L’importanza delle donne nelle aziende quotate in Borsa

scritto da il 29 Aprile 2022

Ho già parlato, in passato, dell’importanza di avere un maggiore numero di donne nei ruoli apicali delle aziende. Oggi vorrei concentrarmi sull’importanza delle donne nei consigli di amministrazione delle aziende quotate in Borsa (Aim, listino completo etc..). Le quotate sono entità estremamente sensibili, alle percezioni degli azionisti. Oggi più che mai, con l’avvento di una più marcata presenza di standard ESG, a cui ogni azienda deve attenersi, la “G” di governance assume un valore rilevante.

La governance, all’interno di un’azienda quotata, deve poter dimostrare di rappresentare, integrando, differenti punti di vista. La presenza femminile in un consiglio di amministrazione, sino ad assurgere al ruolo di amministratore delegato, è un fattore rilevante per avere una governance aperta ad ogni contaminazione culturale, educativa ed emotiva. Ricordiamo sempre che le donne hanno, come fattore innato, le famose “soft skill”. Sono elementi di cui oggi si parla molto che sono, nelle donne, più evoluti rispetto agli uomini.

Oggi, con tutte le variabili che le aziende devono affrontare (Covid, Great Resignation, smart working, crisi della supply chain, Ucraina, tanto per indicare le ultime), avere un board connotato da una maggiore empatia, flessibilità, resilienza, è sicuramente una risorsa sia per l’azienda stessa, che per gli stakeholder e gli azionisti della stessa.

I numeri prima di tutto

Stanti i dati Consob “a fine 2021 il 41% degli incarichi di amministrazione nelle società quotate è ricoperto da una donna, dato che rappresenta il massimo storico osservato sul mercato italiano. A fine 2021 la maggior parte degli emittenti ha applicato la quota di genere dei due quinti: in particolare si contano 131 società nel cui organo amministrativo siedono in media 4 donne che rappresentano quasi il 44% del board. I dati sulla presenza femminile sono solo marginalmente inferiori nelle restanti imprese che ancora non hanno applicato la nuova normativa. In particolare nei 43 casi in cui l’ultimo rinnovo è stato effettuato.”

Se questi numeri sembrano semplici statistiche possiamo discuterli con attori sul campo: aziende quotate o realtà che le gestiscono.

“La costruzione di un ambiente sereno e inclusivo, in cui le persone possano esprimere il loro potenziale ed essere valorizzate, è di primaria importanza per Fine Foods e per questo siamo anche molto attenti alle politiche relative alla parità di genere”, mi spiega Giorgio Ferraris, CEO di Fine Foods. “Il 43% del nostro board è composto da donne così come il 48% del nostro management. Siamo consapevoli che la diversità sia un valore, che porta con sé una maggior capacità di riconoscere rischi e opportunità di business e l’abilità di risolvere i problemi con maggior efficacia. Diversità significa aumentare l’efficienza organizzativa, il tasso di innovazione, di soddisfazione dei dipendenti e favorisce la creazione di valore nel medio-lungo temine. Come azienda abbiamo concluso interessanti operazioni di M&A nel corso del 2021, cosa che ha richiesto la gestione di tutti gli effetti, in primis strategici ed organizzativi, che l’integrazione di più società comporta. A questo si aggiungono le sfide legate alla capacità di fare impresa in un mercato sempre più complesso ed in continua evoluzione che siamo contenti di affrontare con un consiglio di amministrazione ed una struttura di management equilibrata e diversificata”.

Se allarghiamo la visione, osservando lo scenario dal punto di vista di un advisor finanziario che accompagna PMI italiane in Borsa (Aim), possiamo dialogare con Corinna zur Nedden, amministratore delegato di Ambromobiliare. “I numeri del rapporto Consob sono molto incoraggianti: mostrano quanto bene funziona la legge Golfo-Mosca del 2011. Una legge che ha introdotto l’obbligo normativo della riserva di posti a favore del genere sotto rappresentato negli organi di amministrazione delle società quotate in aborsa. L’Italia è stata pioniera, all’interno dell’Unione Europea: si è posizionato, dopo solo due anni dal varo della legge, per essere in linea con questa direttiva. In Italia la legge ha funzionato molto bene sul mercato regolamentato anche perché Consob ha ampio potere sanzionatorio. Però dove non si applica questa legge, come per esempio sul mercato Euronext Growth Milan (EGM), la situazione cambia radicalmente. In una nostra ricerca (fine 2020) abbiamo riportato come nel 39% delle società quotate su EGM non è presente neanche un consigliere di genere femminile nel CdA, e in generale, solo il 15% dei consiglieri in questo mercato è rappresentato da una donna. Dati che spaventano, considerando che l’efficienza del board migliora con la diversità di genere”.

Ad avere una visione globale ci aiuta Paola Scarpa, managing director di Google Italia. “È indubbio che questo percorso virtuoso abbia avuto la sua genesi grazie alla legge Golfo-Mosca. Ricordiamoci che le persone, sovente, si scelgono tra simili. L’aver forzato la mano, imponendo delle quote, ha permesso di rompere questo circolo vizioso in cui gli uomini sceglievano, in maggioranza, altri uomini. Un fenomeno già famoso in Usa e dove già da anni si è posto rimedio. È un dato di fatto, ormai riconosciuto da numerose analisi, che portare donne nei CdA permette diversità di pensiero, un modello di ruolo per le nuove generazioni, benefici strutturali misurati, una gestione del rischio più efficace con una maggior attenzione anche ai soft skills, ovvero la capacità di ascolto, di uno stile decisionale volto alla coesione riducendo i conflitti interni”.

