Perché il mondo del noleggio auto minaccia di passare al nemico, la Cina

scritto da il 15 Dicembre 2021

Nel bel mezzo di una transizione epocale dall’era del motore a scoppio a quello elettrico, e con l’Italia che (in linea con i rigori della Commissione europea) ha fissato come data definitiva di passaggio il 2035, un altro effetto devastante della pandemia da Covid 19 è tuttora la crisi di mercato di un settore che invece dovrebbe navigare con il vento in poppa.

La fine del 2020 ha segnato, dopo le chiusure obbligate degli impianti produttivi nella prima parte dell’anno, la ripartenza della domanda di componenti e materie prime. Un rimbalzone, che ha mandato in tilt il sistema. Troppa domanda, scarsa l’offerta e prezzi alle stelle. I costruttori, soprattutto quelli premium, hanno risposto alla crisi dei semiconduttori (i microchip ormai indispensabili per auto in cui elettronica e software sono diventate centrali) e ai costi delle materie prime aumentando i prezzi di listino e salvando i margini.

Ma questo stratagemma non potrà andare avanti per sempre. I volumi in netto calo (circa 10 milioni di vetture in meno su scala globale per minori ricavi del settore attorno ai 180 miliardi di euro secondo Boston Consulting Group e AlixPartners) svuotano le concessionarie e le immatricolazioni crollano. Nel 2021 le immatricolazioni di autovetture in Italia toccheranno quota 1.460.000 con un calo del 23,8% sul 2019 e una modestissima crescita sul risultato estremamente depresso del 2020 (5,7%). Non andrà meglio nel 2022, visto che la crisi dei chip proseguirà, per l’incapacità delle fonderie basate soprattutto a Taiwan, in Cina, Corea e Giappone di stare dietro agli ordini. Grazie a investimenti e nuovi impianti la situazione dovrebbe migliorare solo nel 2023.

Di tutto questo ne risente anche la mobilità condivisa e ne risentono le flotte, ovvero quella diversa fruizione delle quattro ruote che dovrebbe essere incentivata per migliorare la qualità della vita nelle nostre città. Basti pensare che oltre 1 vettura elettrificata su 3 vendute nel nostro Paese è immatricolata da società di noleggio. Le flotte oltretutto alimentano il mercato dell’usato, anch’esso in crisi per mancanza di auto che potrebbero favorire un ricambio nel vetusto parco circolante italiano, che conta oltre il 30% di veicoli ante Euro 4.

“La crisi dei chip auto e le incaute scelte della politica – è la posizione espressa da Aniasa, l’associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, durante l’evento Next Mobility – Pay-per-use, al quale ha partecipato Carlo Cottarelli, direttore dell’ Osservatorio dei Conti Pubblici dell’Università Cattolica di Milano – stanno rallentando i flussi di immatricolazione e la ripresa della mobilità a noleggio e in sharing nel nostro Paese, già duramente colpita dalla pandemia. Mancano all’appello oltre 100mila immatricolazioni per il settore, il 23% in meno rispetto al 2019. Nonostante questo, la flotta resta salda sopra quota 1 milione di veicoli e il noleggio si conferma attore strategico della mobilità sostenibile anche grazie all’acquisto del 47% delle vetture ibride plug-in e del 30% delle elettriche immatricolate in Italia. Servono misure concrete che equilibrino la fiscalità sull’auto aziendale con quella degli altri Paesi europei e che favoriscano il passaggio dalla proprietà all’uso dei veicoli”.

Il settore, dopo aver fronteggiato nel 2020 gli effetti della crisi pandemica, sta vivendo in pieno la crisi dei semiconduttori e la conseguente assenza di prodotto che ha portato a una riduzione decisa delle immatricolazioni a noleggio: ad oggi mancano all’appello oltre 100.000 vetture (-23% vs immatricolazioni del 2019) che il settore, per le diverse esigenze di mobilità turistica, cittadina e aziendale, sarebbe pronto a immatricolare nei prossimi mesi.

Breve termine e car sharing, business dimezzati

Il noleggio a breve termine, dopo aver vissuto un primo trimestre difficile e una parziale ripresa nei mesi estivi, grazie soprattutto al turismo made in Italy, ora fronteggia l’onda lunga del chip shortage che sta bloccando i flussi di immatricolazioni. Inoltre il settore nei primi 9 mesi ha registrato il 56% di noleggi in meno rispetto allo stesso periodo del 2019 e un giro d’affari ridotto del 37%. Anche se va sottolineato che la quota di immatricolazioni è pari al 47% per le ibride plug-in e al 30% per le  elettriche. Di fatto la modalità pay-per-use, che prevede un abbonamento per l’uso dell’auto calibrato sulle necessità del cliente, potrebbe essere una carta importante da giocare ai fini della transizione ecologica.

Gli operatori del rent-a-car stimano un ritorno ai livelli pre-pandemia solo nel 2023-2024.

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La ripresa del noleggio a lungo termine nei primi 9 mesi

Il noleggio a lungo termine, forte della stabilità del business basato su contratti pluriennali e della continua espansione anche nel mercato dei privati, ha comunque consolidato la crescita del giro d’affari dei primi mesi del 2021 raggiungendo i 4,3 miliardi di euro (+4% vs 2019). La crisi dei chip ha frenato le immatricolazioni (-4,7%), ma la flotta è cresciuta (+10% e a quota 977.000 veicoli), grazie a un più ampio ricorso, concordato con la clientela, alla proroga dei contratti, prima motivata dall’incertezza economica e ora sostituita dall’assenza di prodotto. 

Le scelte del governo e l’opzione Cina

“Sconcerta l’assenza di una strategia governativa (nella Legge di Bilancio 2022, ndr) – commenta Massimiliano Archiapatti, presidente di Aniasa – che accompagni la transizione ecologica della mobilità (l’Auto in Italia rappresenta il 10% del Pil, ndr). Il noleggio già oggi costituisce un elemento strategico di questa rivoluzione green, grazie a una flotta di ultima generazione, a una quota crescente di auto elettriche ed elettrificate e a un usato giovane, sostenibile e sicuro.

Spingere, attraverso decisioni calate dall’alto, le case automobilistiche verso segmenti di produzione che ad oggi non ricevono un’adeguata risposta dal mercato significa minore produzione, costi più elevati, minore disponibilità di quote di vetture per le forme di mobilità ‘pay-per-use’. Senza un cambio di strategia, le imprese di noleggio saranno costrette ad aprire fortemente ai costruttori cinesi. Un trend che, una volta avviato, sarà difficilmente reversibile, entrando in un processo di distruzione del valore al quale non si può certo restare indifferenti”.

“La definizione di condizioni favorevoli per la diffusione del car sharing nelle nostre città, il riallineamento della penalizzante fiscalità nazionale sull’auto aziendale agli standard europei e un bonus strutturale sull’acquisto di auto nuove e usate di ultima generazione, che consenta di raggiungere classi sociali con minore capacità di spesa – ha concluso Archiapatti – sono le mosse che ci si attenderebbe da una politica accorta e attenta a non generare ripercussioni facilmente prevedibili anche sul versante occupazionale”.