La surreale battaglia dell’Italia contro il turismo di massa

scritto da il 12 Maggio 2021

L’autore di questo post è Luca Martucci, consulente ed esperto di marketing di destinazione –

Come nel famoso romanzo di Buzzati, nella più tragica desertificazione turistica, il gotha del settore vive con angoscia il ritorno dei Tartari.

Chi sono i Tartari? Le masse di turisti o i turisti cosiddetti di massa, quelli sporchi e cattivi che secondo l’accezione comune arrivano con le low cost, affittano appartamenti in Airbnb, oppure entrano in un’agenzia di viaggi per prenotare un tour “mordi e fuggi“. Insomma ignoranti e cafoni, quelli che viaggiano prevalentemente in gruppo, e che sono a sproposito ritenuti i primi responsabili di quello che si chiamava overtourism.

Immagine tratta dal film "Il deserto dei Tartari" di Valerio Zurlini, 1976

Immagine tratta dal film “Il deserto dei Tartari” di Valerio Zurlini, 1976

Mentre l’undertourism da un’opportunità cool per destinazioni più sfigate si è trasformato in una tragica realtà per il mondo intero, in Italia si sprecano fiumi di parole, convegni e webinar, conditi di buoni quanto velleitari propositi, per prepararsi alla Grande Battaglia contro le orde di turisti, che per fortuna, e nonostante tutto diciamo noi, un giorno torneranno.

Se il nemico per adesso è invisibile come il virus che lo ha azzerato, l’esercito della Fortezza Bastiani è forte e compatto. Ne fanno parte il gotha nazionale del settore: massime istituzioni demandate, sindaci visionari ed assessori illuminati, a sinistra come a destra, i soliti guru, e l’estesa truppa degli antituristi, alla quale egoisticamente apparteniamo un po’ tutti, quando si tratta dei viaggi degli altri.

Per esorcizzare il ritorno dei nuovi barbari s’insiste nel disegnare uno scenario idilliaco, fatto solo di turisti colti che si possono permettere itinerari lenti e fuori rotta, perché sono già stati varie volte in Italia o di quei pochi strani viaggiatori che ignorerebbero Roma o Venezia per soggiornare in un villaggio sperduto nell’entroterra. Quel turismo alternativo e sostenibile ritenuto l’antitodo e la panacea, e che, come ci piace ripetere, è cosa buona e giusta ma non fonte di salvezza, visto il suo relativo peso dal punto di vista socio-economico.

Una cosa è certa, la pandemia ha intensificato il processo di santificazione di questo pensiero dominante del turismo già in atto da tempo ed ha aggravato la preesistente confusione su alcuni concetti fondamentali.

Le distinzioni tra repeater e first time visitor, così come quelle tra mercati di prossimità e quelli lontani, sono completamente ignorate.

L’ esasperazione del concetto di prossimità (nazionale) ha dato nuovo lustro alle vecchie gite fuori porta ed ha partorito alcuni mostri come il turismo a chilometro zero o quello di quartiere. Fenomeni che possono fare bene ai territori, oltre che agli animi, ma che non sono turismo in senso stretto inteso come “l’insieme delle attività delle persone che effettuano uno spostamento o soggiornano al di fuori dell’abituale ambiente per almeno 24 ore ”(UNWTO, l’Organizzazione mondiale del turismo).

Un po’ di chiarezza su massa e masse di turisti
Basta scorrere la voce sulla Treccani per avere un’ Idea dell’ importanza e della varietà di significati della parola massa.

Tralasciando gli infiniti usi come quantità di materia nelle scienze esatte o in medicina, troviamo sia moltitudine in genere (folla, popolo) che moltitudine qualificata di persone che costituiscono un insieme più o meno organico.

Interessante notare che l’origine del concetto di moltitudine di persone è da attribuire a Sant’Agostino che, definendo il genere umano come massa peccati, aprì la strada alla dannazione del turista di massa, ma per fortuna anche al business dei pellegrinaggi!

