Criptovalute e soldi veri, occhi aperti per evitare insolvenze e truffe

scritto da il 20 Gennaio 2023

Post di Gianluigi De Marchi, consulente finanziario, giornalista e autore del libro “Pinocchiocoin” –

Anche chi non ha mai seguito il mondo delle cosiddette criptovalute, ha avuto notizia del crack di uno dei più grandi intermediari del settore, FTX, una “piattaforma” creata da uno dei tanti enfant prodige del web che in pochi anni era diventato uno degli uomini più ricchi del mondo.

Una criptopletora di monete virtuali 

In poche settimane la società è diventata insolvente, facendo svanire cifre stimate in circa 30 miliardi di dollari versati fiduciosamente da oltre un milione di investitori, di cui centomila italiani. La notizia riporta all’attenzione degli investitori un tema spesso dimenticato nei momenti di euforia, cioè il rischio connesso alle criptovalute, un mondo parallelo in cui ormai pullulano oltre 9.500 diverse monete virtuali. Elemento comune a tutte è il fatto di essere emesse e di circolare in assoluta libertà, senza alcun collegamento a Stati, ad economie nazionali, a valori reali: sono “progetti informatici” che promettono mirabilie. In certi casi hanno una (limitata) utilità ma generalmente rappresentano solo una flebile speranza di diventare ricchi in poco tempo.

Ricchi in un battito d’ali, la leggenda delle origini

Certo, chi è entrato nel mercato all’origine oppure nei momenti di flessione delle quotazioni ha fatto affari colossali: basti pensare che il primo possessore di bitcoin (un pizzaiolo della Florida) ha ricevuto 20.000 bitcoin per la consegna a domicilio di due pizze! Ai valori odierni il fortunato pizzaiolo avrebbe un gruzzolo di ben 400 milioni di dollari. Ma probabilmente li ha subito ceduti a qualcun altro, ben contento di aver incassato moneta “vera”.

Ma è ormai storia (o leggenda metropolitana); quello che avviene oggi è ben diverso, e quel mondo degli inizi, in cui molti vedevano la possibilità di creare un nuovo ordine monetario svincolato da banche e governi si trova a fronteggiare crisi enormi.

Dal 2011 incidenti a catena

I primi incidenti iniziarono già nel 2011: due fra le maggiori piattaforme operative dell’epoca, Bitcoinica e Tradehill, furono attaccate da un gruppo di hacker, che svuotarono i conti dei clienti.

Nel 2014 Mt.Gox, (piattaforma di negoziazione giapponese, una delle più grandi del mondo, arrivata a gestire il 70% delle criptovalute in circolazione) ebbe un tracollo irrefrenabile che portò al fallimento a causa del furto di 850.000 bitcoin depositati (circa 480 milioni di dollari ai tempi).

Altro caso è quello della turca Thodex, che ha improvvisamente chiuso il sito. Il proprietario Faruk Fatih Ozer è sparito nel nulla provocando l’integrale perdita dei depositi dei 400.000 clienti (controvalore oltre 2 miliardi di dollari).

In Canada la Voyager ha provocato perdite ingenti ai suoi clienti-depositanti investendo nell’hedge fund Three Arrows Capital, specializzato in speculazioni su criptovalute.

Il caso Celsius è emblematico della varietà di rischi legati alle criptovalute. Si trattava di una piattaforma che raccoglieva valute legali ed erogava prestiti in criptovalute. All’improvviso ha “congelato” i prelievi degli investitori a giugno e poi ha presentato istanza di fallimento a luglio.

Il “buco” è di circa 4,7 miliardi di dollari. Cavallo di battaglia della società il “Celsius Custody Service”, una sorta di deposito di denaro parcheggiato in attesa di essere spostato su opportunità più interessanti – il programma “Earn” – che prometteva attraenti rendimenti.

Anche l’Italia, per non farsi mancare nulla

In Italia segnaliamo il caso Silea (provincia di Treviso), dove aveva sede la NFT (New Financial Technology, l’inglese attira sempre…), emanazione di una società con sede a Londra, i cui titolari sono spariti dopo aver raccolto centinaia di milioni di euro da oltre 6.000 risparmiatori. Possibilità di ricuperare i soldi: nessuna.

