Sell in May and go away. Cosa ci aspetta sui mercati finanziari?

scritto da il 04 Maggio 2021

Post di Costantino Forgione, Consulente Finanziario*, già Investment Banker. Esperto di finanza, investimenti e consulenza finanziaria –

Lo scoppio della pandemia da Covid-19 ha cambiato molti aspetti del mondo in cui viviamo. In questo post cerchiamo di riassumere cosa è cambiato nei mercati finanziari nell’ultimo anno e cosa è lecito attendersi in futuro.

Cosa è successo finora:

Dopo il crollo dei mercati azionari di marzo 2020 – in 4 settimane l’indice S&P500 perse il 35% – nell’ultimo anno abbiamo assistito, in piena pandemia, ad una spettacolare ripresa dei corsi azionari con lo stesso indice che ha riguadagnato finora ben il 92% dai minimi di un anno fa.
In un solo anno il principale indice azionario americano ha quasi raddoppiato il suo valore.

schermata-2021-05-04-alle-00-07-58La rapida (e fortissima) ripresa dei corsi azionari è stata provocata da tre fattori principali:

1 – Immediato intervento monetario delle banche centrali che hanno abbassato i tassi di interesse inondando i mercati di liquidità per supportare l’economia globale.
2 – Altrettanto rapido supporto fiscale ed economico dei governi, che hanno anch’essi fatto di tutto per sostenere l’economia.
3 – Successivamente, la realizzazione in tempi record di vaccini in grado di contrastare la pandemia.

Questi fattori hanno convinto gli investitori che ad una breve crisi sarebbe seguita una ripresa economica altrettanto rapida e vigorosa, ripresa che è effettivamente già iniziata negli Stati Uniti. Sulla base di queste aspettative gli operatori hanno anticipato l’economia, tutt’ora sofferente, con forti acquisti di azioni ed obbligazioni.

Dopo un anno di manovre economiche, monetarie e fiscali dove sono arrivati i mercati?

Mercato obbligazionario e tassi di interesse:

Nel primo grafico che segue è rappresentato l’andamento dei rendimenti dei titoli decennali del Tesoro USA, nel secondo quello del Bund decennale tedesco in Europa.
In entrambe i casi il trend di discesa dei rendimenti, che dura ormai da più di 20 anni, è stato ulteriormente accelerato dallo scoppio della pandemia, come si nota in particolare sul mercato obbligazionario statunitense.

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Negli Stati Uniti, più avanti rispetto all’Europa nella ripresa economica, i rendimenti decennali hanno già cominciato a risalire anticipando la futura riduzione degli stimoli monetari all’economia e portandosi all’attuale 1,61% dopo aver toccato un minimo dello 0,52% nel settembre 2020. In Europa questa risalita è invece appena iniziata ed i rendimenti continuano ad essere ampiamente negativi.

Il futuro andamento dei tassi di interesse e la sua tempistica sono molto incerti, ma appare improbabile che questi possano riprendere una ulteriore, sostenuta discesa che favorirebbe i mercati obbligazionari. È invece più probabile che quando usciremo dalla crisi lo stimolo monetario verrà progressivamente ridotto ed i tassi di interesse europei potranno risalire rispetto agli attuali livelli, analogamente a quanto stiamo già vedendo in USA, provocando un calo dei prezzi delle obbligazioni.

I mercati obbligazionari europei e statunitensi andranno evitati per diverso tempo: a fronte degli attuali rendimenti storicamente bassissimi (e ben inferiori all’inflazione), le future perdite in conto capitale sono pressoché sicure.

Anche l’obbligazionario “High Yield”, con spread ormai supercompressi (e che potrebbero risalire), sta cominciando a diventare rischioso:

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Mercato azionario e valutazioni:

Tra le centinaia di indicatori disponibili per l’analisi dei mercati azionari soffermiamoci sui due seguenti:

1 – Il “Buffett Indicator”, ideato nel 2001 dal noto investitore Warren Buffett, è il rapporto tra capitalizzazione di borsa e Prodotto Interno Lordo ed è attualmente fortemente sopravvalutato.
Negli Stati Uniti questo indicatore ha ormai raggiunto i massimi storici, superando il picco precedente allo scoppio della “bolla delle dot-com” nel 2001:

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2 – Lo “Shiller Price/Earnings Ratio” dal nome del suo ideatore Robert Shiller, economista americano Premio Nobel 2013, è il rapporto tra i prezzi delle azioni e gli utili delle aziende, indicatore anch’esso arrivato ai massimi degli ultimi 20 anni:

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Questi due indicatori (e molti altri) ci dicono che i mercati azionari sono iper-comprati ben oltre i livelli propri di mercati che non siano “drogati” dalle attuali politiche monetarie.

Anche senza ricorrere ad analisi più o meno sofisticate, basta dare un’occhiata al grafico seguente per vedere come il valore della capitalizzazione di borsa negli Stati Uniti abbia recentemente accelerato in modo abnorme, aumentando nell’ultimo anno tanto quanto normalmente avviene in 4-5 anni:

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Il mercato azionario USA, che influenza l’andamento di buona parte dei mercati azionari mondiali, è arrivato a valori molto elevati sia in termini relativi che assoluti e lo ha fatto anche molto (troppo?) rapidamente, raggiungendo livelli mai visti prima.

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La maggior parte delle buone notizie che potevamo ricevere a supporto dei corsi azionari sono alle nostre spalle, mentre davanti a noi abbiamo ancora da raggiungere, tra gli altri:
– il pieno controllo della pandemia a livello mondiale
– la completa ratifica dei piani di spesa pubblica in USA e in alcuni parlamenti europei
– l’impatto economico dell’aumento delle imposte globali per finanziare gli stessi piani
– i programmi di rientro dai debiti statali accumulati, specialmente in Italia.
– la piena valutazione degli impatti economici della pandemia con aziende in grave crisi ed aumento della disoccupazione (in Europa e particolarmente in Italia)
– l’impatto sui mercati del futuro ritiro delle misure di stimolo fin qui adottate (il “Tapering”)
– gli sviluppi delle tensioni geopolitiche USA-Cina (con un occhio su Taiwan)
– l’impatto dell’atteso aumento dell’inflazione e così via, insomma l’imprevedibilità tipica di tempi molto incerti come quelli attuali.

Dopo una corsa forsennata i mercati azionari hanno recentemente smesso di salire con la rapidità che ha contraddistinto gli ultimi mesi. Per quanto sia possibile che i prezzi salgano ancora, la velocità e l’ampiezza dei movimenti rialzisti verificatisi nell’ultimo anno cominciano a sembrare insostenibili: agli attuali livelli sembra consigliabile un po’ di prudenza ed una riduzione dei rischi di portafoglio, sia sulle azioni che sulle obbligazioni.

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“Sell in May and go away”

Prevedere l’andamento dei mercati finanziari o cercare di fare “market timing” è impossibile, ma situazioni estreme come questa (o come quella di fine marzo) forniscono delle indicazioni: da questi livelli sembrerebbe più probabile una futura, salutare correzione dei valori di mercato che riportino gli indicatori a livelli più vicini alle medie storiche, piuttosto che un’ulteriore forte crescita delle valutazioni, già estreme.

Mai come quest’anno il vecchio adagio sembra appropriato: “Sell in May and go away”, appunto. Godiamoci tranquilli le vacanze estive (e le plusvalenze realizzate), se ne riparla a settembre.

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