Klarna è in crisi ma il venture capital continuerà a investire sul fintech

scritto da il 11 Luglio 2022

Post di Andrea Di Camillo, Founder di P101 SGR* –

Nonostante il recente ridimensionamento delle valutazioni di alcune startup del settore, da Klarna a Robinhood, gli investimenti nella tecnologia applicata alla finanza non si fermeranno. Le banche hanno necessità di digitalizzare i processi, le corporate hanno sempre più interesse ad arricchire l’offerta aggiungendo servizi finanziari e poi ci sono le tecnologie di frontiera, ancora tutte da scoprire, come la blockchain che apre a nuovi mercati e occasioni di business.

È un periodo difficile per le fintech. La stampa internazionale ha rilanciato il titolo nei giorni scorsi, soprattutto a commento della notizia che la startup svedese Klarna, pioniera del buy now pay later, deve affrontare un taglio della sua valutazione di circa 30 miliardi di dollari (dai 46 del 2021 ai circa 15 miliardi di dollari di oggi), mentre ha già annunciato che licenzierà il 10% della sua forza lavoro globale. Non è la sola startup fintech alle prese con questo trend ribassista: la piattaforma di trading online Robinhood ha annunciato che taglierà la propria forza lavoro del 9%.

C’è da dire che in prossimità di una recessione globale e con un mercato in profonda fase Orso forse questi numeri non dovrebbe sorprendere più di tanto. Ma è anche possibile che si tratti di casi singoli che, come spesso accade in mercati nelle prime fasi di sviluppo, contribuiscono a fare pulizia e a far emergere il reale valore.

Nel 2021 il fintech è stata la categoria di start-up più gettonata tra gli investitori di venture capital, italiani e non solo. E la ragione è chiara: è un settore che ha dimostrato nell’ultimo biennio di avere la capacità di cambiare il modo in cui si erogano i servizi finanziari e in cui se ne fruisce. Un cambiamento che è strutturale e non legato al contingente. Soprattutto, un cambiamento che è ancora agli albori: infatti siamo ancora a un livello embrionale dello sviluppo della tecnologia finanziaria.

Partiamo dai numeri che consentono di identificare un primo raggio d’azione.

Fintech: prima in classifica per flussi dal venture capital

Secondo il report sul VC di CB Insights, il venture capital globale vale 620,8 miliardi di dollari, un valore in crescita (già nel 2021 è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente). Del capitale investito, ben un quinto (ovvero 132 miliardi) è stato destinato a società fintech. Nel 2020 le stesse società avevano ricevuto investimenti per 49 miliardi di euro (e dunque il dato 2021 segna un incremento del 169%). Non solo: un unicorno ogni quattro che è diventato tale nel 2021 è una fintech – a indicare che iniziano a esserci scale-up mature sul mercato. C’è inoltre un dato che indica che l’interesse per il fintech da parte del VC sarà ancora elevato nei mesi e negli anni a venire: il 64% dei 132 miliardi di euro investiti sono stati veicolari alle fasi early stage.

Inoltre, secondo il Global Fintech Market Research Report, il mercato globale del fintech raggiungerà un valore complessivo di 324 miliardi di dollari entro il 2026, con un tasso di crescita annuo pari al 25,18% nel periodo 2022-2027.

(jirsak - stock.adobe.com)

(jirsak – stock.adobe.com)

 Per l’Italia un 2022 florido

In Italia il fintech ha dominato i primi mesi del 2022, caratterizzati dalla raccolta record di Scalapay, scale-up con sede in Italia, specialista nel buy-now-pay-later, che ha incassato un round da 497 milioni di dollari. L’Italia porta in dote un’industria del fintech florida, nata in ritardo rispetto al resto del mondo ma che nel giro di pochi anni è esplosa: oggi gli attori del fintech italiano sono solide scale-up con sistemi tecnologici proprietari che, grazie anche all’impulso dei lockdown pandemici, sono state in grado di servire una fitta rete di imprese e individui un(der)banked. Ma siamo appena all’inizio di un trend che va alimentato e foraggiato per una serie di motivi.

