Spid raddoppia in meno di due anni e rende l’Italia un po’ più digitale

scritto da il 26 Novembre 2020

Post di Michele Leone, membro di Eutopian – Osservatorio europeo sull’innovazione democratica. Digital Media Specialist e Project Designer/Manager di progetti europei presso l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) –

SPID, ovvero l’identità digitale del Sistema Pubblico italiano, raggiunge numeri significativi, oltre 13 milioni e mezzo di identità erogate (post di AGID su Facebook). Un vero e proprio raddoppio in un tempo limitato (meno di due anni), come è agevole verificare dal sito di monitoraggio dell’avanzamento digitale del progetto SPID.

Ma come accade spesso, insieme alla notorietà, diffusione ed accettazione dell’importante strumento di collegamento tra Pubblica Amministrazione e cittadino, ci si deve anche confrontare con disagi più o meno importanti. Ad esempio, pochi giorni fa, il 3 novembre, data del “click day” del bonus mobilità per il rimborso dell’acquisto di veicoli a propulsione prevalentemente elettrica, ha riportato SPID alla ribalta nelle prime pagine dei giornali quotidiani. Oltre 1 milione di utenti hanno sovraccaricato in poche ore i server degli identity provider di SPID con code virtuali di 80.000 persone in attesa, cosa che ha causato anche uno strascico nei giorni successivi attraverso un attacco di phishing dei soliti hacker a danno degli utenti SPID, come segnalato in questa comunicazione ufficiale dal CERT-AGID.

Episodi come questi sono prevedibili e anche risolvibili nell’ottica dell’utilizzo sempre più intensivo di SPID e di sistemi digitali. L’episodio “click day” del #bonusmobilita ha un lieto fine, poiché gli utenti rimasti bloccati nelle code virtuali avranno, ha garantito il Ministero dell’Ambiente, il rimborso dovuto e si spera il superamento di questa modalità di partecipazione, che ora prende il nome del #NoClickDay.

Per questi motivi ed in base alla mia esperienza personale ho traguardato quota dodici, poiché solo in questa settimana ben dodici interventi mi hanno “impegnato”, nel senso che ho dovuto assicurare supporto a parenti, amici e vicini di casa per poter comprendere come attivare ed utilizzare il suddetto SPID. Un piccolo cluster si dirà, ma rappresentativo di fasce di età, di lavoro o professione esercitata, grado di preparazione e predisposizione al digitale. Il mio è stato un tutoring dedicato, di persona quando possibile, o a distanza tramite videochiamata che inquadra un cellulare mentre è aperta l’app su uno smartphone che inquadra un monitor del pc!

Ora mi chiedo, il Digitale quello con la D maiuscola, quello da usare tutti i giorni, quello by default di cui esperti di digitalizzazione discutono tra Intelligenza artificiale e processi di innovazione, riempiendo pagine virtuali di blog, post e articoli, deve passare anche per questi piccoli passi di inclusione digitale popolare?

spid-identita-digitale

Gli interventi di consulenza digitale su SPID che ho effettuato in stile public servant, anche se prevaleva la rete familiare o amicale, appaiono sempre più opportuni e sostanziali, nonché necessari, e nascono dalle continue novità ed accelerazioni su un mondo sempre connesso e digitale che, in questi mesi scanditi da obblighi “emergenziali” in cui si convive con un nemico/virus invisibile ma presente, sono dettati anche da scelte che grandi amministrazioni, vedi INPS, hanno effettuato prevedendo d’ora in poi la sostituzione del PIN con l’accesso con SPID. In forza dell’art. 64, co.2bis e ss. del CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale) l’Agenzia per l’Italia digitale ha il compito di favorire la diffusione di servizi in rete e agevolare l’accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese, anche in mobilità. A tal fine è istituito, a cura di AGID, il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID). Quindi l’obiettivo che AGID si pone è sempre stato quello di “aumentare” le identità SPID nel Bel Paese.

