Come sarà Milano tra dieci anni? Ci penserà la transizione ecologica

scritto da il 09 Marzo 2021

L’autore del post è Enrico Mariutti, ricercatore e analista in ambito economico ed energetico. Founder della piattaforma di microconsulenza Getconsulting e presidente dell’Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG). Autore di “La decarbonizzazione felice” 

Milano, marzo 2030.

La locomotiva d’Italia si è lasciata alle spalle la pandemia del 2020/2021, ha superato brillantemente la successiva crisi economica scommettendo sulla sostenibilità ed è diventata la capitale europea del green business.

Colpita duramente dal virus, la città è rinata mettendo al centro del suo programma di rilancio quelle stesse fragilità che, fino all’avvento del SARS-CoV-2, non sapeva di avere.

Dopo aver detenuto per molti decenni il triste primato di città più inquinata d’Europa adesso, nel 2030, Milano compete per qualità dell’aria con Stoccolma e Copenaghen.

Inizialmente le autorità si erano accodate al modello nord-europeo, pianificando ingenti investimenti nelle energie rinnovabili e nella mobilità elettrica. Ma presto, atterrite dai costi sociali ed economici, hanno virato verso un modello innovativo di transizione ecologica, imperniato sulla riqualificazione urbana, sulla valorizzazione dei territori e delle capacità imprenditoriali locali.

Ispirandosi agli schemi di finanziamento ibridi sviluppati da alcuni Stati americani, come il Maryland o il Delaware, le autorità regionali hanno elaborato programmi di riqualificazione edilizia concertati con le imprese edili, le utilities energetiche e il settore creditizio, garantendo a esercizi commerciali e famiglie pacchetti di interventi di efficienza energetica a costo zero.

A partire dal 2022 il Comune ha reso obbligatorio l’impiego di materiali fotocatalitici nei lavori di rifacimento del manto stradale e delle facciate. I materiali fotocatalitici (asfalti, intonaci, calcestruzzi) catturano l’inquinamento dell’aria e, grazie alla luce solare, lo scompongono in innocui nitrati e carbonati, lasciando le superfici sempre pulite. A fronte di un aumento dei costi compreso tra l’1 e il 4% – i cui contraccolpi sono stati ampiamente mitigati dal boom dell’edilizia – in un decennio la misura ha permesso di abbattere la concentrazione di inquinanti nell’aria di circa il 30%.

Prendendo a modello esempi virtuosi come quelli di Dresda, Zurigo e Parigi la città ha messo a disposizione l’infrastruttura ferroviaria urbana per il trasporto commerciale. Nel 2030 sulle strade ferrate di Milano e dell’hinterland non viaggiano solamente i rifiuti ma anche le forniture destinate ai supermercati e ai centri commerciali, alle officine e ai centri di smistamento dell’e-commerce. Grazie ai canoni corrisposti dalle aziende l’amministrazione ha potuto potenziare il trasporto passeggeri e adesso Milano ha la metropolitana più efficiente d’Europa.

Parallelamente, la città è stata avvolta da una cintura verde che, inglobando sezioni di boschi già esistenti, arriva a coprire 400.000 ettari. Da solo questo anello di foreste amministrate assorbe 6 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno e dimezza l’effetto isola di calore che attanaglia la capitale meneghina nei mesi più caldi (stime calibrate sui valori di riferimento della FAO).

Mettendo a frutto l’esperienza del Bosco Verticale – imitato da Los Angeles a Singapore – le amministrazioni locali hanno incentivato la diffusione di green panel, giardini pensili, tetti e pareti verdi, che sono arrivati a coprire un milione di metri quadri di superfici verticali. Nel complesso, catturano circa 1000 tonnellate di polveri sottili l’anno, pari al 25% del particolato che interessa l’area metropolitana di Milano. L’investimento, circa 200 milioni di euro, è stato coperto per oltre il 70% da capitali privati, attirati dalle opportunità di brandizzazione.

Dall’alto in basso: due giardini verticali (Madrid a sinistra, Avignone a destra) e una parete verde (Southampton)

Dall’alto in basso: due giardini verticali (Madrid a sinistra, Avignone a destra) e una parete verde (Southampton)

Gran parte degli interventi di riqualificazione verde si sono concentrati nelle periferie, dove l’edilizia ad alta intensità abitativa mette a disposizione ampie superfici verticali e dove le ricadute socioeconomiche (sotto forma di alleggerimento delle bollette, miglioramento dell’appetibilità abitativa, aumento del valore degli immobili) sono più marcate.

schermata-2021-03-09-alle-10-02-37Inoltre, le “isole verdi” hanno creato un business environment ideale per le attività commerciali, in particolare quelle ristorative, stimolando la ripresa economica nei quartieri più colpiti dalla crisi.