Nelle scienze sociali troviamo l’esaltazione della massa del proletariato, ma anche l’uso dispregiativo dei critici dello sviluppo della società industriale, per i quali la massa era “moltitudine sociale, priva di marcate caratteristiche di classe o di ceto, dai ristretti orizzonti culturali, e contrapposta all’élite.”

La stessa visione elitaria che caratterizza l’idea del turismo nostrano, basata sull’illusoria convinzione che la domanda possa essere come “ce piacerebbe” e non come è. Si confonde la causa con gli effetti, ignorando le vere motivazioni di centinaia di milioni di turisti. Quelli che viaggiano per la prima volta all’estero, appartengono alla classe medio-bassa, non parlano le lingue o hanno un budget limitato. Turisti che vogliono essere sicuri di non perdere le principali attrazioni delle varie località che visiteranno. Quelli che arrivano da lontano, spesso unendo anche diversi paesi europei in un tour di 15 giorni. Quelli che magari preferiscono gli outlet ai musei, e per questo sono pubblicamente esecrati.

Turisti a Dubrovnik, Croazia (da France24.com)

Turisti a Dubrovnik, Croazia (da France24.com)

Quando la locuzione “di massa” fa la differenza
Nella Treccani il turismo di massa è citato come primo esempio del “termine correntemente usato, nel linguaggio politico e giornalistico (spec. nella locuzione di massa), per indicare “un gran numero di persone che presentano, o sono spinte ad assumere, comportamenti simili”.
Per comportamenti simili possiamo intendere la scelta delle stesse modalità di viaggio ma anche interessi ed aspirazioni comuni, tra le quali quella di visitare l’Italia o una delle altre destinazioni più famose e sognate nel mondo. Il senso più nobile del turismo di massa.
D’altra parte se la locuzione di massa sottintende valutazioni negative, non solo per il turismo , ma per esempio quando è usata con parole forti come sterminio o suicidio, la stessa acquista un significato estremamente positivo, oggi come non mai, quando si parla di vaccinazione od immunità di massa.

La definizione più tecnica di turismo di massa come “forma di turismo organizzata su larga scala, nella quale viaggio, sistemazione e pasti sono prenotati e pagati in anticipo“ induce spesso all’ equivoco di ritenere agenzie di viaggi e tour operator colpevoli di alimentare il mostro.

In realtà già mezzo secolo fa in un testo fondamentale (Towards a sociology of international tourism, Cohen, E. 1972) si parlava di quattro tipi di turisti: il drifter, l’explorer , l’organized mass tourist , che compra pacchetti e itinerari preparati ed organizzati da tour operator, e l’individual mass tourist, che visita le attrazioni popolari in modo indipendente, ma usa servizi turistici promossi attraverso i mass media.

Anche noi quando organizziamo i nostri viaggi da soli, siamo il più delle volte turisti di massa e non nobili viaggiatori come ci piacerebbe.

Altro equivoco ricorrente è pensare che il turismo di massa riguardi soltanto le destinazioni urbane italiane ( le cosiddette città d’ arte). Fatte salve le considerazioni sul peso degli escursionisti, è bene ricordare che nessuna di queste figura tra I 50 comuni italiani con maggiore pressione turistica, tutti in località di mare, montagna o laghi.

“Il turismo di massa include crociere su grandi navi , pacchetti vacanze sole e spiaggia, bus tour nei centri città che si fermano solo presso le attrazioni iconiche, parchi a tema come Disneyland, o casino resorts …” “Si basa su economie di scala, replicazione di prodotti uniformizzati e riduzione dei costi. (Cultures of Mass Tourism, Crang, M. 2009).

Grazie alle programmazioni dei tour operator i turisti di massa sono gran parte delle presenze nei villaggi come negli hotel italiani di 3 e di 4 stelle.

