Ciao, ho perso il lavoro, parte 2. Le mosse top di tre esperti

scritto da il 06 Febbraio 2023

L’autore del post è Silvano Joly, young boomer torinese, Business Development Director di Altea Federation. Già Manager presso Innovation Leader come PTC, Reply, Sap, Dassault Systemes, Centric Software, Syncron e in Aziende pre-IPO, collabora con varie Università Italiane ed è mentore pro-bono di start-up high-tech, oltre che amico da sempre della Piccola Casa della Provvidenza (Cottolengo), il più antico istituto dedicato all’assistenza di persone con gravi disabilità – 

Lo scorso luglio proprio su Econopoly ho potuto scrivere di un tema scottante: la perdita del lavoro. Come sempre ho condiviso le mie esperienze e raccolto consigli su come gestire l’immediato e come rimettersi in gioco iniziando la ricerca di un nuovo impiego. Il titolo era infatti “Ciao, ho perso il lavoro, mi dai una mano?”. E dieci buone mosse.

La nuova ondata di licenziamenti

All’indomani del pianto del Crying CEO Braden Wallake il tema aveva riscosso interesse, raggiungendo oltre 20.000 contatti (link) e generando riscontri e  commenti, anche direttamente. Si sono così attivate una serie di conversazioni, confronti e scambi di idee con colleghi, esperti e professionisti che a loro volta hanno espresso valore e proposto altre “mosse” utili a fronteggiare un’inaspettata perdita del posto di lavoro ed a predisporre un piano di “vendita” professionale di noi stessi.

In questi giorni arrivano notizie dei nuovi massicci lay-off previsti nel 2023, mentre a fine anno Forbes ha dato evidenza di come – nel solo settore high-tech – i tagli di posti di lavoro nel 2022 siano stati circa 152mila in oltre 1.000 aziende, con un picco a novembre di quasi 53mila tagli. Si calcolano 12.000 in Google; 10.000 in Microsoft, 18.000 in Amazon, 11.000 per Meta, 4.000 in Twitter e oltre 8.000 in Salesforce. Numeri che non si vedevano dal 2002, annus horribilis della bolla dotcom.

lavoro

Ho quindi pensato di mettere nuove idee e spunti a disposizione di chi – come i Topolini di Spencer Johnson nel famoso libro – si trovasse improvvisamente a dover cercare un nuovo formaggio ovvero un nuovo impiego ed una nuova dimensione professionale.

LinkedIn e la ricerca di un nuovo lavoro

Inizio citando #opentowork, hashtag e neologismo inventato da LinkedIn, il social network più diffuso in ambito business, visitato ogni giorno da milioni di professionisti, HR manager, imprenditori e manager. Il luogo ideale per la Lead Generation e naturalmente per cercare un nuovo lavoro, oltre che per arricchire il proprio know-how con la grande offerta learning che la piattaforma offre accanto a svariati servizi.

Ne ho parlato con Francesca Lanzara Large Enterprise Account Director e Linkedin Official Spokeperson, chiedendole come usare Linkedin non solo per trovare un nuovo lavoro, ma anche per  gestire il periodo di “transizione” dopo l’uscita da un’azienda in attesa del successivo incarico.

Essere attivi non solo quando si cerca lavoro

In primis Francesca ha chiarito che “Linkedin è una piattaforma member first dove l’iscritto è il vero asset e cliente finale, al quale ogni attenzione viene riservata. La nostra missione è infatti fare in modo che le Aziende trovino le Persone e viceversa.” “Quindi è opportuno essere attivi su LinkedIn non solo quando si perde o si vuole cambiare lavoro, ma sempre anche quando siamo nel pieno di una comfort zone lavorativa. E’ raccomandabile mantenere il proprio profilo aggiornato, pubblicando post di qualità e contenuti interessanti, effettuando richieste di connessione appropriate e scritte con attenzione, con una buona fotografia e esperienze professionali di qualità e veritiere.” “LinkedIn è come un CV, ma dinamico: va tenuto aggiornato sempre.”

Seguire le aziende che interessano

Andando al pratico Francesca ha anche suggerito di “scegliere la modalità open to work e di seguire le Aziende dove vorremmo andare a lavorare, spiegando che questo determina un vero e proprio aumento della visibilità: il modulo Recruiter mette in evidenza ai Reclutatori proprio i profili che seguono la loro azienda e si dichiarano pronti a cambiare lavoro.” E ci ha anche svelato un piccolo segreto: open to work non è visibile alla propria Azienda ma soltanto ai recruiter!

Francesca ha sottolineato che “il profilo LinkedIn è la nostra vetrina, dobbiamo dedicare un po’ di tempo non solo per mantenerlo attivo ma anche per essere interessanti e interessati, dando spazio alle competenze ed alle esperienze, raccontando successi e lesson learned ma evitando polemiche, pensando ad espandere la nostra rete con relazioni utili nel lavoro che stiamo svolgendo oggi e nel prossimo”. Il Si vis pacem para bellum dell’Epitoma rei militaris di Vegezio ritrova piena attualità: non facciamoci cogliere impreparati ed usiamo al meglio questa piattaforma di social business, considerando anche le soluzioni Premium che sbloccano molte funzioni utili e sviluppate ad hoc per la ricerca di un nuovo impiego oltre a quelle gratuite.

