Irpef, come smettere di pagarla investendo in economia reale

scritto da il 19 Aprile 2021

Post di Costantino Forgione, Consulente Finanziario*, già Investment Banker. Esperto di finanza, investimenti e consulenza finanziaria –

In questo articolo illustrerò come i risparmiatori possano investire in aziende italiane ad alto potenziale di crescita (e quindi di redditività, ma anche di rischio) ottenendo contemporaneamente gli importanti vantaggi fiscali offerti dalla normativa italiana, norme e vantaggi che, se opportunamente utilizzati, possono azzerare l’ IRPEF dovuta dalle persone fisiche.

Gli investimenti di cui andremo a parlare:

• Danno la possibilità ai risparmiatori di utilizzare parte dei 1700 miliardi di euro di liquidità inutilmente parcheggiata su conti correnti a tasso zero per investirla in aziende italiane ad alto potenziale di crescita.

• Concedono al risparmiatore una importante riduzione della propria tassazione IRPEF, fino a potenzialmente azzerarla.

• Aiutano direttamente la vera economia reale italiana e non quella finanziaria che offre investimenti in “economia reale” inefficienti e molto costosi (vedi mio precedente articolo sui PIR Alternativi)

• Sono sostanzialmente privi di costi per i risparmiatori perché banche e distributori, con i loro costi e commissioni, sono completamente tagliati fuori.

Questi benefici sono controbilanciati dalla rischiosità insita nell’investimento azionario in PMI.

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La struttura produttiva italiana ha una fortissima presenza di PMI (Piccole e Medie Imprese): in Italia sono presenti circa 5,3 milioni di PMI che rappresentano il 92% delle imprese italiane, fatturano 2.000 miliardi di euro ed occupano oltre 15 milioni di persone, l’82% dei lavoratori del settore privato italiano (ben oltre la media EU). In pratica l’economia italiana è fondata sulle PMI.

Una PMI nasce dall’iniziativa imprenditoriale di uno o più fondatori che vogliono creare una azienda per sfruttare una nuova idea, un nuovo prodotto, una nuova tecnologia e così via. L’inventiva e la creatività degli italiani, unita alle competenze sviluppate da alcune Università e centri di ricerca all’avanguardia nel mondo, creano i presupposti per la continua nascita di nuove “Start-Up” o PMI innovative, un po’ come negli USA è successo negli ultimi 10 anni a quelli che oggi sono dei colossi, ma che ai tempi sono nati in un garage o un piccolo ufficio (Apple, Amazon, Facebook, Google ecc. sono nate così).

Italian taxes

Tuttavia, mentre negli Stati Uniti l’iniziativa imprenditoriale è un fondamento dell’economia fortemente incoraggiato e trova facilmente i capitali necessari allo sviluppo iniziale dell’azienda, in Italia non è così, un po’ per la nostra differente cultura, un po’ per un impianto normativo non adeguato ai tempi moderni, ma soprattutto perché il nostro sistema finanziario non è assolutamente attrezzato a sostenere queste iniziative: in Italia sono pochissimi (e molto piccoli) i fondi di Venture Capital che finanziano le nuove aziende che vogliono nascere e svilupparsi con il cosiddetto “seed money” seguito da successivi “investment rounds”, e le banche stanno ben lontane da questo tipo di attività.

Il primo ad accorgersi del problema ed a creare una apposita normativa per favorire l’apporto di capitale alle nuove Start-Up e PMI innovative italiane fu Corrado Passera, ministro dello Sviluppo Economico nel Governo Monti che, con il “Decreto Crescita” del 2012, introdusse per la prima volta delle agevolazioni fiscali (al 19%) per gli investimenti di questo tipo.

Successivamente l’agevolazione venne aumentata al 30% dal Governo Gentiloni nel 2017, si pensò di portarla al 40% nel 2019 (ma il Governo Conte I si “dimenticò” di comunicarlo alla Commissione Europea e non se ne fece nulla), per essere infine portata al 50% dal Governo Conte II con il Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 dicembre 2020 e seguito da un ulteriore Decreto Attuativo del 15 febbraio 2021.

Purtroppo il D.L. 34 del 2020 è stato scritto così male (prevedendo inoltre una complicata procedura per poter accedere alle agevolazioni al 50%) che in questo articolo ci concentreremo sulla agevolazione al 30% del Governo Gentiloni tutt’ora in vigore, che è di semplice e certa applicazione.

