Convergenza evolutiva: qualche idea sul futuro dei media

scritto da il 08 Dicembre 2020

C’è stato un tempo in cui i delfini e le balene camminavano. Un bel giorno uno di loro si sarà detto “ma che sto a fare qui fuori, vado in acqua che sto al fresco.” Buttate dentro qualche milione di anni di evoluzione e abbiamo mammiferi a forma di pesce. Il concetto si chiama convergenza evolutiva: una forma di vita che si adatta e assume sembianze e abitudini di un’altra per colmare la stessa nicchia.

1convergenzaFonte: Mcgraw-Hill

Cosa c’entra con i media? Tutto.

Nel mondo media includo: giornali cartacei-online, Tv, Radio e i nuovi media come le piattaforme sociali (sotto processo in Usa Facebook e Twitter per la sezione 230). Il tema è complesso quindi ho voluto prendere ispirazione da un grande giornale, il Wall Street Journal, che di recente ha rilasciato una memo interna (ripresa come leak da Buzzfeed) spiegando che “o ci si evolve o si muore”. Per dare un tocco italiano ho pensato di avere una messa a terra con Michele Franzese, che da anni opera nell’online creando eventi media e progetti (come quello di Heroes Meet in Maratea).

Il concetto di piattaforma & clienti

Se il WSJ posta un articolo (con un link) su Facebook chi possiede il traffico generato dal post? Per dirla semplice: la gente che visiona la preview dell’articolo di chi è cliente? Teoricamente l’utente di Facebook, si suppone, dopo la preview sulla piattaforma sociale approfondirà cliccando sul link che porta al WSJ. Si potrebbe quindi dire che l’utente diventerà cliente del WSJ. Non proprio. Se definiamo “cliente” colui che compra un servizio o prodotto (nell’esempio un abbonamento al WSJ per leggerne gli articoli) non è detto che ogni utente, dopo aver visto il link su Facebook, vada a leggere l’articolo sul sito del WSJ. Al contrario: stante l’attenzione media dell’utente (7-9 secondi) per molti il condividere un link è il modo standard di “mostrare cultura”.

Riassumiamo il pensiero dell’utente medio in modo grezzo: “Io utente di Facebook non leggo l’intero articolo del WSJ che è complicato. Do un’ occhio al titolo, lo condivido tra la mia rete, così mostro di essere uno informato e son contento.” Se nessuno clicca per leggere l’articolo “il potenziale cliente” non esiste. Ma quando l’utente spende 30 minuti sulla piattaforma sociale mettendo like, condividendo preview di articoli non letti (forniti dai giornali), commentando un post etc… l’utente è “cliente” della piattaforma. Facebook (o altra piattaforma) avrà il tempo di studiare l’utente, capire cosa gli piace o meno, fare correlazioni e vendergli servizi o prodotti terzi (magari di aziende che comprano pubblicità anche sui giornali). Creare contenuti e distribuirli su piattaforme terze (non di proprietà della Tv, giornale etc..) significa lavorare gratis e dare soldi (l’attenzione degli utenti a cui viene proposta al pubblicità di aziende terze) alle piattaforme sociali stesse. Per capire quanto le piattaforme (Amazon, Facebook, Microsoft, Alphabet-Google e Apple) si stanno espandendo rispetto ai media osserviamo questa infografica.

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Fonte. Newly Revised Map Charts Media, Entertainment And Technology Universe

Mi spiega Franzese. “La sfida ora, per molte testate, è avere le risorse interne o esterne per valorizzare questi contenuti. Non mi riferisco al valore intrinseco della notizia, ma alla possibilità che possa essere un’esca (il concetto in gergo si definisce come azione di Click-bait, Nda) per comprendere chi sono i propri utenti-cliente. Il passo successivo è analizzarli, frazionarli e poter offrire differenti soluzioni di valorizzazione agli inserzionisti pubblicitari. L’epoca dei banner pubblicitari è preistoria”.

Se in Italia questo concetto non è ancora ampiamente diffuso in America ci stanno arrivando. Significativo il risultato del NYT che ha aumentato gli abbonamenti divenendo sempre di più una piattaforma media a 360 gradi: include infografiche (poche parole ma tante immagini che anche un analfabeta può capire), articoli dinamici, video etc..

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Fonte. NYT

Le forme di vita in convergenza evolutiva

Vi sono due principali gruppi che dovranno convergere verso la stessa evoluzione. Menzioniamole per mappare i loro pro e i loro contro (o deficit evolutivi che dovranno affrontare).

1. Piattaforme di commercio (Amazon etc..) e sociali (Facebook, et..)

Pro.

Hanno grande capacità di generare contatti qualificati. Hanno un database per gestire i dati raccolti e valorizzarli grazie a processi di analisi avanzata (da Aws in poi).

Contro.

Sono disperatamente alla ricerca di contenuti che possano generare traffico di utenti e quindi potenziali contatti. In questo caso, per esempio, Amazon già da tempo sta correndo ai ripari generando contenuti proprietari, per attirare e studiare potenziali clienti (Amazon Prime per fare un esempio). Facebook sta testando differenti soluzioni, dal pagare i media per pubblicare nella piattaforma (Australia) al generare contenuti che diano dipendenza stile nicotina (testimonianza presso il congresso americano dell’ex Monetization manager). LinkedIn mira ad utenti di qualità: sta reclutando, a livello globale, giornalisti che creano, internamente, contenuti business per attrarre e mantenere gli utenti all’interno della piattaforma.

