Proposta per la giustizia: aboliamo le ferie d’agosto nei tribunali

scritto da il 31 Agosto 2022

L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –

Tra le problematiche che il nuovo Governo dovrà affrontare, in primo piano c’è la riforma della Giustizia, in stretta connessione con le misure che riguarderanno l’economia. Sono temi legati tra loro, in quanto gli imprenditori esteri sono scoraggiati ad investire in Italia per le lungaggini della burocrazia e le incertezze dei processi italiani. Ma la popolarità delle toghe non va meglio neanche guardando all’interno dei confini: sei italiani su cento ormai, non si fidano più dei magistrati.

La proposta – coraggiosa, a mio modo di vedere – di Berlusconi sulla inappellabilità delle sentenze di primo grado di assoluzione degli imputati, unitamente all’annoso problema della separazione delle carriere, sono spunti da cui partire e riflettere. Per quanto riguarda il primo punto, può essere una proposta interessante, anche se non di facile e breve soluzione. Mentre per il secondo, la ritengo una cosa talmente complessa da attuare, salvo poi alla fine non produrre chissà quali effetti positivi sulla credibilità della Giustizia agli occhi dei cittadini.

Andando controcorrente, invece, provo ad abbozzare una proposta, forse provocatoria, ma che ha fondamento su un tema che conosco a menadito e di cui mi occupo da 30 anni in qualità di giudice onorario e tributario: aboliamo il periodo feriale, cioè quel mese, in cui la giustizia si ferma, ad eccezione dei processi penali per direttissima.

Ma come? Ci scandalizziamo che i processi civili durino in media 10 anni e poi permettiamo ai Tribunali di chiudere (praticamente) un mese?

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Mi viene in mente una nota citazione di Sergio Marchionne che, al suo periodo iniziale in FIAT, raccontò di una visita in sede in pieno agosto, in cui trovò tutti in ferie. In quel periodo l’azienda perdeva milioni al giorno, e divenne quindi celebre la citazione: “Ma in ferie da cosa?”. Il concetto può essere agevolmente ribaltato sul tema giustizia.

A ciò aggiungiamo che i magistrati si prendono “giustamente” il mese di congedo ordinario, come tutti i lavoratori statali, finendo per lavorare 80 o 100 giorni all’anno, un terzo meno degli altri dipendenti della Giustizia e dello Stato. Non sarebbe forse ora di abolire tale norma di sospensione feriale obsoleta, ritardante ed inutile per la giustizia? Stimolando al contempo una maggiore presenza dei magistrati negli uffici giudiziari, magari tutti i giorni come gli altri dipendenti della Giustizia e non solo due giorni a settimana, quando sono fissate le udienze, senza alcun controllo sulle loro assenze o meno, dato che non sono soggetti a timbrare il “cartellino” in possesso di tutti i dipendenti. “Cartellino” che dà diritto ad una indennità giudiziaria pari a 300 euro mensili.

Nella mia esperienza di giudice onorario presso il Tribunale di Latina ho redatto centinaia di sentenze relative a processi civili che duravano addirittura da 15/17 anni. Cosa talmente indifendibile da farci vergognare di essere cittadini italiani all’estero. Tant’è vero che l’Italia ogni anno (e quindi noi contribuenti) paga milioni di euro, a seguito di condanne di Strasburgo, per ritardata e denegata giustizia.

Di recente, un famoso economista e politologo americano e, ha sostenuto in una intervista che in Italia sono ancora le toghe che influenzano tutte le scelte politiche pubbliche. C’è un fondo di verità in tutto ciò?

Sotto altro aspetto, si pone il tema della produttività e dell’efficienza della Giustizia stessa, rispetto al precipuo scopo a cui sarebbe demandata. Desidero affrontare l’argomento attenendomi ai numeri, alle carte, alle fonti ufficiali, alle statistiche, che non lasciano ombra di dubbio sul fatto che l’Italia, nella classifica della lentezza della Giustizia civile nell’anno 2020, occupi il 54º posto, dopo Ruanda e Ghana, ciò comportando come ulteriore conseguenza, una decrescita o riduzione degli investimenti esteri scoraggiati da una tale giustizia lumaca.

Insomma l’Italia ancora una volta conferma il triste primato di processi lumaca e di violazioni dell’articolo 61 della convenzione Europea. Per circa 500 sentenze di condanna del Governo italiano a favore di ogni singola vittima, si parte da un minimo di 5 milioni a un massimo di 97 milioni di euro, sempre soltanto per il danno morale.

Un ulteriore rimedio a tutto questo potrebbe essere quello di vietare la domanda di trasferimento dei magistrati, sino a quando non abbiano esaurito (cioè smaltito) i processi assegnati in quel momento. In conclusione e sintesi, tre articoli per curare la Giustizia: il primo che fissa tre anni alla conclusione di un processo civile, il secondo che fissa due anni alla conclusione di un processo penale e l’ultimo articolo che disponga una sanzione disciplinare ed economica nei confronti dei magistrati che non ottemperino a tali articoli.