Sappia comunque il lettore che, con qualche difficoltà in più, in alcuni casi è possibile raggiungere una agevolazione fiscale del 50%.

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Venendo al dunque, la normativa prevede che una persona fisica che contribuisca all’aumento di capitale di una Start-Up o PMI innovativa ha diritto ad un incentivo fiscale pari al 30% del capitale investito purché questo venga mantenuto almeno 3 anni. Si badi bene, per le persone fisiche si tratta di una detrazione di imposta, cioè tasse in meno da pagare, non di una deduzione dalla base imponibile poi soggetta a tassazione (per le persone giuridiche invece si tratta di una deduzione dalla base imponibile).

È una agevolazione fiscale enormemente superiore a quella dei PIR venduti dalle banche: i PIR prevedono, dopo 5 anni di investimento, l’esenzione dalla tassazione al 26% delle sole (eventuali) plusvalenze sul capitale investito, mentre qui l’agevolazione è certa, immediata e pari al 30% dell’intero capitale investito, non delle sole plusvalenze, e per di più su un investimento da detenere per tre soli anni anziché cinque.

Il risparmiatore persona fisica può beneficiare delle detrazioni di imposta fino ad un milione di euro di investimenti con l’aliquota del 30%, ottenendo così fino ad un massimo di 300.000 euro di detrazioni (per l’agevolazione al 50% i limiti sono diversi). Ovviamente si possono investire anche solo 1.000 euro.

Per chiarire con un esempio, un contribuente con un reddito imponibile di 30.000 euro dovrebbe pagare un’ IRPEF lorda di 7.720 euro, ridotta a 3.600 euro di IRPEF netta dopo le varie deduzioni/detrazioni per prima casa, spese mediche, figli a carico, mutuo e così via: investendo 12.000 euro questa persona otterrà detrazioni fiscali del 30% sui 12.000 investiti, quindi 3.600 euro che abbattono immediatamente l’ IRPEF che dovrebbe pagare nell’anno in cui ha effettuato l’investimento, portandola (in questo caso) a zero.

Per selezionare ed effettuare gli investimenti si può utilizzare uno dei molti portali di Equity Crowdfunding presenti in Italia (i principali sono Opstart, Mamacrowd, Crowdfundme e BacktoWork24), tutti soggetti vigilati dalla Consob che rispettano pienamente la normativa Mifid ed il TUF (Testo unico della finanza) a tutela degli interessi dei risparmiatori. I portali raccolgono gli ordini dei clienti e li tramettono alla società offerente, NON raccolgono il denaro degli investitori che viene invece bonificato direttamente alla società.

A testimonianza del successo di questi portali basta ricordare che, a fine 2019, questi hanno raccolto più di 442 milioni di euro di cui 164 milioni nel solo 2019, un incremento del 59% rispetto al 2018 (dati elaborati da Starteed).

Nel solo Equity Crowdfunding il totale raccolto a fine 2019 è stato di 128,5 milioni di euro rispetto ai 3,8 milioni raccolti fino al 2015: nel solo 2019 sono stati raccolti 68,6 milioni, con un incremento del 114% rispetto al 2018.

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Per investire basta registrarsi al portale fornendo le informazioni richieste (tra cui la profilatura Mifid), esplorare le opportunità di investimento presenti sul sito, corredate da descrizione azienda, business plan, importo della raccolta, utilizzo dei fondi e le altre informazioni sulla base delle quali il risparmiatore può valutare la bontà dell’investimento proposto, scegliere quello che si preferisce, aderire all’offerta e bonificare all’azienda la cifra che si desidera investire.

Entro 60 giorni dalla fine della campagna di crowdfunding la società emittente deve trasmettere all’investitore una apposita ricevuta che, unita al business plan della società, andrà consegnata al proprio commercialista/CAF perché provveda ad inserire il credito d’imposta nel Modello UnicoPF.

Per usufruire della detrazione fiscale è necessario compilare il modello UnicoPF, il modello 730 non prevede questa possibilità. E’ possibile passare dalla compilazione del mod.730 alla compilazione del modello UnicoPF per il solo anno (o gli anni) in cui si intende far valere questi crediti fiscali per poi tornare al Modello 730 una volta esaurite le agevolazioni.

