Transizione ecologica, la narrazione erronea sulla formulazione dei prezzi

scritto da il 22 Marzo 2022

Post di Livio de Santoli, Presidente del Coordinamento FREE Fonti Rinnovabili Efficienza Energetica, Prorettore alla Sostenibilità presso la Sapienza Università di Roma, Presidente Consiglio d’Area di Ingegneria Energetica, Facoltà di Ingegneria –

Come Coordinamento Free, raggruppamento delle principali associazioni che si occupano di fonti rinnovabili, transizione ecologica ed efficienza energetica, vorremmo tornare sul post da voi pubblicato il 24 febbraio scorso, a firma Enrico Mariutti (ricercatore e analista in ambito economico ed energetico) dal titolo “Se avessimo installato più rinnovabili pagheremmo bollette meno salate?”.

Vorremmo svolgere alcune considerazioni, soprattutto sul messaggio che a nostro parere potrebbe risultare fuorviante per lo svolgimento di un dibattito sul tema, visto il valore ambientale della transizione ecologica. Ciò che non ci convince è l’approccio ai meccanismi di formulazione dei prezzi attraverso una narrazione che sostanzialmente fa dipendere i prezzi dell’energia elettrica dalla sola quotazione di quella prodotta con centrali a gas.

In estrema sintesi, fino a che si sarà prodotto l’ultimo kWh con centrali a gas sarà il loro prezzo a determinare quello dell’energia, e qualunque percentuale di rinnovabili avessimo nei parchi di produzione sarebbe ininfluente nella formazione del prezzo in bolletta. Questa considerazione se non contestualizzata potrebbe orientare, a nostro giudizio, i decisori politici verso il mantenimento delle fonti fossili nel nostro Paese, a dispetto di un processo di decarbonizzazione ineludibile, ratificato dall’Unione Europea.

L’autore, infatti, ha trascurato le ore in cui, a partire dal 2013, la forte offerta di rinnovabili e la bassa domanda fanno comandare alle rinnovabili il prezzo del kWh. Fermare per una o due ore i cicli combinati è infatti più complicato che offrire la loro energia  a prezzo zero. Questo da tempo mette in crisi il modello di formulazione dei prezzi. Per esempio, già nel 2013 – e progressivamente sempre più frequentemente fino ad oggi – l’azzeramento dei prezzi nei mercati zonali è accaduto per 300 ore l’anno (si vedano anche dati Arera nel 2019 sui prezzi a zero e inversione prezzi diurni/notturni sul MGP). Nei Paesi dove sono ammessi, come in Germania, si verificano anche prezzi negativi.

Con la crescita dell’offerta prodotta da rinnovabili a costo marginale pressoché nullo (praticamente tutte, tranne le bioenergie), situazioni di prezzi anche negativi sono destinate a moltiplicarsi: dato che le direttive europee obbligheranno anche l’Italia a consentire prezzi negativi, l’attuale meccanismo di formulazione dei prezzi all’ingrosso vedrebbe una progressiva e rapida chiusura degli impianti a fonti fossili. Questo dovrebbe spingere verso una modifica del mercato elettrico, anticipando un trend che, per rendere bancabili produzioni elettriche competitive a costo pressoché costante, come sono oggi eolico e fotovoltaico, privilegerà la compravendita dell’energia basata su contratti a lungo termine, realizzati mediante bandi competitivi o PPA.

Poiché la proposta governativa prevede che le fonti rinnovabili nel 2030 dovranno coprire almeno il 72% del mix produttivo elettrico, il mercato sarà quindi dominato da contratti a lungo termine, cui si aggiungerà una consistente quota di energia elettrica autoprodotta e autoconsumata da singoli, autoconsumi collettivi, comunità energetiche.

Quanto al ruolo delle centrali a gas nel mercato della capacità, una prima dimostrazione pratica di cosa avverrà in futuro viene dal risultato della prima asta del mercato della capacità per il 2024, da cui emerge il ruolo che avranno gli accumuli elettrochimici nella decarbonizzazione di un territorio vasto come la Sardegna. Dei 38.000 MW complessivamente assegnati, 500 MW di batterie sono aggiudicati a Enel, equamente distribuiti nella parte settentrionale e in quella meridionale dell’isola. In tal modo, si legge in un comunicato del gruppo elettrico, la capacità richiesta viene messa a disposizione «senza dover investire in nuovi impianti a gas, compiendo così un passo concreto per la trasformazione della Sardegna in Isola Verde».

Turbine nella campagna inglese (da Unsplash)

Turbine eoliche nella campagna inglese (da Unsplash)

Nel commento alla notizia, anche il Sole 24 Ore ha riportato che l’isola è destinata a decarbonizzarsi, grazie a un mix di nuove interconnessioni elettriche, di rinnovabili e di batterie. Questo risultato si basa su batterie al litio, con capacità di accumulo di 4 ore, figurarsi cosa accadrà in termini di sostituzione quando anche in scala locale verranno adottate le tecnologie che si stanno sviluppando in diversi paesi e che consentiranno accumuli di 10-12 ore.

Nell’articolo, infine, si trascura il fatto che non tutte le rinnovabili sono gestite dal GSE. Sono oltre dieci anni, infatti, che incentiviamo l’autoconsumo, cosa che rappresenta un beneficio sulle bollette, nonostante ciò che il cittadino paga come contributo al capacity market, e lo sarà molto di più nel futuro con il recepimento delle direttive europee Red II.

In conclusione, cosa ci costringe a restare su un sistema a “marginal price”? Qual è la posizione dell’Italia rispetto alle necessarie modifiche di un mercato nato in tempi remoti dal punto di vista dell’energia? Un sistema dove una fonte che copre poche percentuali del mercato del giorno prima faccia il prezzo non è detto che sia il più efficace. Inoltre, ricordiamo che la vendita in borsa non è obbligatoria e che si possono già oggi fissare prezzi anche a lungo termine: più contratti a lungo termine si faranno, più i prezzi tenderanno a stabilizzarsi.

Avanti dunque nella transizione senza perplessità, magari con il coinvolgimento degli operatori del mercato per approfondire le analisi economiche relative al futuro dell’energia.