Si tratta di un caso da manuale per la commistione fra l’appeal delle criptovalute che la società sosteneva di negoziare con algoritmi particolarmente efficienti (che garantivano il 10% mensile di profitto!) ed il vecchio sistema piramidale “alla Ponzi”. Molti clienti, infatti, erano remunerati per portare nuovi investitori, grazie ai quali potevano essere pagati i mirabolanti profitti; ovviamente, finché entravano dei nuovi, poi, quando il flusso è diminuito, è scattato, come sempre, il meccanismo della sospensione dei pagamenti e della chiusura del sito.

Emblematico infine il caso Terra/Luna, progetto basato sulla commistione tra una criptovaluta “a cambio fisso” (una “stablecoin” che garantiva la parità con il dollaro) ed un’altra a quotazione fluttuante. Purtroppo chi ha fiduciosamente versato i suoi dollari per acquistare la “stablecoin” si è trovato all’improvviso invischiato nel tracollo della valuta fluttuante, azzeratasi di valore in pochi giorni.

Il punto debole delle criptovalute: le regole

Purtroppo il mondo cripto è fuori da ogni regolamentazione, da ogni controllo, da ogni garanzia. I sistemi di protezione dei portafogli in criptovalute depositati presso le piattaforme operative sono efficaci, ma non è possibile escludere a priori l’eventualità di un furto ad opera di hacker particolarmente attrezzati.

E l’assenza di autorità di vigilanza (che i sostenitori delle criptovalute evidenziano come fattore positivo…) espone chi si avventura nelle monete virtuali a perdite irricuperabili. Il fatto è che molti risparmiatori in buona fede non si rendono conto che le società dalle quali acquistano le criptovalute e presso le quali le lasciano in deposito non sono banche, non sono soggette a controlli e soprattutto non beneficiano dell’assistenza del Fondo interbancario di garanzia, che copre i rischi d’insolvenza degli istituti di credito fino a 100.000 euro per ogni intestatario!

Piattaforme e algoritmi a caccia di soldi veri

Le “piattaforme” sono nate per negoziare le criptovalute ed offrire un servizio di compravendita; ma si sono rapidamente trasformate in depositarie dei valori offrendo ai clienti la custodia di bitcoin & C; in questo modo hanno potuto raddoppiare le loro disponibilità: hanno incassato dollari ed euro (le disprezzate valute legali) ed hanno potuto liberamente disporre dei capitali custoditi.

Un business che ha generato profitti enormi (vedi il caso citato in apertura di FTX), trasformatisi rapidamente in perdite enormi non appena i soggetti cui le piattaforme hanno prestato i fondi si sono trovati in difficoltà nella loro attività. Ed i tanto decantati algoritmi che promettevano di moltiplicare a dismisura i soldi dei clienti lavorando 24 ore al giorno in fantomatiche operazioni di compravendita automatiche sul mercato si sono rivelati un semplice (ma evidentemente efficace) specchietto per le allodole.

Criptovalute

Il portafoglio in criptovalute va opportunamente protetto (immagine Unsplash)

Criptovalute: consigli e avvertenze per l’uso

Chi vuole, nonostante tutto, avventurarsi sul mercato delle criptovalute eviti di lasciare i suoi valori presso le piattaforme. Li custodisca in suo wallet personale su una comune chiavetta USB. Correrà il rischio di dimenticarsela, ma non quello di farsi portar via i soldi da un hacker o da un truffatore.

Chi vuole puntare ad un prodotto innovativo sì, ma almeno coperto da qualche regola, si orienti su ETF specializzati in investimenti in criptovalute, quotati in borsa e liquidabili facilmente (tranne, ovviamente, nel caso di tracollo generalizzato).

Ed infine (last but not least), prima di ipotizzare di comprare bitcoin e simili, cercate di capirne la natura vera, al di là di slogan e di rappresentazioni puramente grafiche.

Aggiungo il link a questa interessantissima documentazione internazionale sulle frodi in ambito criptocrimine

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