Qualora la detrazione generasse una dichiarazione dei redditi a credito, anziché richiedere il rimborso di quanto pagato in eccesso attendendo i tempi biblici della Pubblica Amministrazione, è possibile riportare il credito a valere sulla dichiarazione dei redditi dell’anno successivo, l’agevolazione è valida per l’anno dell’investimento e per i due anni seguenti.

I detentori di Partita Iva in regime forfettario non hanno la possibilità di beneficiare di questa agevolazione in quanto in regime, appunto, forfettario.

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Una volta effettuato l’investimento e risparmiato il 30% di imposte si è diventati soci di una società di cui si possiedono quote che, dopo tre anni, possono essere rivendute generando, sperabilmente, un ulteriore guadagno derivante dall’apprezzamento del valore dell’azienda in cui si è investito. Qui tuttavia sorge un problema, come si fa a vendere azioni di una società non quotata in borsa?

L’unico modo finora praticabile era quello di trovare un potenziale acquirente, da soli o grazie ad alcuni portali di Crowdfunding che cercano di mettere in contatto potenziali acquirenti con potenziali venditori, per poi andare da un Notaio e registrare il passaggio delle quote, con i relativi costi. Un processo assai poco efficiente.

Il primo portale di questo tipo è stato lanciato nel marzo 2020 da Opstart, che ha ideato e lanciato Crowdarena.it, la prima bacheca elettronica europea per la compravendita di quote e azioni di società che hanno fatto una campagna di equity crowdfunding.
Ma la vera innovazione è avvenuta nel 2019 quando sempre Opstart ha ideato il Crowdlisting (di cui ha registrato il marchio a livello europeo), un processo che guida la società emittente lungo un percorso finalizzato alla quotazione delle sue azioni su EuroNext, la principale Borsa europea, che ha appena acquistato la Borsa italiana dal London Stock Exchange.

La quotazione in Borsa è il fondamentale passo finale dell’Equity Crowdfunding, in quanto offre finalmente al risparmiatore la possibilità di conoscere con certezza il valore effettivo del proprio investimento e di disinvestire senza alcuna difficoltà né costo tramite un intermediario autorizzato come per qualsiasi altra azione quotata. Una vera rivoluzione nel mondo dell’Equity Crowdfunding.

Le plusvalenze generate dalla vendita delle azioni sono soggette alla tassazione sulle attività finanziarie del 26%. Tuttavia la Legge di Bilancio consente la rivalutazione annua delle quote di partecipazione in aziende non quotate (pagando una imposta sostitutiva dell’11%), per cui l’investitore può aumentare il valore delle sue quote riducendo così la plusvalenza che verrà tassata al 26%: un ulteriore vantaggio fiscale, anche rispetto ai PIR che pur investendo in “economia reale” non godono di questa possibilità.

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A conclusione di questo articolo è doveroso rammentare, a chi fosse interessato, alcuni ultimi aspetti fondamentali:

1 – investire nel capitale di una Start-Up è più rischioso che investire in azioni di aziende “mature”: i rendimenti potranno essere ottimi se l’azienda avrà successo, ma anche la possibilità di perdere soldi è reale e si può arrivare fino all’azzeramento dell’intero capitale investito. L’investimento va quindi scelto bene, tarandolo sulla effettiva situazione personale del risparmiatore ed all’interno di un portafoglio diversificato in cui la percentuale di questo tipo di investimenti non superi il 5% circa.

2 – Prima di effettuare l’investimento è fondamentale consultare sempre il proprio fiscalista per verificare la propria situazione personale e la effettiva possibilità di beneficiare delle agevolazioni di cui abbiamo parlato.

3 – Il processo di valutazione di una Start-Up o PMI innovativa non è semplice, non basta che “l’idea sia buona”, prima di investire è fondamentale studiare e capire il business plan, il panorama competitivo, l’andamento del settore di attività dell’azienda ed altre variabili difficilmente valutabili da chi non sia un professionista.

Il vostro consulente finanziario sarà in grado di guidarvi nella scelta degli investimenti più promettenti: a farvi risparmiare l’Irpef ci penserà direttamente lo Stato, per il vostro supporto diretto all’economia reale italiana.

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