L’infrastruttura ecologica pubblica viene gestita da una rete di cooperative che offrono un’opportunità di riqualificazione professionale alle categorie a maggiore rischio di povertà, emarginazione e criminalità. Ovviamente, a beneficio dell’intera comunità: mettendo a sistema i fondi nazionali e quelli comunitari per il contrasto al disagio sociale il servizio comporta un esborso estremamente contenuto per le casse comunali.

La città, però, non si è arroccata in una torre d’avorio: lo sviluppo è dilagato nei territori.

L’industrioso settore creditizio lombardo si è messo al lavoro, perfezionando lo schema dei Regional Green Bond abbozzato dai francesi. Nel giro di pochi anni nei territori sono confluiti miliardi di euro, che hanno trasformato il paesaggio e le prospettive di sviluppo dell’intera regione.

Grazie all’adozione di pratiche agricole innovative (agricoltura rigenerativa, da non confondere con l’agricoltura biologica o con quella biodinamica) le aziende agroalimentari più competitive nel 2030 esportano prodotti con certificazione carbon-negative, riuscendo a strappare margini di profitto più che doppi rispetto alla concorrenza. Parallelamente, contribuiscono all’abbattimento delle emissioni nazionali per circa 1 milione di tonnellate di anidride carbonica l’anno. E per il 2050 la Regione mira a decuplicare gli assorbimenti, fino a farli arrivare a 10 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.

Il settore del legno ha sperimentato un’espansione vertiginosa, tornando ai fasti degli anni ’80. I programmi di gestione forestale incentivati dalla Regione non hanno semplicemente raddoppiato la capacità di cattura delle foreste lombarde ma hanno anche messo a disposizione della filiera del mobile crescenti quantità di materia prima di buona qualità e a buon mercato. Sfruttando l’innata propensione al design e all’innovazione centinaia di aziende si stanno facendo largo nel mercato dei prodotti di fascia intermedia. Solo in Brianza i nuovi posti di lavoro sono più di 10.000 rispetto al 2020.

Ma i territori non sono più solamente campi, stalle, canali e foreste.

Il paesaggio si è popolato di fotobioreattori e vasche per la produzione di microalghe, bioraffinerie e fattorie verticali.

Una bioraffineria è un impianto ecosostenibile che trasforma gli scarti agricoli, i residui legnosi, i rifiuti organici e le colture non-food in bioprodotti

Una bioraffineria è un impianto ecosostenibile che trasforma gli scarti agricoli, i residui legnosi, i rifiuti organici e le colture non-food in bioprodotti

I fotobioreattori sono destinati alla purificazione dei gas di scarico di origine industriale, da cui estraggono fino al 90% della CO2 e degli inquinanti a un costo compreso tra 1 e 8 dollari la tonnellata. In seguito, la biomassa viene destinata alla produzione di biodiesel, etanolo, biogas o bioplastica. Nel complesso, grazie ai fotobioreattori, la Regione ha tagliato del 20% le emissioni industriali rispetto al 2020.

Diversi schemi di costruzione per fotobioreattori in scala industriale

Diversi schemi di costruzione per fotobioreattori in scala industriale

Le vasche, invece, vanno ad alimentare una filiera innovativa: quella della carne ecosostenibile. Crescendo, infatti, le microalghe assorbono gigantesche quantità di anidride carbonica. Quando la biomassa giunge a maturazione e viene trasformata in mangime animale biologico gli assorbimenti confluiscono nel bilancio della filiera della carne, contribuendo insieme al ciclo del biogas a ridurre a zero l’impronta carbonica delle bistecche.

Numerosi capannoni in stato di abbandono sono stati trasformati in fattorie verticali, strutture avveniristiche destinate alla produzione indoor di ortaggi rivolti ai segmenti di mercato più esigenti o attenti alla salute. La coltivazione indoor riduce fino a 100 volte il fabbisogno di acqua e suolo, oltre a eliminare il ricorso a pesticidi e diserbanti, contribuendo – nel suo piccolo – a rendere più ecosostenibile la produzione alimentare.

Planet Farms, la più grande fattoria verticale d’Europa (Cavenago)

Planet Farms, la più grande fattoria verticale d’Europa (Cavenago)

Molte aziende che accoppiano la produzione agricola a processi di trasformazione hanno installato i pannelli fotovoltaici sopra le colture (agrivoltaics), garantendosi un approvvigionamento energetico indipendente e beneficiando di una riduzione del fabbisogno idrico grazie all’ombreggiamento. Oltretutto, questo ha favorito la transizione verso l’agricoltura di precisione.