 Quattro trend per cui il fintech è abilitatore

1. I touch point sono ancora analogici (mentre il denaro è digitale)

Il primo è che il denaro è digitale, ma i touch point ancora lo sono solo in parte. Possiamo infatti già comprare una casa online, ma ancora dobbiamo andare in banca per fare il mutuo. Dunque tutta la parte di servizi finanziari che accompagnano la compravendita di prodotti e/o servizi necessita di essere digitalizzata, affinché fluisca senza soluzione di continuità. Il futuro dell’e-commerce è un luogo in cui tra i metodi di pagamento, oltre alla carta di credito, compaiano di default moduli di buy-now-pay-later, per esempio.

2. Il merito di credito si misura con i big data

Il secondo trend riguarda il credito. Il merito di credito sempre più si prezza attraverso informazioni digitali. La pandemia ha dato dimostrazione definitiva del fatto che i dati di bilancio, il caposaldo su cui si basava la valutazione “analogica” bancaria, non sono sufficienti a stabilire la solvibilità delle aziende, perché fotografano uno status quo vecchio e presumibilmente superato dai fatti. La solidità delle aziende dovrebbe essere valutata a partire dalle proiezioni sulla capacità futura di onorare i debiti: e queste informazioni si trovano nei flussi di pagamento delle fatture, ovvero nei conti correnti, e sono reperibili grazie all’open banking, che è abilitato dal fintech.

3. Il digitale aumenta le occasioni di formazione finanziaria

Ancora, l’educazione finanziaria è necessaria a ridurre le disparità e le polarizzazioni sociali, che sono ancora oggi l’elefante nella camera. Diversi studi, tra cui questo di Bankitalia, misurano che il livello medio di alfabetizzazione finanziaria degli italiani è tra i più bassi nell’Ocse. Nel 2020 l’indice (che si compone di tre elementi: conoscenza, comportamento e attitudine) si ferma a quota 11,2, in una scala che va da 1 a 21, sostanzialmente in linea con il valore rilevato nel 2017. Questo pone l’Italia in una posizione di sudditanza rispetto al resto del mondo occidentale. La digitalizzazione può aiutare: così come avvenuto per l’informazione, la digitalizzazione dei processi rende agevole l’accesso a tutti gli stakeholder, aumenta le fonti disponibili e la capacità di formarsi.

4. La rivoluzione della blockchain è ancora un oceano blu

Ultimo, ma non meno importante. Negli ultimi anni è diventata sempre più evidente la rilevanza percepita delle criptovalute e dei crypto-asset. Le prime sono per lo più accumulate e detenute a scopo speculativo (e dunque non usate come mezzi di pagamento), mentre i secondi sono ancora frutto di esperimenti dal dubbio futuro. Tuttavia, comunque la si pensi su criptovalute e crypto-asset, non va dimenticato che si basano su una tecnologia sottostante che è il vero valore aggiunto: ovvero la blockchain, che è destinata a cambiare il paradigma della finanza. Le future applicazioni consentiranno la proliferazione di moltissimi servizi finanziari nuovi, più sicuri, più veloci: ad esempio, la creazione di smart contract, oppure la possibilità di investire in azioni e obbligazioni in maniera disintermediata e sicura attraverso la tokenizzazione dei titoli. E il fintech è l’abilitatore di tutto questo, ciò che consente a ogni idea nella tecnologia finanziaria di trasformarsi in business.

*P101 SGR

P101 SGR è uno dei principali gestori di fondi di venture capital in Italia, specializzato in investimenti in società innovative e technology driven in Europa. Nato nel 2013 e fondato da Andrea Di Camillo, annovera tra gli investitori dei propri fondi Azimut, Fondo Italiano di Investimento, European Investment Fund, Fondo Pensione BCC, Cassa Forense oltre ad alcune tra le principali famiglie imprenditoriali italiane. P101 SGR, gestisce attualmente due fondi, oltre al primo veicolo di investimento retail destinato al venture capital sviluppato in collaborazione con il Gruppo Azimut. Con masse in gestione superiori a € 200 milioni, P101 ha investito in oltre 40 società tra cui Opyn, Cortilia, Milkman, MusixMatch, e Tannico.