Oceani malati di plastica e non solo, le regate di SailGP per capire che fare

scritto da il 07 Giugno 2022

Post di Mirella Vitale, Senior Vice President Group Marketing, Communication e Public Affairs Rockwool – 

Undici tappe intorno al mondo per definire lo stato di salute degli oceani attraverso una mappatura mondiale delle acque dei quattro continenti interessati da SailGP, il circuito professionistico internazionale di regate di più alto livello: servirà a fornire una fotografia in tempo reale dello stato di salute degli Oceani per aiutarci a capire meglio come proteggere i mari e riparare i danni ormai fatti.

Lo facciamo insieme a One Ocean Foundation, iniziativa nata in Italia nel 2018 dalla volontà di un gruppo di appassionati uomini di mare con l’idea di analizzare scientificamente lo stato di salute dei mari e di sostenere soluzioni per invertire la tendenza. La Fondazione sta inoltre lavorando alla Ocean Disclosure Initiative, sviluppata insieme a McKinsey e a SDA Bocconi Sustainability Lab, per fornire uno strumento innovativo che aiuti le aziende a fornirsi di parametri utili per valutare e ridurre l’impatto sui mari e gli oceani.

In questo perimetro è rinchiuso il senso dell’accordo Race for the Future. Oggi, il 40% degli oceani è pesantemente influenzato dalle attività umane: inquinamento, sfruttamento delle risorse ittiche, perdita di habitat costieri e molto altro. Il più recente rapporto speciale del IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) indica una stima di aumento del livello delle acque tra i 26 e i 77 centimetri entro il 2100, con un aumento delle temperature di 1,5 °C. Un’altra analisi basata su dati europei e della NASA prevede un aumento di 65 centimetri (che conferma la valutazione peggiore del suddetto rapporto) entro la fine di questo secolo, se l’attuale andamento dovesse continuare.

Nel 2050 l’inquinamento marino da plastica sarà 4 volte maggiore di oggi. Dalla metà del secolo scorso sono stati prodotti 8 miliardi di tonnellate di plastica e il 90% non è mai stato riciclato. Oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono nei nostri oceani ogni anno e, senza interventi, questo numero dovrebbe quasi raddoppiare fino a raggiungere i 17 milioni di tonnellate all’anno entro il 2025. L’acidità degli oceani è aumentata del 26% rispetto al periodo pre-industriale e le previsioni dicono che entro il 2100 si assisterà a un incremento del 100-150%. Nel contempo, si stima che solo il 5% circa dell’oceano sia stato esplorato: per soddisfare la domanda di una popolazione mondiale in crescita, è sempre più necessario rivolgersi all’oceano e alle sue preziose risorse, non ultime quelle minerali.

Gli abissi nascondono giacimenti di cobalto, rame e nichel, materie prime che potranno alimentare in futuro le batterie di un mondo che vuole ridurre le emissioni di carbonio, sostituendo i combustibili fossili. L’energia eolica offshore ha tutto il potenziale per raggiungere quella prodotta dalle trivellazioni entro il 2050. Ma una gestione responsabile di questi beni comuni richiede la conoscenza dei delicati equilibri dell’ecosistema blu e di come stia cambiando, e questo necessita l’acquisizione di una grande quantità di dati.

immagine di James Donaldson per Unsplash

immagine di James Donaldson per Unsplash

La Decade of Ocean Science delle Nazioni Unite è fondamentale per porre l’attenzione globale su questo tema e su come sia fondamentale diffondere un utilizzo sostenibile delle risorse marine entro il 2030. L’attuale scenario ci vede affrontare una grande crisi energetica che impatta sull’economia globale e richiama con forza l’attenzione nei confronti di fonti diverse e sostenibili: l’IPCC ha messo in guardia dalle severe conseguenze in caso di fallimento sulla prevenzione del riscaldamento globale sopra 1,5°. Il potere energetico che può scaturire dal vento oceanico, dalle sue correnti e onde, giocherà un ruolo cruciale nel raggiungimento degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile.

Al momento, l’energia eolica offshore incide solo per lo 0.2% sulla produzione di elettricità, ma è destinata a crescere e ad allinearsi a quella prodotta dalle trivellazioni. Abbiamo così unito le forze in una innovativa partnership scientifica, pluriennale e su scala globale con l’obiettivo di accelerare la diffusione di soluzioni a protezione di mari e oceani. La collaborazione tra il team danese SailGP by Rockwool e One Ocean Foundation punta ad accelerare soluzioni ai problemi degli oceani ispirando la società civile, le imprese, i decisori politici sull’importanza di un’economia blu sostenibile.

Durante la terza stagione di SailGP, il Team Denmark SailGP by Rockwool collaborerà con One Ocean Foundation per analizzare, tracciare e ridurre il proprio impatto ambientale in termini di emissioni di gas serra e di plastica – i due principali problemi che stanno mettendo a dura prova l’oceano – durante le sue attività (come parte dell’iniziativa Impact League di SailGP).

Mi ha molto colpito quanto affermato dal timoniere del Team danese, Nicolai Sehested, che a Point Nemo, nel Sud Pacifico, un luogo del pianeta più lontano da ogni terra emersa, dove gli esseri umani più vicini sono gli astronauti sulla  Stazione Spaziale Internazionale, ha avvistato spazzatura. Il catamarano foiling F50 diventerà quindi una sorta di laboratorio scientifico che raccoglierà una serie di campioni per creare una prima mappa internazionale della salute del mare.

“Nonostante più del 70% della Terra sia coperta dall’acqua, non sappiamo ancora abbastanza dei nostri oceani, e questo rende impossibile proteggerli”, sostiene Sandro Carniel, capo del Dipartimento di ricerca presso l’Institute of Marine Science e parte del Comitato scientifico della One Ocean Foundation che fornirà al team di Rockwool gli strumenti necessari per limitare al massimo il proprio impatto ambientale, con l’obiettivo di diventare il primo team mondiale a impatto zero.