La piccola e media editoria nella stretta di Amazon

scritto da il 10 Dicembre 2020

Secondo l’ultimo Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia (2020), redatto e pubblicato dall’AIE (Associazione Italiana Editori), nel 2019, il prezzo medio di un libro è stato di 19,93 euro. Tale dato, di primo acchito, fa registrare una crescita rispetto al 2018, ma, a ben vedere, esso non è altro che la metafora di un disagio epocale. Nel 2010, infatti, il prezzo medio di copertina era pari a 21,60 euro: ciò si traduce, in sostanza, in un calo del 7,73%. Di cosa si tratta? D’una sorta d’inflazione del libro che potremmo ridefinire come l’inflazione inversa della lettura? La provocazione è facile, com’è facile mostrarsi d’animo nobile in materia di libri: ne siamo tutti affascinati, tutti siamo un po’ lettori, ma l’Italia resta la peggiore tra i maggiori mercati editoriali europei e il nostro indice di lettura è infimo. Quindi, la sensibilità culturale e le dichiarazioni coram populo sono balle. È inutile girarci attorno e usare eufemismi d’accomodamento. Un esempio macchiettistico: quando ha cominciato a circolare la notizia del fallimento di UTET Grandi Opere, sui social network s’è scatenata la muta del pianto. Pure coloro che non hanno mai letto neppure il foglietto illustrativo dell’ovetto kinder si sono detti preoccupati per le sorti delle ‘grandi opere’.

La morale, in fondo, non riempie la pancia. Diciamolo chiaramente! Non la riempie non perché non sia funzionale e utile, ma perché si compie, il più delle volte, come proiezione pubblica, quasi fosse una sorta d’adesione del singolo cittadino ai moti perpetui della comunità. E finisce coll’essere disfunzionale o, addirittura, comica e grottesca. Diversamente, con un conto economico spartano, possiamo per lo meno immaginare quale sia la reale sofferenza della piccola e media editoria italiana. Assumiamo come dato di partenza il prezzo medio di copertina fornito dall’AIE e facciamo un calcolo approssimativo dei cosiddetti costi di produzione, almeno di quelli essenziali, in percentuale sui 19,93 euro. Per un libro di 300 pagine di formato medio, in genere, il costo di stampa equivale al 20,07%. Un valore che, molto di frequente, non si tiene in considerazione – chissà perché! – è, invece, il costo del lavoro. Il lavoro è un fattore della produzione bell’e buono: va considerato. Eccome! Nel caso in specie, incide per l’1% circa. I costi d’imballaggio, spedizione e logistica assorbono il 10,03%. Siccome all’autore bisogna pur riconoscere qualcosa, in una prospettiva di generosità, fissiamo nel 10% i diritti. A questo punto, saltiamo a piè pari le librerie e valutiamo immediatamente Amazon. Eh, sì! Amazon. Non stiamo facendo un torto ai cari vecchi librai, specie quei valorosi lottatori del comparto indipendente; stiamo solo vagliando i fatti: Amazon è ormai diventato, pur se indirettamente, un monopolista di settore. Si tratta di un vettore di distribuzione efficace ed evoluto, quindi, nulla in contrario, per carità. Però, nel bilancino alla buona, dobbiamo includerne il peso. E che peso! Tra commissioni e logistica, può arrivare al 40%, laddove una libreria molto di rado supera il 20%. La visibilità dello spazio web è elevatissima, la consegna avviene anche in 24h, gli sconti fioccano e sono eccellenti et cetera: imbattibile. Non essere presenti su Amazon per un editore è una morte commerciale. Essere presenti, però, si trasforma in agonia. Fatti due conti e riepilogando, l’editore lascia sul campo l’81,37% del prezzo copertina e dai 19,93 euro ha un guadagno di 3,78 euro. Questo significa che, se non vende almeno mille copie, la pubblicazione è un fallimento. E sappiamo per certo che un piccolo editore non può permettersi tale tiratura.

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Non ci vuole un genio dell’economia aziendale per capire che il margine di profitto, cioè la parte che la casa editrice guadagna per ogni euro generato dalle vendite, a queste condizioni, sarà sempre basso. D’altronde, se il prezzo è di 19,93 euro e il suo costo di 16,15 euro, il mark up, che è dato dal rapporto tra il prezzo del prodotto e il suo costo, equivale allo 0,03. E qui ci tocca trascurare ogni considerazione sul pricing.

Nell’incipit del documento dell’AIE, si trova un passaggio la cui interpretazione richiede una certa pazienza. Lo riportiamo per poi commentarlo con un po’ di diffidenza, sana diffidenza.

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Il risultato cui fa riferimento il redattore dell’AIE è quello concernente il fatturato del mercato del libro, che, nel 2019, ha raggiunto 3,037 miliardi, cifra che viene immediatamente giudicata come un discreto successo. Si tratta, infatti, del +2,8%, percentuale che fa seguito al +3% del 2018. Sulla base di questi numeri, si dovrebbe festeggiare senza esitazione.

