Fare carriera dell’era dell’Intelligenza Artificiale è possibile (in 3 passi)

scritto da il 17 Agosto 2021

Post di Gianluca Mauro, fondatore di AI Academy e autore di Zero to AI – 

Gli specialisti in Intelligenza Artificiale sono la professione più in crescita negli Stati Uniti. Negli ultimi quattro anni, la richiesta di queste figure è aumentata in media del 74% l’anno. Questo significa che per ogni 100 posizioni aperte nel 2016, ora ce ne sono 900 (le meraviglie della crescita esponenziale…). I numeri possono essere impressionanti, ma il fenomeno non è certo una novità. Già 9 anni fa Harvard definiva i Data Scientist “il lavoro più sexy del 21esimo secolo”.

Cosa significa questo trend per figure non tecniche? Dobbiamo tutti imparare a programmare e sviluppare algoritmi per surfare l’onda?

La risposta è, ovviamente, no. Cerchiamo di capire insieme come le aziende dovranno adattarsi all’avvento dell’Intelligenza Artificiale, e cosa significherà per tutti i professionisti.

Cominciamo dal chiederci perché le aziende investono in AI oggi. Nella maggior parte dei casi, le aziende non assumono specialisti di AI per fare ricerca pura. Lo fanno perché si aspettano che l’AI porti risultati di business.

Una volta chiarito questo concetto, è evidente che un team di esperti di AI non può lavorare da solo per portare questi risultati. Per portare reale valore di business a un’azienda occorre creare dei ponti tra il team di AI e il business.

Ed è proprio nella creazione di questi ponti che si creeranno nuove opportunità di carriera.

La prima opportunità è nell’emergere di nuove professioni col ruolo specifico di facilitare l’integrazione dell’AI nel business. Queste nuove figure professionali sono caratterizzate dall’avere sia un forte background di business che una conoscenza operativa dell’AI. Queste sono le figure che McKinsey nel 2018 chiamava “Data Translator”. Il termine non sembra aver preso piede (c’è chi li chiama “AI evangelists“, chi “AI product manager“), ma la necessità è chiara e il bisogno evidente: facilitare l’integrazione dell’AI connettendo chi ha delle sfide da risolvere con chi può usare l’AI per farlo.

La seconda opportunità è nell’evolvere la propria professione per lavorare con l’AI. Prendiamo l’esempio di un UX designer che deve progettare l’esperienza utente di un prodotto che usa l’intelligenza artificiale. È impossibile per questo professionista progettare un’esperienza efficace senza capire come vengono raccolti i dati, e come gli algoritmi possono impattare l’esperienza dell’utente. Un esempio di questo fenomeno è TikTok, il social media cinese che sta esplodendo tra le nuove generazioni. L’intera user experience di TikTok è pensata per raccogliere dati col minor rumore possibile per alimentare i propri algoritmi di raccomandazione. Possiamo mettere la mano sul fuoco sul fatto che gli UX designer di TikTok hanno una comprensione solida dell’AI, e riescono a collaborare proficuamente con gli esperti di AI che progettano gli algoritmi.

Questo discorso può essere esteso a una serie di altre figure: da marketers che devono capire come gli algoritmi possono impattare le campagne pubblicitarie a project manager che devono capire i processi dell’AI per gestire progetti.

Più che una rivoluzione, dobbiamo guardare a queste professioni come un’evoluzione. Aggiungendo competenze di AI al proprio arsenale, possiamo trasformarci in professionisti evoluti con nuove, ricche opportunità di carriera.

Bisogna fare attenzione però, perché questa evoluzione può accadere molto in fretta, creando grandi opportunità a chi coglie l’attimo e spazzando via chi resta indietro. Come disse il professore dell’MIT Erik Brynjolfsson, “L’Intelligenza Artificiale non sostituirà i manager, ma i manager che usano l’AI rimpiazzeranno i manager che non lo fanno” (Harvard Business Review, ‘The Business of Artificial Intelligence’).

Cosa fare per rientrare nel primo caso quindi?

Gli step da seguire sono tre. Il primo è investire nella propria formazione per costruirsi una “conoscenza operativa dell’AI”. Un Data Translator, UX designer o project manager nell’AI non ha bisogno di saper programmare o scrivere complesse formule matematiche alla lavagna. Ma tutte queste figure professionali devono sapere i concetti operativi dell’AI: com’è fatto un progetto, come i dati influenzano i modelli, come valutare se un algoritmo può portare risultati al business o meno. Tutte queste competenze possono essere acquisite da chiunque, senza dover stravolgere la propria formazione (o natura) e iniziare a scrivere codice.

Il secondo step è quello di riuscire ad esporsi il più possibile ai progetti esistenti di AI o analytics dell’azienda. Collaborando attivamente a progetti pratici si può acquisire l’esperienza necessaria per mettere in pratica le proprie conoscenze, e iniziare a ritagliarsi il proprio ruolo in un’azienda in fase di trasformazione.

L’ultimo step è quello di riuscire a tenersi costantemente aggiornati. Il mondo dell’AI è in continua evoluzione. La tecnologia che diamo per scontata oggi era inimmaginabile ai più 2 anni fa, e quello che ci sembra inarrivabile oggi potrebbe diventare una commodity nei prossimi 2. Questo significa che nuove opportunità possono nascere continuamente per ogni azienda, e quello che serve sono professionisti evoluti con le capacità e il mindset giusti per riconoscerle.

Twitter @gianlucahmd