose alle quali dover pensare.
Parkinson non si limita ad analizzare la gestione dei processi soltanto nell’ambito della pubblica amministrazione, propone una legge più incentrata sull’aspetto finanziario: la Legge della Banalità.

Secondo Parkinson il tempo speso ad ogni punto all’ordine del giorno sarà inversamente proporzionale alla somma in questione. Prendere decisioni di gruppo richiede un trade-off tra efficacia e accuratezza. Secondo Parkinson le decisioni dei gruppi sono superiori a quelle individuali, ma i gruppi richiedono più tempo per trarre conclusioni e raggiungere degli accordi.
Parkinson descrivendo questa legge porta l’esempio di una ipotetica commissione delle finanze che si occupa del punto 9 su una lunga agenda: un investimento di 10 milioni di euro per creare un reattore nucleare. Questa discussione dura circa 2 minuti e 30 secondi, dopodiché la commissione approva il punto. Tuttavia, secondo Parkinson, un ipotetico punto 10, ossia l’investimento di 2.350 euro per costruire un capannone per biciclette da far usare al personale dell’ufficio, chiunque nella commissione avrebbe qualcosa da dire.

La Legge di Parkinson è stata dimostrata valida in diverse situazioni lavorative. Dato il giusto incentivo, le persone aggiustano il loro ritmo di lavoro al vincolo di tempo imposto dall’attività. Bryan e Locke nel 1967 affermarono che lo sforzo, o il ritmo di lavoro, è adattato alla difficoltà percepita del compito intrapreso; se il tempo a disposizione per completare una determinata attività è più lungo del necessario, il ritmo sarà rallentato per riempire il tempo assegnato.

Parkinson offre una chiave di lettura sotto la lente dell’economia comportamentale. Questa prospettiva è una ulteriore conferma di come uno studio multidisciplinare e un approccio sistemico a tutto ciò che accade nel campo economico-sociale possa dare uno spunto di riflessione per nuovi modelli di analisi e di problem solving.

Twitter @PagniJacopo

Letture consigliate
Cyril Northcote Parkinson, La legge di Parkinson, Monti & Ambrosini, 2011.
Bryan, J. F., & Locke, E. A. (1967). Parkinson’s Law as a goal-setting phenomenon.
Organizational Behavior and Human Decision Processes, 2(3), 258-275.