I rischi di una patrimoniale e i modi efficaci per proteggersi

scritto da il 12 Dicembre 2020

Autore di questo post è Costantino Forgione, consulente finanziario –

La crisi sanitaria provocata dall’epidemia Covid19 e le misure imposte per contenerla hanno provocato un forte rallentamento dell’economia, con successive misure straordinarie da parte dei governi di tutto il mondo per cercare di sostenere imprese e famiglie durante la crisi.

Nel caso dell’Italia, le misure di emergenza aumenteranno il debito pubblico portando il rapporto Debito/PIL dal 135% al 160% nel 2021, valore non lontano da quello raggiunto dalla Grecia nel 2011 poco prima di essere costretta a chiedere aiuto alla “Troika” (EU, BCE e FMI).

Ci si chiede quindi come sarà possibile per il Paese uscire da una situazione debitoria sempre più grave: i ripetuti accenni di alcuni esponenti politici italiani alla “forza del risparmio privato italiano” hanno alimentato i timori di possibili manovre che in qualche modo “attingano” a tale risparmio privato per diminuire il debito pubblico.

È di questi giorni la proposta di una nuova imposta patrimoniale che andrebbe a colpire i patrimoni netti superiori ai 500.000 euro (immobili inclusi).

Per quanto i timori di patrimoniali possano essere giustificati, dobbiamo tener presente che le manovre finora attuate dal Governo hanno lo scopo di limitare i danni economici del lock-down e la recessione che ne conseguirà, con calo degli investimenti, chiusura di attività produttive, perdite di posti di lavoro.

Un’imposta patrimoniale andrebbe in direzione opposta a quella che il Governo ha seguito finora: i soggetti che ne fossero colpiti affronterebbero il futuro con fiducia ancor minore di quella attuale, aumentando il risparmio, diminuendo consumi e domanda di beni e servizi, sottraendo capitali vitali alla ripresa dell’economia (magari espatriandoli, anche se come vedremo non servirebbe a nulla).

Una patrimoniale avrebbe quindi un impatto recessivo che limiterebbe l’efficacia degli sforzi fatti finora per far ripartire l’economia, oltre ad essere elettoralmente disastrosa per chiunque la varasse: di questo sembra rendersene conto perfino parte del nostro attuale Governo.

Nell’immediato il rischio di nuova patrimoniale sembra quindi limitato, almeno finché le politiche della Banca Centrale Europea con forti acquisti dei nostri Titoli di Stato e quelle della Unione Europea volte a garantire fondi a bassissimo costo ai paesi membri garantiranno all’Italia quell’accesso ai mercati che ci è vitale per il rifinanziamento del debito.

In futuro invece, una volta usciti dall’emergenza, una qualche patrimoniale per ridurre il debito pubblico diventerà più probabile.

Quello che invece è possibile già a breve è una revisione delle imposte patrimoniali esistenti. Non tutti lo ricordano, ma in Italia esistono già una quindicina di patrimoniali: le principali, con il loro gettito, sono rappresentate in tabella.

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Le aliquote di queste patrimoniali preesistenti potrebbero essere ritoccate al rialzo senza dover introdurre nuove imposte.

Una futura revisione delle imposte di successione è una delle più probabili: in Parlamento, peraltro, c’è già una proposta di legge in tal senso, la n.2830 del 2015.

In effetti l’elevata franchigia attuale di 1.000.000 ddi euro ad erede, l’esenzione dei Titoli di Stato, la bassissima aliquota fiscale sul trasferimento eccedente la franchigia tra parenti in linea retta (4%) fanno dell’Italia, da questo punto di vista, un vero paradiso fiscale. Negli altri paesi europei le franchigie sono nettamente inferiori e le aliquote fiscali arrivano fino al 60% della Francia: nel 2018 il gettito fiscale da imposta su successioni e donazioni è stato in Francia di 14,3 miliardi di euro (0,8% del Pil), contro solo 0,82 miliardi in Italia (0,05% del Pil – fonte Ocse).

Questa misura potrebbe avere anche consenso sociale (e quindi elettorale), in quanto andrebbe a colpire una fascia minoritaria della popolazione, la più abbiente.

Come ridurre il rischio di una eventuale patrimoniale?
Vediamo prima quali delle proposte avanzate finora non funzionerebbe e perché.

Aprire un conto all’estero: La legge impone ai residenti italiani detentori di conti esteri di segnalarlo alla Agenzia delle Entrate tramite la compilazione del modulo RW della dichiarazione dei redditi: il fisco deve sapere dove teniamo i nostri soldi per poter imporre il pagamento del dovuto in Italia, anche se depositiamo i risparmi fuori dai confini nazionali.

È bene ricordare che tramite il CRS – “Common Reporting Standard”, lo scambio automatico delle informazioni fiscali è ormai esteso praticamente a tutti i paesi del mondo (Svizzera inclusa) e al fisco italiano non sfugge più nulla.

Aprire un conto all’estero e non dichiararlo ci esporrebbe ad un rischio ben maggiore di quello della patrimoniale, in quanto il fisco ci individuerebbe grazie al CRS e le sanzioni penali ed amministrative in questo caso sarebbero molto pesanti. Se avete un conto all’estero dichiaratelo, se non lo avete è meglio, non vi protegge comunque e, dati i costi, vi penalizza da solo quanto una mezza patrimoniale, ogni anno.

