L’amministrazione pubblica e i consulenti, alla ricerca della giusta strategia

scritto da il 11 Maggio 2021

Gli autori di questo post sono Mari Miceli, avvocato, e Krishna Del Toso, consulente strategico per le Pmi –

Quando si parla di “Pubblica Amministrazione” ci si riferisce ad una nozione molto complessa e per certi aspetti anche sfuggente, tanto che la determinazione del perimetro della P.A. è da sempre un’operazione assai complessa in ragione anche dell’esistenza, accanto a soggetti di natura pubblica o privata, di figure che potremmo chiamare quasi ‘ibride’ o ad ogni modo, di incerta qualificazione.

Infatti, sempre più di frequente avviene l’attribuzione di funzioni pubblicistiche a soggetti privati, o comunque, non riconducibili al modello tradizionale di ente pubblico o di longa manus della P.A..

Facendo un doveroso passo indietro, è bene chiarire che nel senso meramente soggettivo quando si richiama la nozione di Amministrazione ciò equivale a dire, organizzazione pubblica.
Un’organizzazione che spesso, non trova sufficienti risorse umane all’interno della stessa per affrontare adeguatamente tutti gli impegni che a questa vengono demandati.

Nel tempo, infatti, l’apparato burocratico si è andato svuotando delle risorse a cui affidare i singoli compiti.

Accanto, una macchina burocratica imperniata di lunghi e farraginosi passaggi, una documentazione biblica che deve essere da un lato verificata e dall’altro lato anche resa disponibile per consentirne la consultazione.

Spesso, alle incombenze richieste al singolo funzionario e/o dirigente pubblico si affiancano altri impegni, che portano un carico di lavoro che produce un mal funzionamento della macchina amministrativa.

Le PP.AA. così, si trovano a dover fronteggiare l’ingente cumulo di lavoro con scarse risorse che vengono ricercate in fonti esterne attraverso, ad esempio, appalti di servizi.

Un esempio esaustivo può essere dato dal Piano di Sviluppo Rurale (PSR), il quale si occupa – in linea molto generale – di competitività del settore agricolo.

Il PSR è composto da 21 MISURE, tra queste la Misura 20 si occupa espressamente di assistenza tecnica negli Stati membri, in altre parole, attraverso una gara di appalto a procedura aperta vengono affidati a società esterne dei ‘servizi amministrativi interni’ che saranno poi di supporto alla P.A..

Business strategy and vision conceptual image

La domanda che qui ci si pone è se effettivamente sia ‘conveniente’ per una P.A. affidare know how e competenze a consulenti esterni e se questi, a sua volta, possano essere messi effettivamente nella condizione di poter collaborare fattivamente in un apparato strutturale già organizzato e sedimentato.

In questo caso, ciò che risulta assai importante appare la reciprocità dello scambio d’informazione al fine di poter rendere più efficace – per così dire – la ‘capitalizzazione’ dello scambio di conoscenze al raggiungimento degli scopi amministrativi e/o pubblici.

Quale potrebbe essere, quindi, una giusta strategia?

Per rispondere a questa domanda definiamo anzitutto cosa sia una strategia. Secondo Richard Rumelt, autore di Good Strategy/Bad Strategy, una strategia è un’azione in grado di individuare quali siano i fattori critici di una situazione, un’organizzazione o un processo, che implichi la progettazione e attuazione di misure di coordinamento di attività che risolvano le criticità rilevate. In altri termini, una strategia si attua in tre momenti: una diagnosi preliminare, la messa a punto di politiche guida e una serie di azioni coerenti.

Soffermiamoci per un momento sulla diagnosi e osserviamo anzitutto come l’espressione P.A. induca, per abitudine cognitiva (come quando ci si riferisce a “lo Stato”, “il Governo” etc.), a mettere in ombra gli elementi base di una qualsiasi organizzazione, ossia le persone. Concentrarci sulle persone che lavorano nella P.A. ci permette di rilevare un aspetto che accomuna tutti: ciascuno di noi ha certe competenze e capacità, non tutte le competenze e capacità. Inoltre, anche nel caso si abbiano le stesse competenze di altri, le si ha in modo maggiore o minore, per quantità, oppure anche in modo diverso, per qualità.

Questo ci riporta all’aspetto del know how e sottolinea un primo punto rilevante: non tutte le PP.AA. sono uguali. In base alle qualità e competenze di chi vi lavora (dirigenti, funzionari etc.) e alle dinamiche organizzative interne, infatti, alcune PP.AA. saranno inevitabilmente migliori di altre, su determinati fronti piuttosto che su altri.

Altro aspetto della diagnosi strategica che si può menzionare qui è il fattore tempo, secondo punto rilevante. Lo sviluppo di nuove abilità e competenze richiede infatti tempo. S’intende che un aggiornamento continuo è non solo auspicabile ma anche necessario acciocché la P.A. possa comprendere le sollecitazioni esterne e reagire in modo efficace. Tuttavia, non su tutto e non sempre è possibile agire ricorrendo alla formazione interna.

Pertanto, quando si considerano ad esempio aspetti tecnici legati a piani, bandi, appalti etc., le persone che lavorano nella P.A., in base alle singole competenze da esse espresse, si trovano a dover operare delle scelte che possiamo rappresentare molto in generale in due scenari. (1) Vi sono competenze sufficienti a gestire internamente la burocrazia, gli aspetti tecnici e le procedure coinvolte. (2) Non vi sono tutte o parte di queste competenze.

Da qui passiamo al secondo aspetto strategico, ossia la generazione di politiche guida. Se la diagnosi rileva che la singola P.A. si trova nello scenario (1), ciò porta ragionevolmente a considerare che non vi saranno problemi nella gestione dei tempi e dei processi richiesti dal bando o appalto che ci si accinge a considerare. Pertanto, in questo caso il coinvolgimento di un soggetto esterno potrebbe non essere necessario, ferma restando la prova dei fatti a fine progetto.

Se invece ci troviamo nello scenario (2) e una specifica P.A. non ha tutte le competenze necessarie, si prospettano principalmente due vie percorribili. (2.a) Si agisce sulla formazione specifica del personale per renderlo in grado di acquisire il know how richiesto, opzione da valutare con cura in base alla situazione corrente poiché implica, nel breve periodo, distogliere risorse dalle loro mansioni ordinarie.

(2.b) Si richiede l’ausilio di persone già esperte nel settore specifico, consulenti esterni in grado di erogare un servizio strutturato in tempi e modalità coerenti con tutti gli aspetti tecnici, procedurali e burocratici coinvolti. L’efficacia di quest’ultima prospettiva è tanto maggiore quanto maggiore sarà la propensione collaborativa delle due parti.

Ritorniamo allora alla nostra domanda: quale potrebbe essere una giusta strategia? La risposta forse deluderà molti: dipende!

Dietro a questo “dipende”, però, ci dovrebbe essere necessariamente lo sforzo strategico di ogni P.A., finalizzato a sviluppare la consapevolezza diagnostica dello status quo, la considerazione delle opportunità (o non opportunità) legate a costi/tempo/risorse, la capacità prospettica di intercettare soluzioni di volta in volta efficaci, siano esse trovate all’interno o all’esterno dell’organizzazione.