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Nella realtà, i festeggiamenti sono per lo meno da rinviarsi. Leggendo per intero il frammento, infatti, si scopre che nella stima dell’incremento è compreso Amazon; la qual cosa, pur non togliendo alcunché, naturalmente, alla crescita del settore, rispedisce la piccola e media editoria in un angolino buio. Andando oltre, rileviamo un’altra notizia simile a quella appena esposta.

Il comparto è sempre più proiettato verso l’estero: nel 2019 si conferma la crescita nella vendita dei diritti, con un +8,7% rispetto al 2018.

Non possiamo che gioirne, sia chiaro! Resta tuttavia che piccoli e medi editori non possono partecipare alla gioia, in considerazione del fatto che non hanno quasi mai le risorse per raggiungere i capitali esteri. A questo punto, per consentire al lettore una visione completa dell’intreccio statistico-documentale pubblichiamo l’intero brano (la sintesi del report è reperibile qui).

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S’è detto fin dall’inizio che vogliamo tenerci a debita distanza da ogni deriva moralistica e non intendiamo, di certo, venire meno all’impegno. Però, è appena il caso di spendere qualche parola sulla questione moral-fiscale. Non troppe. Quelle sufficienti a che non si dimentichi. Il colosso dell’e-commerce per dieci anni ha beneficiato di un trattamento privilegiato da parte del Lussemburgo, riuscendo ad eludere ‘elegantemente’ le tasse, tanto che, nell’ottobre del 2017, la Commissione Europea, nell’emettere la condanna di pagamento di 250 milioni di euro, ha dichiarato che “tre quarti dei suoi profitti non sono stati tassati”. Certo, se tre quarti dei suoi profitti non sono stati tassati per tanto tempo, 250 milioni di euro sembrano un regalino. Transeat!

Nel frattempo, però, le librerie chiudono e gli editori annaspano anche per le “condizioni economiche inaccettabili richieste agli editori”. Il virgolettato non è un errore e non proviene dalla solita retorica ‘social’. Si tratta, invece, di parole di denuncia fedelmente prelevate dal comunicato con cui le Edizioni E/O hanno avuto il coraggio di dire di no ad Amazon. Sì, avete letto bene. Sandro Ferri e Sandra Ozzola, fondatori della casa editrice E/O, non hanno abbassato la testa, non si sono piegati e hanno mostrato eroicamente e romanticamente il petto al nemico. La notizia non è recente, intendiamoci! Ma permane il suo indiscutibile valore.

Adesso, sarebbe facile chiosare e far leva sulle emozioni che accomunano tutti i lettori, così da guadagnare consensi, ma preferiamo lasciare spazio alle parole del comunicato di E/O (potete leggere il comunicato integrale qui), che, ancora una volta, introduciamo con l’avverbio “fedelmente”. Sì, le riportiamo “fedelmente” perché sarebbe ingiusto emendarne il contenuto.

Ci è stato richiesto uno sconto (quello che gli editori pagano ai distributori e alle librerie come loro “quota” del ricavo finale) a loro favore, troppo gravoso per noi e neppure giustificato dal volume dei loro affari con la casa editrice. Di fronte al nostro rifiuto, Amazon ha sospeso l’acquisto di tutti i nostri libri e ha reso quelli che aveva in magazzino. (Attualmente sul loro sito i libri E/O cartacei sono in vendita solo attraverso soggetti terzi, quindi a condizioni più sfavorevoli per tempi di consegna e per costi di spedizione addebitati al cliente). A questo punto i consumatori potrebbero dire che si tratta di negoziazioni tra imprese e che a loro interessa solo avere un buon prezzo e un servizio efficiente. Il nostro punto di vista è che siamo in presenza di un’azienda che tende pericolosamente e con parziale successo ad avere una posizione dominante nel mercato del libro, sicuramente per quanto riguarda il settore dell’e-commerce. Quindi non un’azienda qualsiasi, ma QUELLA che potrebbe in futuro essere l’unica (o quasi) venditrice di libri. È evidente che il pericolo per la libertà di espressione è reale, costante e quotidiano. Inoltre le case editrici hanno bisogno di margini economici sufficienti per investire nella ricerca di nuovi autori e di nuove proposte. Se questi margini vengono troppo erosi, le case editrici rischiano di sparire (assieme alle librerie, agli autori e a tutto il mondo del libro).

È un parere: è vero. E nessuno impedisce ad Amazon di esercitare il sacrosanto diritto di replica. Ma i numeri non sono opinabili. Nello stesso tempo, ci rendiamo pure conto del fatto che la legge del mercato è dura e qualche piccolo fiore, di tanto in tanto, viene pur calpestato a vantaggio del progresso economico. D’altronde, se oggi possiamo acquistare certi prodotti a prezzi sempre più bassi, dobbiamo anche accettare che alcuni lavoratori siano sfruttati o costretti a lavorare in condizioni proibitive, le librerie chiudano e così via. “Scelte” si direbbe. E noi non possiamo più scegliere.

 

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