Investire in prodotti d’investimento esteri: Non servirebbe, perché tali strumenti di investimento sarebbero comunque detenuti tramite un intermediario italiano (Banca/Sim/Sgr) che agisce da sostituto d’imposta: una volta che l’intermediario fosse chiamato ad effettuare una imposizione fiscale sulle attività finanziarie andrebbe a colpire tutti gli investimenti, sia di diritto italiano che di diritto estero.

Tenere il contante in una cassetta di sicurezza: Anche se detenere contante in cassetta è lecito, il suo successivo utilizzo è soggetto a forti limitazioni ed è segnalato per utilizzi superiori a 2000 euro (1000 euro dal 1 luglio 2022).

La banca comunque segnala alla Agenzia delle Entrate che il contribuente possiede una cassetta di sicurezza: qualora il fisco scoprisse che deteniamo contante in cassetta lo considererebbe probabile frutto di evasione fiscale e ci chiederebbe di giustificarne il possesso, pena gravi sanzioni.

Acquistare immobili: gli immobili sono i primi cespiti che possono essere colpiti da patrimoniale, come nell’attuale proposta. Sorvolando sulla continua erosione del valore reale degli immobili residenziali italiani, un immobile non è occultabile al fisco, è già sottoposto ad elevata tassazione e la prospettata revisione delle rendite catastali non fa certo presagire una futura diminuzione dell’imposizione fiscale.

Farsi fare un assegno circolare intestato a sé stessi: a parte i problemi della scadenza dell’assegno e della sua custodia, il relativo prelievo dal conto ed il suo successivo versamento comporterebbe una movimentazione bancaria che attirerebbe subito l’attenzione del fisco (tramite l’anagrafe dei conti correnti).

Acquistare oro fisico in monete o lingotti: ci sono mille controindicazioni, ma la principale è che non servirebbe, anche gli acquisti di oro fisico per un controvalore superiore ai 12.500 euro è soggetto a segnalazione alla UIF per la normativa antiriciclaggio, quindi il fisco lo saprebbe comunque.

Vediamo invece cosa si può tentare:
È bene dirlo subito, un modo certo per proteggersi del tutto non esiste. Ci sono alcuni interventi che invece, se attuati per tempo, possono diminuire i rischi:

Togliete i soldi dal conto corrente: sui conti correnti italiani sono depositati più di 1.680 miliardi di euro che, oltre a non rendere nulla e perdere potere d’acquisto tra inflazione, tasse e costi vari, rappresentano una ricchezza evidente ed immediatamente aggredibile.

Se possedete più case, cedete la nuda proprietà a moglie/marito/figli: Mantenendo il solo usufrutto ridurrete il rischio di maggior imposizione fiscale sulle seconde case.

Prendete la residenza all’estero (chi può): è perfettamente legale, anche se è difficile da attuare in pratica, poiché bisogna effettivamente trasferire tutto all’estero (case, investimenti, lavoro), viverci per la maggior parte del tempo e non avere più nulla o quasi in Italia, pena il sospetto di “estero vestizione” che comporterebbe l’accertamento fiscale.

Versate nel vostro Fondo Pensioni Integrativo:
Le somme versate in un fondo pensioni non sono nella disponibilità del risparmiatore e non dovrebbero quindi essere assoggettate a patrimoniale. I contributi versati potranno poi essere riscattati al momento del pensionamento (come rendita vitalizia o al 50% in capitale e 50% in rendita) o per specifiche necessità anche prima della pensione.

Investite in Polizze Vita:
Le polizze vita sono uno strumento di investimento assicurativo che, per le sue caratteristiche di tutela e protezione della persona, sono privilegiate da un punto di vista normativo e fiscale. Il legislatore infatti, riconoscendo i meriti delle polizze, ne prevede:
– insequestrabilità e impignorabilità (se sottoscritte “in bonis”)
– esenzione dall’imponibile dell’asse ereditario
– tassazione agevolata a scadenza
– esenzione dall’imposta di bollo che colpisce gli investimenti finanziari

Le particolari caratteristiche delle polizze e le tutele che il legislatore ha voluto concedere a questo strumento le rendono l’unico investimento che ha qualche possibilità di renderle esenti da una eventuale patrimoniale.

Evitate le polizze “unit linked”, generalmente rischiose e carissime, ed acquistate polizze di puro ramo primo (Gestione Separata assicurativa) o multiramo a prevalente componente di ramo primo, prestando attenzione ai rendimenti, ai costi ed alle commissioni dello strumento che vi viene proposto. Alcune polizze sono buone solo per chi le vende, le migliori riescono invece a riconoscere al sottoscrittore, dopo i costi, rendimenti del 2% annuo circa, esente bollo. Il capitale in gestione separata è garantito dalla Compagnia.

Le polizze vita non hanno scadenza, possono durare tutta la vita ed essere poi liquidate ai beneficiari, ma possono anche essere riscattate dal sottoscrittore che desideri riavere indietro il capitale investito, o trasformarlo in rendita vitalizia. I beneficiari indicati in polizza possono sempre essere modificati, anche più volte, e possono ricomprendere soggetti non facenti parte dell’asse ereditario, nei limiti della quota disponibile.

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