Ricerca e sviluppo: un mito ancora lontano. Per l’Italia un po’ di più

scritto da il 08 Marzo 2021

“Fare cose vecchie in modo nuovo – questa è innovazione”, diceva Schumpeter.

Ricerca e sviluppo (R&S) sono definite come “complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere l’insieme delle conoscenze, sia per utilizzare tali conoscenze per nuove applicazioni” (Treccani).

Ad oggi, ricerca e sviluppo ricoprono un ruolo determinante nell’indirizzare i Paesi verso un’espansione economica sostenibile. Ma perché investire in ricerca? Semplice: a nuove conoscenze corrisponde un’evoluzione in più settori, dalla produzione di beni all’erogazione di servizi all’avanguardia. Da ciò consegue un incremento dei rendimenti, un aumento della competitività e, in ultima analisi, la crescita economica nel medio e lungo termine.

L’orizzonte europeo

Con l’avvento della globalizzazione negli anni ‘80, la competizione in campo innovativo e tecnologico si è inasprita, anche a causa della pressione delle economie nascenti. La Comunità Europea ha quindi intensificato la collaborazione interna nel ramo della ricerca, arrivando nel 1984 a finanziare l’ESPRIT, il Primo programma quadro (1984-1988) di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie e dell’informazione. Il progetto aveva come finalità la fornitura all’industria delle tecnologie di informazione e di base utili a soddisfare i requisiti in tema di competitività di quegli anni, l’incoraggiamento alla cooperazione industriale e il predisporre la strada a normative internazionali.

Gli investimenti in ricerca e innovazione sono poi aumentati durante lo scorso decennio dopo lo scoppio della crisi del 2008: l’obiettivo era quello di uscire dalla depressione anche attraverso l’impiego di risorse in R&S, con l’intento di dar vita a un modello europeo che avesse come scopo il potenziamento economico e la prevenzione di recessioni future.

Nel novembre 2011 è stato esposto il pacchetto legislativo per Orizzonte 2020, il primo programma UE che pone l’accento sulla necessità di integrare ricerca e innovazione tramite un maggiore supporto ai settori pubblico e privato. In tal sede il Continente si è posto come obiettivo il raggiungimento del 3% del PIL da collocare in ricerca e innovazione. Proposito certamente ambizioso se consideriamo l’impiego dell’1,77% nel 2007. Guardando ai dati Eurostat, nel 2012 l’Europa ha raggiunto la soglia cuscinetto del 2%, arrivando però nel 2017 a impiegare solamente il 2,08% del PIL. L’obiettivo è in vista, ma la strada è ancora lunga.

Per raggiungere la soglia comunitaria del 3%, ogni Paese dell’Unione ha disposto una soglia obiettivo in relazione alla propria economia. Il range varia dallo 0,5% dell’isola di Cipro al 4% di Finlandia e Svezia. L’obiettivo italiano, invece, è atteso all’1,53%.

È importante sottolineare che, stando agli ultimi dati disponibili (2017), solamente tre Paesi hanno superato il target nazionale: Cipro (+0,06%), Danimarca (+0,05%) e Germania (+0,02%). L’Italia, presentando un investimento dell’1,37%, galleggia in una situazione mediana e, nonostante non abbia raggiunto l’obiettivo, non sarebbe eccessivamente lontana dalla meta. Diversa è invece la condizione di nazioni quali Estonia e Romania, risultanti essere le più distanti dalla concretizzazione dello scopo (rispettivamente -1,71% e -1,5%).

L’Europa nel mondo

Come preannunciato, una delle finalità degli investimenti in R&S è quella di rimanere in gara nell’inesauribile corsa al rinnovamento a livello mondiale. In tal senso l’Europa non ha ancora colmato il divario con le principali potenze globali facendosi sorpassare anche dalla Cina, unica grande nazione che sino al 2015 era rimasta un passo indietro. Nel decennio considerato, gli Stati Uniti presentano una situazione pressoché invariata. In Giappone, invece, si riscontra un lieve decremento. Situazione opposta in Corea del Sud, cresciuta nell’intervallo analizzato di 1,43 punti percentuali.

Il quadro italiano

Nella Penisola i maggiori investimenti in ricerca e sviluppo si concentrano nella zona settentrionale, con Piemonte ed Emilia-Romagna che superano abbondantemente l’obiettivo nazionale (rispettivamente +0,69% e +0,43%), seguite da Friuli, Provincia autonoma di Trento e Lazio (+0,04%, +0,03% e +0,02%). La maggior parte delle regioni meridionali si piazza a metà classifica. La Calabria appare essere la regione che investe meno nel settore, registrando un gap dall’obiettivo dello 0,96%.

Ricerca e sviluppo restano un mito ancora lontano. Ad oggi non si sono raggiunti i propositi né a livello europeo né a livello nazionale, preferendo investire in altri campi. Tuttavia, rimane indubbio che il collocamento di risorse in tal senso porti a considerevoli benefici nel medio-lungo periodo. Potremmo quindi dire che senza innovazione non c’è progresso?

Probabilmente sì. Citando Drucker: “L’innovazione è lo strumento specifico dell’imprenditoria. L’atto che favorisce il successo con una nuova capacità di creare benessere”. E v’è forse qualcosa di più importante del creare benessere? Probabilmente no. L’auspicio è che il mito si trasformi in realtà, il desiderio in concretezza e l’incertezza in decisioni.

Asya Peruzzo