Musei, il digitale dimezzerà i tempi per tornare ai livelli pre-pandemia

scritto da il 30 Maggio 2022

A cura di Alessandra Sciolotto, Direttore Generale di Secutix Italia –

La crisi sanitaria ed economica che perdura a livello mondiale ha avuto un profondo impatto sul mondo della cultura. ICOM – International Council of Museums – ha stimato perdite economiche per il settore museale a livello globale tra il 75 e l’80% nel 2020, prevedendo la chiusura del 30% dei musei statunitensi in assenza di sostegno finanziario.

A livello locale, Federculture ha evidenziato nel Rapporto Annuale 2021 che nel primo anno della pandemia i siti museali pubblici italiani hanno subito una perdita di visitatori media del 75,6%, rispetto all’anno precedente; il 62% delle imprese del settore culturale ha dichiarato un impatto negativo sul proprio bilancio fino al 60%; nel 70% dei casi ha fatto ricorso a misure di licenziamento o fondi di integrazione salariale. La situazione è stata sicuramente aggravata dal calo dei turisti stranieri nel nostro Paese, da sempre un pubblico primario soprattutto per i musei: nel 2021 ci sono stati infatti 120 milioni di visitatori stranieri in meno rispetto al 2019. A soffrire sono state soprattutto le grandi strutture museali che, negli anni, hanno spesso investito più nel target extra-Italia, piuttosto che verso la crescita di visitatori locali.

Il digitale, resistenze e criticità strutturali

Sebbene già a partire dal 2020 molti musei abbiano iniziato ad implementare soluzioni digitali per mantenere la vicinanza al proprio pubblico, tuttavia, come evidenziato da Civita nel suo 12° Rapporto, sono ancora diverse le resistenze e le criticità strutturali del settore.  Per diverse realtà, il passaggio al digitale non sembra, infatti, essere stato definito da una strategia, né essere stato preparato e attuato con l’ausilio di figure professionali con competenze adeguate. Inoltre, non sono evidenti piani di investimento a lungo-medio termine, soprattutto nei musei di piccole e medie dimensioni. La causa è spesso da attribuirsi alla mancanza di risorse economiche per affrontare il passaggio al digitale; tuttavia, Civita stessa auspica che i musei si strutturino per implementare e utilizzare i più sofisticati sistemi di conoscenza del loro pubblico oggi disponibili, fondamentali per sviluppare una strategia digitale efficace.

D’altra parte, l’Osservatorio Innovazione Digitale sui Beni e le Attività Culturali del Politecnico di Milano ha evidenziato nell’indagine “Extended Experience: la sfida per l’ecosistema culturale” – presentata nel 2021, a cui ha contribuito anche Secutix – che il 51% dei musei non si affida a professionisti con competenze digitali.

immagine di Bharat Patil per Unsplash

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Alcune “buone pratiche”

Diverse sono le esperienze messe in atto a livello globale per reagire all’inesorabile declino degli indicatori di benessere del settore museale/culturale, tra cui alcune particolarmente interessanti al di là dei nostri confini nazionali. È il caso del Museo del Louvre, che con l’apertura delle porte virtuali, ha aumentato le visite giornaliere sul web da 40.000 a 400.000 durante il lockdown del 2020. In un mese, il sito del Louvre ha ricevuto tanti visitatori virtuali quanti ne aveva accolti fisicamente per tutto il 2019.

Paris Musées, una rete di 14 musei della capitale, ha organizzato invece tour digitali per bambini, laboratori online per famiglie e ha aperto il suo archivio digitale con oltre 3.000 opere d’arte disponibili durante il lockdown. Rimanendo in Francia, il Centre Pompidou ha istituito come risposta alla mancanza di visitatori nel 2020 una serie web per bambini, visite guidate alla loro mostra e masterclass in streaming con artisti. La risposta del pubblico a questa nuova modalità di consumo culturale è stata immediatamente positiva.

Un caso particolarmente virtuoso è quello della National Gallery, diretta dall’italiano Gabriele Finaldi, che ha dichiarato di voler traghettare l’istituzione verso il futuro nei prossimi cinque anni, rispondendo alle sfide e alle opportunità del periodo post-pandemia. Inclusione, progressi digitali e responsabilità ambientale sono al centro di questo percorso, basato su importanti progetti infrastrutturali e sulla creazione di un nuovo centro di ricerca. Puntando su progetti ed esperienze, che potrebbero non aver mai visto la luce senza la pandemia, la National Gallery ha visto un aumento del 50% della sua portata digitale dal 2020 al 2021.

Va da sé che i grandi attori sono stati in grado di fornire contenuti digitali molto più facilmente rispetto ai piccoli musei. Ma proprio sulla base di queste esperienze, anche i piccoli musei possono trarre ispirazione per ampliare il proprio pubblico, partendo dal principio che il potere del virtuale, come per altri settori, è la capacità di trattenere e offrire al proprio pubblico contenuti attinenti alle proprie abitudini di consumo.

immagine di Stale Grut per Unsplash

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La relazione con il visitatore: la chiave di volta

Integrare un sistema CRM (Customer Relationship Management) nella biglietteria, ad esempio, significa abilitare un maggior numero di proposte “su misura” per i visitatori virtuali, quali una carta fedeltà per accedere ai contenuti digitali, l’accesso “privilegiato” ad un sito espositivo o uno sconto sulla prossima mostra, fino ad un aperitivo al termine della visita fisica.

Qualsiasi impresa commerciale richiede una buona gestione delle relazioni con i clienti: crediamo che questa sia la chiave grazie alla quale le istituzioni possano ottenere nel prossimo futuro un reddito sempre più significativo dalla cultura virtuale. Tuttavia, è necessario che le stesse si concentrino sullo sviluppo di strategie adattate alle loro esigenze, magari gestendo la transizione da un’offerta gratuita al pagamento, o aggiungendo a un livello di accesso gratuito proposte diversificate o, ancora, promuovendo le donazioni. Le strategie possono essere diverse a seconda che si intenda rivolgersi a un pubblico locale o a un pubblico straniero; ad esempio, dovranno essere prese in considerazione anche le preferenze linguistiche e culturali.

Una ripresa è già in atto, e sarà necessaria la metà del tempo, grazie al digitale

Siamo agli albori di una trasformazione del settore culturale: se guardiamo agli indicatori globali ed esaminando le diverse esperienze europee, possiamo stimare che, grazie al solo digitale, i musei stiano già accelerando la loro ripresa e il ritorno ai livelli pre-pandemia nella metà del tempo di cui avrebbero avuto bisogno prima delle terribili restrizioni del lockdown. La cultura virtuale è una delle eredità della pandemia: abbiamo avuto modo di scoprirne le potenzialità e il grande pubblico la sta già adottando come nuova modalità di consumo e intrattenimento. Possiamo dire che contenuti culturali fisici e virtuali sono destinati a coesistere, e che la vera sfida della cultura moderna sia sfruttare questa tendenza per tornare alla vita, orientando energie e risorse nel passaggio al digitale.

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