PNRR da rivedere? Indispensabile per migliorare le scelte infrastrutturali

scritto da il 14 Dicembre 2022

Post di Marco Ponti, Bridges Research Trust onlus –

Il governo Meloni ha segnalato ripetutamente che il PNRR è in ritardo, e questo sembra un dato acquisito. Ma è anche oggettivo che le scelte su cui si fonda sono datate, a causa di eventi sopravvenuti non prevedibili all’atto della sua formulazione (guerra in Ucraina e inflazione).

Nel settore delle grandi infrastrutture, dominato da quelle ferroviarie, i motivi di una riflessione in effetti paiono numerosi e solidi. Anche perché queste scelte, come argomenteremo, sembrano basate più che su altro sulla fretta di spendere le risorse. Se tale fretta risultasse superabile, forse le scelte potrebbero essere di migliore qualità.

Il rischio inflazione

Iniziamo dal fattore più fattuale: l’inflazione. Questa rischia di richiedere molte più risorse per completare quanto ci si è impegnati a fare, e se queste non provengono dall’Europa dovranno provenire dall’erario, in quanto questi investimenti, al contrario di altri, sono interamente a carico delle casse pubbliche.

E il rischio cantieri infiniti

Qui emerge un rischio molto reale: i cantieri infiniti.

Se, una volta terminati i fondi europei occorra che provveda lo Stato, lo scenario di finanziamenti a singhiozzo (“quando ci sono i soldi”) è davvero molto verosimile, e non solo per inefficienza: non sembra affatto che a fine periodo PNRR (cioè dopo il 2026) saremo liberi da stretti vincoli di bilancio, con un rapporto debito/PIL intorno al 150%. Altre esigenze sociali premeranno.

I cantieri che non si chiudono determinano rilevantissimi aumenti di costo, perché le attività non si possono interrompere totalmente: il personale è tutelato, macchinari e materie prime generano costi di ammortamento ecc..

C’è una vastissima letteratura su questi extracosti, che non affliggono solo l’Italia, e che, per inciso, renderebbero negativa qualsiasi analisi costi-benefici (nel caso improbabile che le scelte si basino realmente su analisi di questo tipo, cosa certo non vera per il nostro paese, come vedremo).

Limitare le opere previste dal PNRR?

Ci si potrebbe limitare a realizzare solo una parte delle opere previste? Forse per alcune, ma per esempio non per la maggiore, il raddoppio ad alta velocità della linea Salerno-Reggio Calabria, dal costo previsto intorno ai 22 miliardi, e di molto dubbia utilità anche se terminata (la linea che va a raddoppiare non è affatto satura ed è in corso di significativa velocizzazione).

Interromperla a Praja a Mare (il primo lotto nella fasatura attuale prevista per l’opera) la renderebbe una cattedrale nel deserto, anche perché il ministero ha interpretato una norma in sé sensata, quella dei “lotti funzionali” anziché “costruttivi”, in modo molto poco accettabile: certo oggi non è possibile terminare un’opera in aperta campagna, deve appunto essere funzionale, ma terminarlo in un centro minore non è cosa molto diversa.

E questo potrebbe ripetersi per molte altre opere.

PNRR

(dpa/picture alliance via Getty I)

Un problema: il conflitto di interessi

Venendo ora ad argomenti più di merito alla scelta delle opere, non si può dimenticare che le valutazioni sono state affidate (per di più a valle di una decisione data per già presa), a un soggetto, le Ferrovie dello Stato, che è il percettore netto del 100% dei fondi, cioè in conclamato conflitto di interessi. FSI è stata costretta a impiegare una metodologia di valutazione che definire “incauta” è certo un eufemismo.

Inoltre si tratta di opere capital intensive, con un impatto occupazionale, per euro speso, molto ridotto, e contenuti di innovazione tecnologica assenti, a conferma di una scelta dettata, più che da altro, dalla necessità di spendere.

PNRR, tempi di esecuzione e politiche ambientali

Ma un altro aspetto di merito molto importante concerne il PNRR e l’ambiente. Si tratta di opere che vedono prospettive di cambio di modo di trasporto, soprattutto tra strada e ferrovia, potenzialmente vantaggiose per l’ambiente.

Tuttavia tali opere entreranno in esercizio nel prossimo decennio, quando, a meno di fallimento totale delle politiche ambientali europee, le emissioni del modo stradale saranno radicalmente ridotte (e ciò in realtà è vero anche solo estrapolando le tendenze in atto).

E le emissioni di cantiere sono l’altra faccia della medaglia: un decennio di operazioni di macchine per il movimento terra e l’impiego di materiali energivori quali ferro e cemento non possono lasciare molti dubbi.

In Spagna tali emissioni, è stato calcolato, hanno reso il saldo ambientale negativo per più di un terzo della loro rete AV, quella con meno traffico. Questa situazione potrebbe ripetersi per alcune linee, e comunque i calcoli svolti da un auditor indipendente, BRT onlus, sembrano mostrare costi di abbattimento per unità di emissione estremamente alti, ben al di sopra delle già alte soglie europee.

Anche di questo fondamentale indicatore (il costo unitario di abbattimento delle emissioni, che potrebbe essere definita “efficienza ambientale”) non c’è traccia negli studi ufficiali presentati.

Veramente strano tuttavia che FSI non abbia ritenuto necessario di dover calcolare nemmeno le emissioni da cantiere, un parametro fattuale e di consolidata misurabilità.

In breve, l’”efficienza ambientale” di questi investimenti, se non negativa, sembra davvero molto modesta, e questo anche a motivo delle modeste previsioni di traffico per molte opere.

Meglio infrastrutture locali: ecco perché

Un ulteriore importante aspetto di merito riguarda i contenuti distributivi di opere per loro natura destinati a spostamenti, per il traffico passeggeri, su distanze medio-lunghe, che sono certo quelli meno frequenti per le categorie a basso reddito, sia di lavoratori che di studenti.

Sarebbe opportuna da questo punto di vista una radicale riallocazione di risorse in favore di servizi e infrastrutture locali per gli spostamenti di tipo pendolare. Le reti e i servizi locali nel Mezzogiorno sono di livello molto basso.

PNRR, fretta cattiva consigliera

Infine non meno importante appare pericolosa la fretta implicita in un programma di opere già in ritardo, programma che si decidesse di mantenere invariato: il settore è già per sua natura poco aperto alla concorrenza (e con una inquietante presenza di criminalità organizzata).

Quella fretta genererebbe fortissime pressioni per affidamenti diretti o comunque molto accelerati. Come evitare derive clientelari, o peggio?