Neet ventenni e trentenni: occorrono politiche diversificate per età

scritto da il 19 Luglio 2021

Secondo la XXIII Indagine AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, ad un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è mediamente inferiore al 70 per cento e, a cinque anni, le percentuali salgono oltre l’80 per cento, per quanto un’analisi sulla qualità del lavoro mostri percentuali elevate alla voce “contratti non standard” e “lavoro autonomo”, ovvero principalmente collaborazioni occasionali (nelle figure seguenti il dettaglio storico per tipologia di laurea conseguita).

Fonte: AlmaLaurea, 2021

Fonte: AlmaLaurea, 2021

Fonte: AlmaLaurea, 2021

Fonte: AlmaLaurea, 2021

Fonte: AlmaLaurea, 2021

Fonte: AlmaLaurea, 2021

NEET: SVANTAGGI INDIVIDUALI E COSTO SOCIALE

Un periodo intermedio tra la conclusione del ciclo d’istruzione e l’ingresso nel mercato del lavoro, caratterizzato anche da sperimentazioni lavorative non definitive, potrebbe non essere eccessivamente preoccupante, se il lasso di tempo è breve e se è dedicato a valutare con attenzione diverse opzioni consistenti e a selezionare il percorso più promettente per le proprie aspettative o caratteristiche.

Più preoccupante inizia ad essere il protrarsi della condizione di disoccupazione per un tempo indefinito e senza una continuità nell’aggiornamento formativo, ovvero la cronicizzazione dell’inclusione nella categoria NEET (Neither in Employment nor in Education or Training).

La letteratura scientifica lungamente ne ha indagato ed isolato le conseguenze individuali negative che spaziano da una svalutazione complessiva delle capacità iniziali per l’accettazione di incarichi che richiedono competenze inferiori a quelle effettivamente detenute (Decataldo, 2015); a sentimenti di insoddisfazione generale per la propria vita e diminuzione anche della vocazione civile (Vitale, 2018); a un rallentamento del passaggio all’età adulta (Bazzarena e Buzzi, 2015), per il protrarsi della permanenza con i genitori (Iacovou, 2018); oltre ad un maggior rischio di povertà e esclusione sociale in età avanzata (Barone e Schizzerotto, 2011).

La condizione di NEET non è però un problema solo per i singoli coinvolti, perché rappresenta, piuttosto, un costo sociale (o lucro cessante), comprensivo di elementi sia diretti (attinenti alle spese sostenute a scopo ripartivo dalle istituzioni pubbliche) che indiretti (legati alla maggiore probabilità tra i NEET dell’assunzione di comportamenti deviati con ricadute anche sui livelli di salute e sulla spesa in protezione sociale).

Lo spreco di capitale umano altamente qualificato, di entità tale da riferirvisi con il termine neocidio (Filippi, 2014), infatti riduce le prospettive di crescita (su Econopoly ne abbiamo parlato qui), genera minori entrate fiscali e alimenta una più alta spesa sociale, per un importo complessivo che, secondo una stima di Eurofound (2012), in Italia è complessivamente pari al 2 per cento del Pil.

NEET IN ITALIA: CAUSE ED EFFETTO COVID19

Con tutte le conseguenze personali e collettive illustrate, in Italia il fenomeno dei NEET ha assunto dimensioni preoccupanti (3,047 milioni a fine 2020 tra i 15 e i 34 anni secondo l’aggiornamento Istat del 18 luglio 2021, di cui 980mila fra i 30 e 34 anni) sia a livello macro-economico che territoriale per i consistenti divari tra regioni (nella figura seguente il confronto con gli altri Paesi europei, su dati Eurostat) , tanto da parlarne in termini di “scoraggiamento” e “perdita di speranza” (Laboratorio Futuro, 2021).

Rispetto alle cause del primato negativo italiano, in una recente pubblicazione Rosina (2020) enumera la fragilità dei percorsi formativi, il limite delle politiche attive e la debolezza della transizione scuola-lavoro.

Fonte: Laboratorio Futuro, 2021

Fonte: Laboratorio Futuro, 2021

I NEET OVER 30 O NEET MATURI

Se le percentuali di NEET in Italia e i confronti internazionali sono preoccupanti, ancor più preoccupante è l’estensione anagrafica della categoria oltre i 30 anni (quando inizialmente riguardava al più i ventenni), soprattutto perché, se l’indicatore NEET è pensato e viene utilizzato per comprendere le vulnerabilità giovanili ed intervenirvi con politiche opportune, l’eccessiva eterogeneità potrebbe essere un ostacolo al successo degli interventi che origina.