Insomma basterebbe leggere bene le statistiche, senza preconcetti ideologici od interessi prevalenti, ed analizzare l’offerta dei tour operator esteri. Lungi dal volerne fare l’apologia e scusandoci per il bisticcio di parole, possiamo dire che il turismo di massa costituisce il bulk (massa) del turismo mondiale. Senza il suo contributo né l’ Italia né le altre principali destinazioni turistiche sarebbero tali.

Dalla massa… alla messa a terra del PNRR
Nella parte del PNRR (il piano del governo definito di ripresa e resilienza) dedicata al turismo si ritrova la solita visione unica di turismo idilliaco e cultura-centrico. Nonostante la grande novità del ministero dedicato, la strategia per il Turismo è quella che ha permeato l’attività dell’estinto MIBACT (oggi ministero della Cultura), a partire dalla solita premessa: “Nonostante l’Italia sia il paese con il maggior numero di siti UNESCO, non riesce a posizionarsi al vertice in Europa come numero di visitatori”. Il dogma del turismo culturale che porta ad ignorare tutti gli altri turismi ed un confronto con la concorrenza che lascia il tempo che trova. A proposito sembra proprio che l’Italia sia stata la seconda destinazione mondiale nel 2020, dietro l’invisibile Francia (l’UNWTO non dispone ancora dei dati), come avevamo anticipato qualche mese fa sempre su questi pixel.

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L’overtourism è citato più di una volta nel PNRR e gli antidoti sono ancora una volta gli stessi: investimenti nei borghi ed aree rurali per favorire la nascita di nuove esperienze turistiche/culturali /alternative, il bilanciamento dei flussi turistici in modo sostenibile, trenini storici etc. Anche per i grandi eventi di Roma si pensa di combattere l’overtourism dirottando pellegrini ma anche i golfisti sui cammini!

Il mantra della dispersione dei flussi turistici verso località meno visitate suona oggi più che mai surreale davanti alla sofferenza del turismo urbano. Ma quanti dei suoi sacerdoti sono andati a New York o in Inghilterra per la prima volta ed hanno preferito spendere il loro tempo in una ridente cittadina del New Jersey invece che a Manhattan o a Cambridge senza conoscere Londra?

Il Piano Strategico Nazionale del Turismo 2017- 2022 non è citato nel PNRR. Mentre non si sa che fine abbiano fatto le 50 azioni previste dal suo piano attuattivo, il confronto tra le due liste della spesa dimostra una piena soluzione di continuità e quanto l’auspicabile deculturizzazione del turismo in Italia sia ancora un miraggio!

Vedremo quali saranno gli sviluppi del nuovo ministero, che è arrivato ai suoi primi cento giorni, e quelli dell’esecuzione del PNRR, o meglio, come va di moda oggi, della sua messa a terra, che forse è il termine più adatto per qualcosa di molto vago ed ancora etereo.

Il sottoutilizzo italiano dei fondi europei è cosa nota. Quelli spesi durano lo spazio di un mattino, inteso come il periodo necessario per bruciare le risorse in piani e progetti che fanno felici committenti ed appaltatori, ma sopratutto gli esecutori. E che raramente escono dalla carta o dal relativo ambito territoriale, per poi andare ad ingrossare un cimitero già folto. E non parliamo solo dei fondi europei più recenti. Ci sono enti locali che usano ancora fondi 2000-2006, come nel caso del bando indetto (e subito ritirato) ad agosto dello scorso anno per il progetto Puglia Muslim Friendly.

Consapevoli di rischiare una fatwa da parte dei tanti pasdaran del turismo alternativo e sostenibile, speriamo che il ministro, ma anche il premier, quando si dicono sicuri che il turismo in Italia tornerà più forte di prima, siano consapevoli di quanto la fortuna dello Stivale come destinazione turistica sia riposta proprio nel turismo di massa ed in tutte le sue variegate componenti e nicchie.

I flussi, soprattutto quelli dei visitatori in giornata, possono e devono essere regolati, difficilmente possono essere dirottati. Di sicuro non possono essere ostracizzati a priori in nome dello sfinente e sempreverde super politicamente corretto.

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