Mi sia consentita un’annotazione personale, questo era il tenore della domanda che la commissione di concorso mi ha sottoposto alla fine del colloquio per entrare come consulente in AGID. Ne ho un ricordo nitido e preciso: “Siamo un paese con l’età media alta, il dato DESI sulla digitalizzazione dei cittadini italiani ed europei ci vede in ultima fila o quasi. Pochi cittadini hanno SPID (all’epoca poco più di sei milioni). Come fare ad aumentare questo dato?”. Invero la domanda era ben posta, magari provocatoria, e la risposta che ho dato è stata diretta, perentoria.

L’approccio al tema identità digitale e alla sua diffusione sono magari considerati elementari da esperti tecnologi, tuttavia a mio avviso esso deve essere considerato principale e non residuale. Dopo qualche minuto di riflessione risposi che per ottimizzare tempi e dinamiche, ed avendo come obiettivo gli over 60, si poteva prevedere di organizzare un progetto pilota, dove i soggetti attuatori erano costituiti da un team di giovani, di studenti delle superiori ed esempio, con dei progetti di Alternanza Scuola-Lavoro dove gli si spiegava SPID in primis e successivamente i processi di autenticazione e di accesso, formandoli ad hoc per farli diventare “Tutor SPID” ad interim. Questi studenti erano quindi pronti, con degli strumenti fisici come dei totem touchscreen situati dentro e fuori gli uffici postali, ad esempio, e spiegavano al target selezionato, ovvero i pensionati in attesa alle Poste e pronti per il ritiro della pensione, cosa era SPID e contestualmente erano in grado di attivare loro, in presa diretta e de visu, l’identità digitale.

A ripensare quel momento, pur così decisivo per la mia esperienza professionale, un sorriso si allunga sul mio viso e così, leggendo qualche giorno fa diversi articoli che esprimevano la difficoltà degli Identity Provider SPID di rilasciare identità digitali in tempo data l’affluenza massima di queste settimane e che si optava per una autenticazione via video, quindi remota, mi sono chiesto come mai abbiamo lasciato trascorrere tanto tempo invano.

Non passa giorno che la Pubblica Amministrazione, D.P.C.M. dopo D.M., continua a ribadire l’importanza del lavoro agile, che deve costituire una delle modalità ordinarie dello svolgimento della prestazione lavorativa, come da ultimo ribadito a chiare lettere dall’art.1 co.1 DM Dadone su Smart Working nella P.A..

Anche i numerosi concorsi pubblici che ad inizio 2020 sembravano inondare la PA con nuovi e giovani professionisti, nella loro fase di iscrizione richiedevano l’accesso obbligatorio tramite SPID e Posta elettronica certificata, che si aggiunge alla firma digitale che oramai o è remota o sei out! Ciò detto, siamo di fronte a velocità sostenuta ad un reale cambiamento del panorama lavorativo al motto di “indietro non si torna”. Ma noi italiani siamo pronti?

Lo scrittore e finanziere Guido Maria Brera si è impegnato nell’argomentare una teoria che delinea il Bel Paese come un territorio per lo smart working, una sorta di co-working esteso su tutto il territorio nazionale. Professionisti di tutto il mondo potrebbero lavorare con il laptop sulle gambe vista litoranea salentina o di fronte al lago di Como per passare alle lussureggianti colline toscane. Il passo è lungo ed è frastagliato di incognite, prima fra tutte la mitica Banda Ultra Larga che a fatica “connette” la nostra penisola.

Ma ad oggi, noi cittadini, pubbliche amministrazioni, operatori del digitale, insegnanti, medici e personale sanitario, politici e burocrati, siamo pronti quindi al cambio di passo o di paradigma come oggi si suole ripetere?

Mi piace racchiudere quanto detto in una frase o meglio in un hashtag da cui si evince la necessità di perseverare, anche in maniera elementare, ripartendo dalle identità digitali e dalla formazione ai dipendenti pubblici e privati sul cloud, sul versionamento dei documenti, sulla scrittura condivisa degli stessi e sulla firma digitale, perché questa è la strada da perseguire.

Ah, mi è appena arrivata una notifica e sto per “entrare” in una call da casa… accendo webcam, led e microfono e ci siamo!
#ilfuturoèsolodigitale