In proposito, una proposta di Mascherini e Ledermaier (2016) pubblicata da Eurofound suggerisce ad esempio una disaggregazione in sette sottogruppi a partire dai dati raccolti per le indagini UE sulle forze lavoro, come ausilio per raggiungere una maggior precisione nell’impegno dei responsabili politici verso i giovani.

In Italia la condizione dei NEET over 30 è stata recentemente analizzata nel Rapporto Giovani 2021, con cui l’Istituto Toniolo ha indagato l’impatto sociale ed economico della pandemia per la popolazione più giovane, rilevando ricadute importanti sulla dimensione del disagio sociale, della salute mentale e dell’insicurezza nei confronti del futuro, ma anche una grande capacità di resilienza.

Dello studio di Ellena et al. (2021) sui NEET maturi colpisce soprattutto la loro numerosità rispetto alle classi 18-24 anni e 25-29 anni. I NEET tra i 30 e i 34 anni presentano infatti risultati più consistenti in termini sia di incidenza (20,3 per cento), sia del protrarsi del periodo di disoccupazione (oltre 36 mesi nel 32,1 per cento dei casi), sia di insoddisfazione per la propria vita e per la propria situazione finanziaria (48,6 per cento), con una conseguente revisione al ribasso nell’accettazione delle proposte di lavoro (41,7 per cento).

Risulta quindi che la fase della vita (l’età) in cui un NEET si trova è associata ad una serie di peculiarità che si riverberano in esigenze specifiche (ad esempio necessitano di interventi di riqualificazione per inserirli nel mondo del lavoro piuttosto che tentativi di reinserirli nel sistema di istruzione) e richiedono politiche adeguate, perché ad esempio sembrano aver ritratto dal programma Garanzia Giovani la minor utilità percepita tra le classi di età (sia in termini di miglioramento delle competenze che della conoscenza sulle aziende, sul mondo del lavoro e sul funzionamento dei servizi per l’impiego).

Essere NEET a venti o a trenta anni insomma non è la stessa cosa e l’eterogeneità delle situazioni richiede una varietà negli interventi. L’Italia ha un interesse particolare ad occuparsi dei NEET maturi ed evitarne la cronicizzazione perché detiene il record in Europa, con un divario rispetto alla media UE che si è accentuato nel tempo (Madsen et al., 2013).

Una volta quantificati alcuni aspetti prevedibili in termini di fragilità, l’universo dei NEET over 30 è tuttora da indagare a fondo. Intanto, ricordando che il fenomeno non riguarda solo le persone coinvolte ma l’intero Paese, si può ritenere un buon primo passo che la letteratura scientifica inizi a orientare e a differenziare rispetto all’età le rilevazioni dei giovani disoccupati (in attesa di politiche ad hoc).

Riferimenti bibliografici

Bazzanella A. e Buzzi C. (2015), Fare politiche con i giovani. Letture e strumenti, Franco Angeli, Milano
Decataldo A. (2015), L’ingresso nel mercato del lavoro, in Facchini C., (a cura di), Fare i sociologi, Il Mulino, Bologna
Ellena A. M. et al. (2021), Essere NEET dopo i 30 anni: caratteristiche e fragilità, in        Istituto Giuseppe Tognolo, La condizione giovanile in Italia, Il Mulino, Bologna
Eurofound (2016), Exploring the diversity of NEETs, Publications Office of the European Union, Luxembourg
Eurofound (2012), NEETs – Young people not in employment, education or training: Characteristics, costs and policy responses in Europe, Publications Office of the European Union, Luxembourg
Filippi V. (2014), Giovani in dissolvenza: un caso di “neocidio”?, Neodemos, popolazione, società, politiche
Iacovou M. (2018), Leaving home in the European Union, Institute for Social and Economic Research, Essex
Istituto Giuseppe Toniolo (2021), La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2021, Il Mulino, Bologna
Laboratorio Futuro (2021), La perdita della speranza: i NEET, tra incuria istituzionale e pandemia
Madsen P. et al. (2013), Labour market transitions of young workers in nordic and southern european Countries: The role of flexicurity, European Review of Labour and Research, 19, 3, pp.325-343
Ripamonti E., Barberis S. (2017), Inattività, dispersione scolastica e inefficacia formativa. Il ruolo del capitale culturale in Alfieri S., Sironi E. (a cura di) Una Generazione in panchina. Da NEET a risorse per il paese, Vita e Pensiero, Milano
Rosina A. (2020), I NEET in Italia. Dati, esperienza e indicazioni per efficaci politiche di attivazione, StartNet – Network transizione scuola-lavoro
Vitale T. (2018), Dare cittadinanza ai giovani: indicazioni di metodo per le politiche in Zucca G. (a cura di) Il ris[c]atto del presente. Giovani e lavoro nell’Italia della crisi, Rubbettino