L’agrivoltaics è compatibile con l’agricoltura meccanizzata e rende più semplice l’automazione e l’istallazione di sensori

L’agrivoltaics è compatibile con l’agricoltura meccanizzata e rende più semplice l’automazione e l’istallazione di sensori

Con lo sguardo rivolto alla California la Regione ha varato un ambizioso programma di riqualificazione stradale: in vent’anni vuole ridipingere di bianco 30.000 km di autostrade e strade extraurbane. Complessivamente l’operazione dovrebbe produrre un effetto pari alla rimozione dall’atmosfera di 200 milioni di tonnellate di anidride carbonica (stime basate sui valori di riferimento a livello scientifico).

Los Angeles, operai municipali ripitturano una strada di bianco per migliorare la rifrazione solare

Los Angeles, operai municipali ripitturano una strada di bianco per migliorare la rifrazione solare

In Val Seriana si moltiplicano le realtà imprenditoriali innovative che occupano segmenti ad alto valore aggiunto nella supply chain dei fotobioreattori e dei bioreattori per la coltura cellulare, dei dispositivi tecnologici, della sensoristica e dei software per l’agricoltura 3.0, per la filiera della bioraffinazione e per l’efficienza energetica domestica.

Il polo fieristico di Rho è diventato il punto di riferimento globale per i prodotti e i servizi ecourbani, mentre decine di startup hanno conquistato nicchie di mercato ad alta redditività: arredi urbani, green design, macchinari per la gestione del verde urbano di nuova generazione etc.

Tra Brescia e Mantova, nel cuore del distretto lombardo della carne, è sorto il primo polo europeo per la produzione di carne sintetica. Beneficiando della diffusione in Val Seriana dell’agricoltura cellulare e mettendo a frutto il brand Italia, decine di imprese si sono fatte largo nel mercato internazionale, conquistando la leadership dei prodotti di fascia alta.

Il Politecnico di Milano collabora con il mondo imprenditoriale a decine di progetti, che spaziano dalla Carbon Capture and Storage all’idrogeno, dalle batterie di nuova generazione a dispositivi avanzati per il risparmio energetico. Recentemente ha brevettato il primo ciclo industriale al mondo capace di produrre jet fuel carbon-neutral a prezzi di mercato.

Qualcuno dirà: “ma che bel sogno!”. Beh, pensare di far ripartire il Paese raddoppiando o triplicando i prezzi dell’energia, strangolando le PMI, deturpando il territorio e deprimendo ulteriormente i consumi non è certo più realistico.

Il modello Silicon Valley non si replica scimmiottando le politiche aziendali di Facebook o Google, si replica ricreando lo stesso fermento culturale, sociale e imprenditoriale da cui nascono. E per l’Italia guardare agli USA è degradante: questo modello l’abbiamo inventato noi, il Campidoglio originale è il nostro, non il loro, sono gli americani che sono diventati grandi copiandoci, non il contrario. Rileggiamo la Storia della Roma dei Papi, della Firenze dei Medici o della Milano dei Visconti: quello che conta non sono le economie di scala o la disponibilità di materie prime ma la capacità di interpretare il senso del giusto e il senso del gusto del proprio tempo. Kalòs kai agathòs (“il bello è anche buono”), l’equazione fondamentale della nostra civiltà e, dall’avvento della globalizzazione, l’equazione fondamentale di qualsiasi attività economica.

Ficchiamocelo bene in testa: i sondaggi in tutti i Paesi occidentali incoronano l’Italia come leader culturale della civiltà occidentale (tranne la Francia, che incorona sé stessa, e noi, che incoroniamo gli USA). Non siamo una periferia del mondo come ci piace credere, siamo la fabbrica dei sogni dell’Occidente. Oramai da secoli il nostro compito non è più vincere le battaglie ma dare agli altri gli strumenti culturali per vincerle al posto nostro. Abbiamo il dovere di immaginare il futuro, di osare, di distinguerci.

La transizione ecologica è l’opportunità che aspettavamo da quarant’anni, l’occasione di un nuovo Rinascimento ma dobbiamo smettere di parlare esclusivamente di pale eoliche e pannelli fotovoltaici (per di più, made in China o made in Germany), ripartendo da una semplice domanda: come è fatto il futuro in cui ci piacerebbe vivere?

Twitter @enricomariutti