Ecco come la BCE può aiutare a risolvere la crisi dei prezzi dell’energia

scritto da il 25 Gennaio 2022

Post di Stanislas Jourdan, direttore esecutivo di Positive Money Europe, e Rens Van Tilburg, direttore del Sustainable Finance Lab all’Università di Utrecht –

L’alta inflazione e una ancor troppo lenta transizione verde stanno creando un dilemma per la Banca centrale europea, poiché frenare l’inflazione alzando i tassi d’interesse aumenterebbe anche il costo degli investimenti per la transizione verde. La BCE deve mandare un chiaro segnale: ogni sforzo per contenere l’inflazione manterrà condizioni di finanziamento favorevoli per spese o investimenti indirizzati verso una transizione energetica di successo.

Nel 2022 l’inflazione ha raggiunto livelli record nella zona euro, in gran parte a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia. Si sta così accendendo un dibattito sull’eventualità che la Banca centrale europea irrigidisca la sua politica monetaria.

Molti esperti ritengono che l’andamento dell’inflazione sia però temporaneo e che una reazione eccessiva potrebbe essere controproducente, dato che la ripresa subirebbe un blocco prima ancora che l’economia abbia la possibilità di rifiorire. Inoltre, un irrigidimento della politica monetaria servirebbe a poco contro la componente energetica dell’inflazione che è il risultato di tensioni nel mercato globale dell’energia, con cui la politica della BCE ha poco a che fare. Da questo punto di vista, l’opzione migliore per la BCE sarebbe quella di aspettare che l’inflazione temporanea passi.

Eppure, in un recente discorso l’economista tedesca della BCE Isabel Schnabel ha messo in guardia contro la possibilità che i prezzi dell’energia possano continuare a salire a un ritmo più veloce di quanto finora previsto. “La combinazione tra un’insufficiente capacità di produzione di energie rinnovabili nel breve periodo, investimenti nei combustibili fossili ridotti e l’aumento dei prezzi del carbonio, significa che probabilmente dovremo affrontare un periodo di transizione potenzialmente prolungato durante il quale le bollette energetiche aumenteranno”, spiega Schnabel.

(Foto di Mika Baumeister per Unsplash)

(Foto di Mika Baumeister per Unsplash)

In passato, le banche centrali hanno spesso ignorato gli shock energetici, per buone ragioni. Schnabel avverte però che questa volta potrebbe essere diverso: “Se l’inflazione nel settore energetico durasse più a lungo della nostra attuale previsione di base, fino a che punto potremmo permetterci di ignorare un tale shock?”.

L’approccio tradizionale della politica monetaria per combattere l’inflazione sarebbe quello di rendere i finanziamenti più costosi, aumentando i tassi d’interesse. C’è però un problema: ciò aumenterebbe anche il costo degli investimenti verdi, assolutamente necessari per completare una transizione di successo. Inoltre, sappiamo che gli investimenti in energie rinnovabili sono più sensibili al costo del capitale rispetto agli investimenti in combustibili fossili. Quindi, l’aumento dei tassi d’interesse andrebbe a penalizzare le energie rinnovabili più dei combustibili fossili. Per la BCE sarebbe difficile giustificare una tale contraddizione, visto soprattutto il piano d’azione per combattere il cambiamento climatico che ha recentemente adottato.

La BCE si trova quindi a dover affrontare un dilemma: come perseguire il mandato di stabilità dei prezzi senza rallentare la transizione verde, il cui fallimento sarebbe chiaramente un pericolo per la stessa stabilità finanziaria?

Ovviamente, lo scenario più facile per la BCE sarebbe che i governi e l’UE portassero a termine la transizione energetica il più rapidamente possibile. Con un mix energetico meno dipendente dalle importazioni di combustibili fossili e con una maggiore efficienza energetica, l’economia europea e l’inflazione sarebbero infatti meno vulnerabili agli shock geopolitici e alle tensioni che caratterizzano i mercati energetici. Già nella situazione attuale abbiamo visto come i paesi con una quota più alta di energie rinnovabili risentono meno dell’aumento dei prezzi dell’energia, poiché hanno una minore spesa per le importazioni di gas.

Ma le banche centrali possono fare più che sperare che i governi realizzino la transizione il più in fretta possibile. Bisogna iniziare a riconoscere che la BCE può effettivamente influenzare i prezzi dell’energia, perlomeno nel lungo periodo.

La BCE può sostenere direttamente gli obiettivi di transizione garantendo condizioni di finanziamento favorevoli e prevedibili per le spese o gli investimenti che contribuiscono ad aumentare la fornitura di energia rinnovabile e più in generale l’efficienza energetica.

In pratica, la BCE dovrebbe adottare la politica del “doppio tasso” d’interesse, stabilendo diversi livelli di prezzo per diversi attori e abbandonando quindi la sua politica del tasso uniforme. Ad esempio, attraverso il suo programma TLTRO, la BCE potrebbe offrire alle banche un “tasso d’interesse verde” preferenziale che sarebbe proporzionale al loro portafoglio di prestiti per la riqualificazione energetica delle abitazioni, o per le energie rinnovabili.

Allo stesso tempo, la BCE potrebbe aumentare i tassi d’interesse per le altre attività economiche e ridurre il volume del suo programma di acquisto di obbligazioni del settore privato, iniziando a vendere le obbligazioni delle società legate o dipendenti dai combustibili fossili.

Non agendo in modo proattivo a sostegno della transizione verde dell’UE, la BCE renderebbe più difficile il suo compito di gestire la stabilità dei prezzi esponendosi a scenari di transizione disordinati, con ancora più incertezza e volatilità nei modelli di inflazione. Proteggersi da tali complicazioni rientra chiaramente nel mandato primario e secondario della BCE.

Twitter @stanjourdan @RensvanTilburg