2. Media tradizionali (Giornali, tv, radio & Co)

Pro.

Hanno molti contenuti e ogni giorno ne sfornano altri. La preparazione media dei creatori di contenuti (siano essi giornalisti, produttori etc..) è elevata.

Contro.

Sono mediamente indietro di 5-10 anni rispetto alle piattaforme sociali o di commercio, sono fortemente dipendenti da lead generati da fonti terze (di solito le piattaforme) che, in pratica, acquisiscono i contatti dei media convertendoli in utenti-clienti per la piattaforma stessa e il suo ecosistema (e non quello del media).

“Lo scenario di convergenza evolutiva è qualcosa di poco familiare, nel panorama dei media”. Chiarisce Franzese. “L’evento pandemia e il conseguente lockdown ha permesso a molte aziende di sperimentare nuove strategie per mantenere il contatto con i propri utenti. Se gli e-commerce e le piattaforme sociali hanno avuto un grande successo, i media han dovuto forzare se stessi per ridurre rapidamente la distanza tecnologica.”

Le idee di Franzese sono in linea con quanto scrivono gli autori del report del Wsj che, riassumendo dicono “l’abbiamo sempre fatto così ma ora non basta più se vogliamo avere un futuro”.

Soluzioni ne abbiamo?

Il Wsj indica la via per i media, ma c’è molto da fare. Resta da comprendere chi avrà le risorse da dispiegare (economiche, umane, tecnologiche) per evolvere in un sistema completo.

“Se osserviamo ecosistemi non occidentali il caso Alibaba, con tutte le sue partecipate e/o spinoff, rappresenta un ecosistema perfetto.” Mi spiega Franzese. “Il campione cinese è spesso paragonato ad Amazon; è un paragone sbagliato. Alibaba è un ecosistema praticamente completo che include contenuti, sistemi di pagamento, e-commerce e tutta una serie di servizi aggiuntivi e integrati a questi tre principali blocchi: questa totale integrazione permette all’utente di essere sempre dentro nell’ecosistema”.

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Fonte: Seeking-alpha

Ovviamente non è ipotizzabile che tutte le forme di vita che stanno convergendo si evolveranno come Alibaba, tuttavia è plausibile una loro interazione e specializzazione. Come le piattaforme sociali ed e-commerce stiano evolvendo o convergendo lo abbiamo già accennato: creano loro contenuti. Resta ora da comprendere come invece possano evolversi i media tradizionali.

– Eventi on line

Studiati per integrare l’esperienza di contenuti con quella della condivisione. L’utente adora dialogare e confrontarsi (quello che di solito fa sulle piattaforme sociali) e il loro successo è in continua crescita (tra i media americani quanto meno).

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Fonte: Leaks internal Wall Street Journal Report

“Gli eventi online, permettono di consolidare un rapporto più diretto con il proprio utente. Ma è importante che siano coinvolgenti. Un evento unidirezionale dove chi parla non ascolta e non replica diventa noioso e viene rapidamente abbandonato” mi spiega Franzese. “Consideriamo che solo quest’anno, in Italia, nonostante l’evento pandemico, il mondo degli eventi ha reagito realizzando migliaia di piccole iniziative. Alcune decine, di quelle più rappresentative, si stima abbiano coinvolto oltre 2 milioni di persone. Un potenziale enorme di utenti che, grazie al consumer journey tutto digitale, possono, una volta ingaggiati, essere più facilmente compresi per offrire loro servizi e prodotti a cui sono interessati. A questo si aggiunga che un evento online offre opportunità inedite in termini di migliore marginalità, ingaggio di speaker internazionali e abbattimento delle barriere geografiche”. Conclude Franzese.

Sul tema dimostrano il suo successo realtà come il Financial Times che ha fatto eventi a pagamento (con grande successo) ma anche Bloomberg (Bloomberg Breakaway) e il gruppo The Atlantic che li han fatti gratis (ma la leva di interesse che han sollevato e relativi lead convertiti in utenti è stata importante).

– Ambasciatori digitali

Non si parla di avere dei dipendenti che pubblicano on line. Si tratta di avere dei veri e propri soggetti esterni che, sposando i temi o gli argomenti del media, non si limitano a condividerlo ma a interagire con essi. Scopo del media è però interagire a loro volta, rilanciando i contenuti generati dagli utenti ambasciatori.

– Dati e cloud

La necessità di avere una strategia di analisi di dati e una cloud (idealmente proprietaria) che permetta di valorizzare tutti i dati. Se l’utente “A” legge spesso articoli di commodity e di politica internazionale cosa mi dice questo? Quali tra i partner commerciali del media possono essere di interesse? È un potenziale investitore in materie prime oppure un docente universitario che può essere valorizzato invitandolo come speaker ad eventi digitali (il cui costo è, mediamente minore rispetto agli eventi reali). Se la convergenza evolutiva è la via, non “una via”, diventa sempre più vitale che i singoli organismi che ambiscono ad acquisire utenti-clienti si attivino e, evolvendosi, possano compensare le loro attuali lacune. L’alternativa non è “abbiamo sempre fatto così”. L’alternativa è l’estinzione.

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