Più spazio ai giovani nei Cda delle quotate? Ѐ il momento di parlarne

scritto da il 14 Luglio 2022

Post di Gabriele Barbaresco, Responsabile Area Studi Mediobanca, e Gaetano Fausto Esposito, Direttore Generale Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”

Abbiamo letto con interesse l’articolo di Leonardo Dorini su Econopoly del 7 luglio u.s., titolato “Le medie imprese italiane? Bilanci in salute e nuove sfide generazionali”.

Condividiamo la lettura dei dati e gli aspetti problematici che l’autore solleva. Sotto questo profilo, un passaggio della sua analisi ha attratto la nostra attenzione, laddove si richiama che circa i tre quarti delle imprese che non hanno affrontato il passaggio generazionale adducono quale motivazione la presenza di una nuova generazione troppo giovane. Un quadro che, si legge nel post di Dorini, “fa alzare un sopracciglio a più di un osservatore, compresi noi”.

Ci annoveriamo volentieri anche noi tra coloro che valutano con circospezione quel dato. In effetti, la percezione di quali siano le soglie di ingresso e uscita dalla gioventù e le relative azioni imprenditoriali o di policy rappresentano temi meritevoli di approfondimento, anche alla luce di positivi risultati che in diversi ambiti conseguono le imprese guidate da giovani imprenditori. Richiamiamo a questo proposito, e a puro titolo esemplificativo, alcune brevi osservazioni:

1. La recente indagine “La gioventù: una generazione in(de)finita”, diretta da Ilvo Diamanti, ha messo in luce, tra gli altri, un aspetto davvero peculiare. Alla domanda: “Fino a quando si è giovani?” i nostri concittadini hanno indicato 51 anni, un’età sensibilmente più avanzata rispetto a quanto indicato da tedeschi e francesi (40 anni) e, soprattutto, dai britannici (30 anni).

2. In nostre passate indagini campionarie (Osservatorio sul risk management nelle medie imprese manifatturiere, a cura di Cineas-Mediobanca) abbiamo indagato con qualche maggiore dettaglio il tema della maturità anagrafica e del passaggio generazionale. Ѐ emerso che la percezione di precocità di quest’ultimo è inversamente legata alla generazione al comando dell’impresa. La prima generazione dichiara in media la prematurità del passaggio nel 56% dei casi, quota che si riduce regolarmente all’aumentare della ‘storia generazionale’, arrivando ad appena il 2% quando l’azienda è condotta dalla quarta generazione. Sembra esistere una sorta di ‘memoria’ nelle imprese plurigenerazionali che, avendo toccato con mano la criticità del ricambio, lo affrontano per tempo e senza indugio. Tanto più che l’età dei Ceo tende a calare con la vetustà dell’impresa: quelli di prima generazione hanno in media 61 anni, quelli della terza 56 anni. Non vi sarebbero quindi motivi anagrafici evidenti per cui le imprese di prima generazione debbano procrastinare l’organizzazione della transizione, se non appunto una relativa sottovalutazione.

(Adobe stock)

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3. Le imprese guidate da giovani manifestano poi un’interessante reattività. Una recente indagine condotta su un campione di 1.600 PMI ci dice che le piccole e medie imprese guidate da under trentacinquenni presentano una maggiore resilienza, prevedendo di tornare nell’86% dei casi ai livelli produttivi pre-Covid o di superarli, contro l’82% di quelle non giovanili e per questo il 25% stima un aumento delle assunzioni per il 2022 (contro il 21% delle altre imprese). Più in generale, i giovani imprenditori d’imprese nate negli ultimi 10 anni punteranno maggiormente sul digitale nei prossimi anni: il 50% delle realtà guidate da giovani prevede di investire nelle tecnologie 4.0 tra il 2022 e il 2024, contro il 43% di quelle non giovanili.

4. Se le imprese si lasciano sfuggire l’opportunità di ringiovanire le proprie linee apicali ‘motu proprio’, vi è sempre l’eventualità (sulla cui opportunità non ci pronunciamo) che la materia sia regolata ex lege. Nel maggio 2021 una delle prime esternazioni a nostra conoscenza è avvenuta per voce di Lorenzo Sassoli de’ Bianchi, Presidente di Valsoia, che ha lanciato l’idea di un 20% di under 40 nei Cda delle società quotate. “Il genere meno rappresentato in azienda? Ѐ quello giovane”, ha aggiunto Francesco Casoli, Presidente di Aidaf, associazione delle imprese familiari che starebbe lavorando alla stesura di una proposta passibile di sfociare in un progetto di legge. Da ultimo, il tema è riecheggiato all’assise dei Giovani di Confindustria dello scorso giugno. Saranno più veloci le imprese o il legislatore?