Dalla pandemia alla guerra: tempi difficili per combattere l’inflazione

scritto da il 18 Marzo 2022

Le pressioni inflazionistiche in Europa non arrestano la loro diffusione. Il tasso di inflazione nazionale relativo al mese di febbraio che la Francia ha reso pubblico la scorsa settimana conferma questa tendenza, con una crescita generalizzata dei prezzi che si è attestata al 3,6%, in aumento rispetto al 2,9% di gennaio.

In questo articolo cerchiamo di comprendere quali sono i fattori che attualmente guidano questo trend al rialzo, per avere una maggior consapevolezza sui futuri possibili scenari inflazionistici nell’area euro, anche a fronte dello shock apportato dal conflitto Russia-Ucraina.

In attesa del picco…

Il dato di gennaio doveva essere il primo passo verso una decelerazione dell’inflazione nell’ area euro, dopo aver registrato il tasso più alto di sempre a dicembre, pari al 5% annuo. Invece la sorpresa è stata al rialzo, con un picco del 5,1% annuo. Il grafico seguente mostra come la componente energetica dell’indice IAPC (ossia l’indice al consumo armonizzato che consente di comparare il livello di inflazione tra i paesi europei) ha continuato la sua ascesa, sulla scia degli aumenti dei prezzi del gas, congiuntamente alla prosecuzione del rialzo dei prezzi dei prodotti alimentari. L’inflazione di fondo, ossia l’inflazione al netto di energia e generi alimentari, a gennaio è scesa dal 2,6% al 2,3% su base annua; tuttavia, questa discesa è legata principalmente ad effetti puramente tecnici, come le modifiche ai pesi nel paniere IAPC. In termini di differenza percentuale mensile, infatti, sia i beni che i servizi core a gennaio si sono attestati al di sopra della loro stagionalità prevista.

L’inflazione headline è trainata dal caro energetico

La componente energetica pesa circa 270 punti base sulla misura di inflazione primaria e molto probabilmente rimarrà il fattore chiave a breve termine per la dinamica inflazionistica dell’area euro. I prezzi del gas hanno subito una forte accelerazione verso la fine dello scorso anno, da $26,2/MMBtu (Metric Million British Thermal Unit) a giugno a poco meno di $100/MMBtu a dicembre, e continuano a essere un punto focale alla luce dell’attuale drammatico conflitto tra Russia e Ucraina. Dal punto di vista dell’inflazione, il primo rischio, a seguito delle sanzioni, è che un ulteriore calo delle forniture di energia dalla Russia faccia schizzare i prezzi delle componenti di fornitura energetica, come stiamo osservando in questi giorni. In secondo luogo, in mancanza di offerta sostitutiva immediata, questo effetto può portare a pressioni sulle catene produttive con conseguenti aumenti dei prezzi. Ad oggi, infatti, nell’Unione Europea il 36% del gas importato viene dalla Russia (Figura 2). A tal riguardo, la Commissione Europea fa notare che lo stoccaggio di gas nell’UE basta a coprire il fabbisogno fino alla fine del periodo del riscaldamento invernale, anche in caso di interruzione totale dell’approvvigionamento dalla Russia.

Tuttavia, il gas (e per estensione l’elettricità) rappresentano solo un lato dell’evoluzione inflazionistica legata all’energia. Come visibile nella Figura 3, l’altro elemento è il prezzo del carburante, che ricopre un peso relativamente elevato nel paniere aggregato.

L’inflazione core ha carattere transitorio

Per quanto riguarda l’inflazione al netto di energia e beni alimentari, risulta essere ancora influenzata dagli effetti dello shock pandemico. L’impatto della pandemia sull’inflazione core può essere suddiviso in due categorie: (i) quei beni e servizi che sono stati interessati da interruzioni dell’approvvigionamento e colli di bottiglia nelle filiere; e (ii) quei beni e servizi interessati dalle interruzioni nelle riaperture. Come visibile nella Figura 4, l’effetto delle riaperture (in verde) ha un peso leggermente maggiore rispetto all’impatto dell’interruzione delle catene di approvvigionamento (in giallo).

L’aumento dei prezzi dovuto alle strozzature nelle catene di approvvigionamento ha carattere temporaneo per almeno due motivi. Un aumento del prezzo relativo di un bene scarso indurrà nel tempo la creazione di nuova offerta, riducendo il disallineamento che esiste ad oggi con la domanda. Inoltre, se l’interruzione dell’offerta è causata da una perdita di capacità produttiva limitata nel tempo (come la chiusura di una fabbrica per far fronte ad una pandemia), il recupero della capacità di fornitura, una volta annullato lo shock temporaneo, eserciterà una pressione al ribasso sui prezzi.

L’effetto delle mancate riaperture si è concretizzato in una riduzione delle opportunità di consumo di servizi ad alto contatto. Ciò ha generato un aumento della domanda relativa di beni, ulteriormente sostenuta dall’aumento della domanda di beni specifici quali attrezzature per home office, home gym e home entertainment. Con l’attenuarsi della pandemia, è prevedibile che la spesa per i servizi si normalizzi, portando ad una riduzione della domanda aggregata relativa di beni.

Analizziamo ora l’impatto della componente “Altri beni e servizi” sul trend dell’inflazione core, poiché, come si può notare nel grafico riportato sopra, questa categoria ha un impatto rilevante. Scomponendo tale componente, emerge che il driver principale è dato dalla componente “Vari Beni e Servizi” (Figura 5), che si può a sua volta scomporre in cinque sottocategorie: Services for Maintenance & Repair of the Dwelling; Maintenance & Repair of Personal Transportation equipments; Other Services for Personal Transportaion Equipment; Social Protection; Insurance (principalmente Health insurance)… tutte categorie di beni/servizi la cui domanda è aumentata durante la pandemia. Questa ulteriore scomposizione potrebbe rafforzare la tesi secondo cui gli aumenti iniziali dei prezzi relativi delle categorie che hanno registrato un’elevata domanda e/o una scarsa offerta durante la crisi pandemica si possono stabilizzare o addirittura invertire nel momento in cui le riaperture saranno definitive.

Che cosa ci aspettiamo? 

Un fattore che, per il momento, non sembra abbia contribuito alla crescita dell’inflazione è quello dell’inflazione attesa. Nonostante le aspettative di inflazione per il 2022, misurate nella Survey of Professional Forecasters, siano aumentate di un punto percentuale fra l’ultimo quadrimestre del 2021 ed il primo del 2022 – le aspettative sono ora del 3% per il 2022 – è attesa per il 2023 una diminuzione all’1.8%. Ciò è positivo, poiché indica come la Bce stia riuscendo a guidare correttamente le aspettative di lungo periodo, nonostante il picco del 5% ottenuto a dicembre 2021. Perché tutto ciò è rilevante? La letteratura economica riconosce come l’inflazione attesa abbia un impatto diretto sul livello di inflazione attuale. In una economia in cui tutti si aspettano che l’inflazione sia persistentemente in crescita, gli stipendi ed il livello dei prezzi verranno contrattati interiorizzando questa previsione; ciò significa che un aumento dell’inflazione attesa domani porterà ad un aumento dell’inflazione oggi stesso.

Tuttavia, ci aspettiamo che con l’intensificarsi degli effetti economici legati alle sanzioni dovute allo scontro tra Russia e Ucraina, le aspettative di inflazione saranno colpite a rialzo. Questo effetto è già inglobato dalle aspettative dei mercati finanziari, i quali vedono l’inflazione a un anno al 6%.