Talenti in fuga negli USA, è un’emorragia. Ecco come fermarla

scritto da il 20 Gennaio 2023

Post di Francesca Parvizyar, Ambrogino d’oro 2022, amministratore delegato di Francesca Parvizyar International events, società attiva nel business development tra Italia e Stati Uniti –

Dai dati dell’AIRE, Anagrafe italiani residenti all’estero, emerge che all’inizio del 2020 negli USA erano 283.350 le persone iscritte all’anagrafe degli italiani residenti all’estero. A gennaio del 2021 sono aumentate a 289.685, mentre all’inizio del 2022 sono balzate a 297.917. Questo continuo esodo di italiani in USA dimostra quanto sia sempre più dinamico il mondo del lavoro americano.

Secondo l’Osservatorio di Francesca Parvizyar International events, gli Stati Uniti rappresentano la meta più ambita per gli italiani decisi a lavorare fuori dal Bel Paese (un italiano su 4). Seguono Svizzera e Regno Unito. Con distacco notevole troviamo, infine, al quarto posto Francia, al quinto Germania e Spagna.

Partenze quasi raddoppiate 

Negli ultimi anni il numero di italiani che sono partiti verso l’estero, specificatamente Nord America, sono quasi raddoppiati. Il lavoro negli Stati Uniti è sempre più una vera opportunità per i talenti italiani e le loro prospettive di carriera sono in crescita.

Molto significativo il fatto che in passato questo flusso migratorio proveniva dal Centro – Sud del nostro paese, ora è invece il Nord Italia a svuotarsi di giovani laureati che decidono di mettere la loro alta formazione al servizio delle grandi megalopoli americane. In Italia infatti continuiamo ad avere delle ottime università, la cui reputazione è in continua crescita.

Il sistema Italia, tuttavia, è vecchio e lascia poco spazio a giovani menti e professionalità che, visto l’alto profilo, non hanno difficoltà a trovare lavoro e soprattutto ad essere pagati come meritano.

Si parla tanto di talenti, di giovani e di sburocratizzazione del Paese e del rapporto da attivare tra pubblico e privato: negli Stati Uniti questo rapporto funziona molto bene, in Italia purtroppo non ancora.

I talenti vanno gratificati economicamente

Le aziende italiane dovrebbero colloquiare più attivamente con le università, integrando i giovani meritevoli nella realtà lavorativa immediatamente e con corretta remunerazione. Se non li gratifichiamo economicamente, fin da subito, se chiediamo loro di lavorare gratuitamente, i ragazzi scappano via. Bisognerebbe fare degli accordi più efficaci tra università e aziende italiane e integrare nei corsi di studio stage dedicati già dai primi anni. Per evitare che i giovani se ne vadano, quindi, occorre dedicarsi di più alle università. Ma dobbiamo occuparci dei talenti già dai licei e aiutarli a crescere professionalmente.

Talenti

(Marka)

In Italia mancano le prospettive di carriera

La fuga dei talenti negli Stati Uniti è dovuta quindi non solo alla burocrazia italiana troppo farraginosa, ma anche alla mancanza di prospettive di carriera. Tuttavia, oltre alla fuga di ‘cervelli’, sono in aumento anche le aziende americane che cercano talenti in Italia: questo aspetto sottolinea l’importanza per il nostro Paese di diventare fortemente attrattivo per i talenti di casa. Negli Stati Uniti, oltre a New York, Boston e San Francisco, una delle città che attrae talenti italiani è Chicago.

Non tutti sanno che Chicago e Milano hanno una grande storia di gemellaggio che inizia nel 1973 e questo ha incrementato molto le relazioni tra le due città. Per i talenti in fuga dall’Italia Chicago è una città sulla quale puntare. La metropoli sul lago Michigan ha un tessuto imprenditoriale vivace, è molto elegante, con una vita culturale vivissima e una storia economica importante. Si pensi alla Borsa delle materie prime. Inoltre, è una città a cui sono state legate tante figure politiche di spicco: si pensi a Obama, ma anche ai Clinton e ai Kennedy.

Talenti italiani: buone competenze e flessibili

L’Italia, quindi, è assolutamente attrattiva per gli Stati Uniti. C’è solo forse un po’ di diffidenza. È importante che gli italiani si relazionino con umiltà, rispettando le regole delle altre comunità, consapevoli dei propri mezzi, di quello che possono fare, usando l’intelligenza tipica degli italiani e non la furbizia che a volte fa commettere errori. I dati dimostrano, infatti, che i professionisti italiani sono apprezzatissimi negli Stati Uniti. Negli ultimi due anni c’è stato un aumento del 25-30% di italiani che sono andati a lavorare nelle città americane. Le aziende USA li accolgono a braccia aperte perché i professionisti che arrivano nel Paese hanno buone competenze e sono flessibili. Del resto, l’Italia ha fatto tantissimo e sta continuando a fare molto per gli Stati Uniti con i talenti italiani negli ospedali, nelle startup, nell’innovazione, nella tecnologia.

Spingere su lavoro da remoto e wellbeing

Per trattenere i talenti, oltre a investire di più nella formazione, occorre puntare di più sullo sviluppo professionale dei dipendenti. La tendenza nel 2023 in Italia sarà dunque quella di investire di più nello sviluppo dei talenti, anche se sarà un aumento moderato. Tutti concordano sull’importanza di adattare un programma su quegli elementi che rappresentano la nuova normalità aziendale. Mi riferisco a lavoro da remoto, maggiore flessibilità, iniziative di wellbeing, supporto al dipendente per evitare il rischio di stress da lavoro. Siamo però ancora troppo concentrati su modelli di formazione e sviluppo più tradizionali e standardizzati a tutti i dipendenti. I responsabili delle risorse umane e, in generale, i responsabili aziendali, oggi più che mai, sono chiamati a comprendere come sviluppare il potenziale delle loro risorse interne, come aumentarne la produttività, evitando al contempo rischi di burnout o fuga dei talenti.

L’Europa concorra a un piano anti-fuga dei talenti

Occorre anche un piano europeo per integrare e coordinare le contromisure alla fuga dei cervelli, considerato che tutti gli aspetti di tale fenomeno devono essere affrontati insieme ai livelli di governi nazionali. Un’attenzione particolare dovrebbe essere rivolta alla rimozione dei fattori strutturali che aggravano la fuga di cervelli, come la mancanza di istruzione e  infrastrutture digitali. Infine, anche gli enti locali possono individuare al meglio le risorse e i talenti presenti nel loro territorio, nonché le politiche necessarie per valorizzarli e, quindi, per trattenerli.