Organi di controllo e organi di amministrazione

Se osserviamo i dati Consob (fig.1) dal 2011 al 2021 possiamo osservare un netto miglioramento della condizione di diversity. Siamo passati da un misero 7,4% (per gli organi di amministrazione) ad un ben più equo 41%. Una simile crescita la osserviamo per gli organi di controllo, passando da un 6,5% ad un 41%.

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Fig. 1 (Dati Consob)

Sono numeri positivi ma resta da comprendere se siano sufficienti per portare una visione innovativa, più empatica, e, in generale, i benefici che da questi approcci possono ricadere nelle aziende quotate. Ci sono almeno due aspetti che possono trarre beneficio di una maggior presenza, o equilibrio, di genere nelle aziende. Uno operativo e uno di percezione. In termini operativi, come menzionato prima, un organismo che ha una diversity elevata (sino ottimisticamente a giungere ad una parità) permette di avere differenti approcci quando si tratta di affrontare delle sfide: sia che si tratti di innovazione, crisi, operazioni straordinarie.

In termini di percezione mi riferisco a come l’azienda quotata viene considerata dagli osservatori esterni: media, stakeholder, investitori. Per quanto, in apparenza, questo aspetto possa suonare come un semplice pinkwashing, si rivela un aspetto essenziale (dato per scontato che le scelte delle risorse umane femminili siano state dettate da competenze ed efficienza). Oggi i media sono estremamente attenti a come un’azienda sia capace di valorizzare le differenti diversity. Tra esse la gender economy ricopre ovviamente un aspetto fondamentale. La percezione che i media hanno di una società quotata, in ambito di gender economy, si traduce in analisi, posizioni e discussioni che, a loro volta, influenzano gli stakeholder e gli stessi investitori che, in ultima istanza, possono influenzare le quotazioni dell’azienda stessa in Borsa.

“In Fine Foods abbiamo creato un ecosistema molto attento agli standard definiti dalla gender economy – mi spiega Ferraris – . La nostra crescita negli ultimi anni ha comportato importanti investimenti a livello di human capital: nuovi colleghi, differenti dinamiche che devono essere armonizzate, standard comunicativi che devono essere equiparati. Queste e molte altre sfide non sarebbero mai state superate senza il contributo derivante dalle diverse competenze, sia core che soft, che possono essere espresse al meglio nel momento in cui uomini e donne lavorano insieme. La scelta quindi di avere un management e un board in cui vi è un equilibrio tra i generi si è tradotta in un’azione logica, a prescindere dalla legislazione vigente”, conclude Ferraris.

Sui dati di Consob aggiunge delle puntualizzazioni anche zur Nedden. “Vi è un’altra ricerca di Consob, del 2018, su tutte le società quotate, che misura il miglioramento della performance del board, che merita di essere analizzata brevemente. Lo studio evidenziava come l’ingresso delle nuove amministratrici ha contribuito anche a modificare altre caratteristiche dei board, riducendo l’età media, aumentando la diversità in termini di età e background professionale e il livello medio di istruzione. Lo studio indicava inoltre come sia determinante la presenza di una massa critica di donne perché queste riescano ad impattare positivamente sui risultati d’impresa, supportando la validità della cosiddetta critical mass theory. In particolare, quando la percentuale di donne supera una determinata soglia, che varia tra il 17% e il 20% del board, le stime evidenziano un effetto positivo e significativo su tutte le misure di performance utilizzate. Il che vuol dire che non basta nominare solo una donna in consiglio. Per migliorare veramente la performance, ne serve almeno il 20%”, conclude zur Nedden.

Anche Scarpa è positiva ma si spinge a valorizzare uno scenario futuro ancora più auspicabile. “Avere donne nei board non risolve il problema, io sarò contenta quando vedrò il 50% di Ceo donna. Il vero gioco ha luogo non solo nei Cda, ma soprattutto nei comitati esecutivi. I risultati evidenziati da Consob sono sicuramente un buon punto di partenza ma dobbiamo ambire ad una visione più ampia. Sia ben chiaro, non sto promuovendo uno scenario futuro di Cda composti solo da donne. Anche in questo scenario avremmo degli squilibri. Trovo vitale avere un Cda che guidi un azienda il cui personale (dall’ultimo dipendente al Ceo) sia rappresentativo di tutte le diversity che compongono la società civile a cui quell’azienda si rivolge e con cui dialoga per promuovere i suoi servizi e/o prodotti. Se parliamo di donne le loro softskill servono a creare processi decisionali più rotondi, meno aggressivi, più inclusivi. Non succede solo se hai donne nei Cda; succede se hai una perfetta rappresentanza nella struttura organizzativa, nella stanza dei bottoni: Ceo, direttore generale, etc.”, conclude Scarpa

Spesso tendiamo a guardare il futuro delle aziende con un approccio quantitativo: più margini, più fatturati, più produzione etc… La legge GM ha sicuramente portato un rilevante cambiamento nel mondo aziendale. Eppure questa “scossa” è solo l’inizio di un processo che dovrebbe ispirare le aziende quotate, e le loro filiere, a domandarsi quanto esse siano veramente in contatto con tutti gli stakeholder che le osservano, le valorizzano e le supportano. Un mondo con aziende quotate più “equilibrate” può essere un passo significativo per abbracciare le sfide futurediversity-unsplash.

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