Un’altra carta da giocare: Obiettivo Lavoro

La conversazione con Francesca Lanzara ha fornito altri utili spunti come quello di seguire la pagina di Obiettivo Lavoro di LinkedIn Notizie, un vero e proprio sito che fornisce informazioni e soluzioni per chi cerca o vuole cambiare lavoro in modo estremamente pratico, ad esempio come superare il “permission paradox”, una delle trappole mentali catch-22 secondo la quale si crede di non poter trovare un determinato lavoro perché non si ha esperienza, senza riuscire a fare esperienza perché non si lavora in quel determinato campo. Obiettivo Lavoro indica anche quali Top Voices seguire, quali corsi frequentare, che tono dare al CV, come fare del personal branding.

lavoro

Infine, Francesca ci ha parlato della funzione Career Break che permette di gestire un “vuoto” o un intervallo professionale senza farlo stonare sul CV e sul profilo LinkedIn e ci ha spiegato che “anche questa funzione arriva direttamente dai nostri members, tramite i periodici survey nei quali chiediamo quali miglioramenti attiare. Nello specifico Career Break permette di inserire nelle Esperienze un’interruzione lavorativa in modo professionale e circostanziato, in caso di disoccupazione o quando si è scelto di dedicarsi alla famiglia, di prendersi un periodo sabbatico o di fare il giro del mondo in barca a vela”

Uscire bene da un’azienda

Informazioni utilissime, ma nelle vertenze di lavoro una delle possibili opzioni resta quella giudiziaria, la cosiddetta impugnazione dei licenziamenti con rito del lavoro. A proposito di un tema così complesso ho chiesto consiglio a Roberto Ferrario dello Studio Legale Ferrario Provenzali Nicodemi & Partners di Milano, avvocato giuslavorista esperto nelle problematiche di diritto del lavoro, che ci ha dato varie indicazioni su come gestire l’uscita da un’azienda e la difficile “trattativa” che si può innescare a seguito di un licenziamento.

Le riassumo per voi: “L’errore più comune che mi capita di vedere è quello di volersela “cavare da soli”. Molte persone (una minoranza ma comunque molte) hanno la convinzione di saperne sempre un po’ più degli altri, e quindi anche dell’avvocato e di poterne fare a meno. Ebbene, non solo tale attitudine è in generale pericolosa e spesso controproducente, ma è la peggiore strategia che si possa adottare quando – come nel caso di un licenziamento – vi sia un coinvolgimento diretto molto forte, anche dal punto di vista emotivo”.

Fare la scelta giusta è meglio di nessuna scelta

“Il primo suggerimento che posso dare è, dunque, quello di affidarsi totalmente ad un esperto della materia, non semplicemente un avvocato, ma un avvocato che tratti solo ed esclusivamente di diritto del lavoro. Prendetevi del tempo per scegliere il professionista giusto – magari analizzando due o tre profili e ascoltando i feedback di chi ve li ha raccomandati – ma una volta presa la decisione, FIDATEVI. Se poi l’avvocato non vi convince potete comunque comunicarglielo e cambiare, ma se siete convinti della scelta fornitegli tutte le informazioni e la documentazione di cui possa necessitare, affidatevi ai suoi suggerimenti e seguite la sua strategia, altrimenti perdete tempo voi e il professionista e non raggiungete l’obiettivo.

Quanto alla trattativa, il mio suggerimento è, anzitutto, quello di evitare – laddove si pensi di potersi confrontare con una controparte seria – un atteggiamento di “lotta” e difesa del principio fine a sé stessa. Per esperienza personale, trovandomi il più delle volte dall’altra parte, posso assicurare che una società, se seria, è molto più propensa a ricercare un accordo equilibrato con una controparte ragionevole che con chi è pronto a fare questioni di principio su tutto, perdendo però di vista l’obiettivo”.

Evitare battaglie di logoramento

“Al riguardo, bisogna infatti prendere atto del fatto che, ancor più per un manager e sicuramente per un dirigente, un rapporto di lavoro non è mai per sempre (come nulla del resto), per cui una volta digerita la notizia della chiusura del rapporto la cosa più utile da fare è individuare, insieme all’avvocato, i possibili obiettivi e delineare i possibili scenari (accordo stragiudiziale, contenzioso, eventuale soccombenza, costi, ecc.). Una volta chiaro il quadro, la trattativa può cominciare e auspicabilmente chiudersi in tempi brevi. A tal riguardo, infatti, quello che gli involontari protagonisti di queste vicende inizialmente fanno fatica a comprendere è che una lunga trattativa è quasi sempre logorante, molto più per il dipendente che per la società, per cui riuscire a ridurre i tempi in modo da chiudere in fretta un capitolo per concentrarsi su quello successivo ha un valore enorme”.

Ultimo – ma fondamentale – suggerimento è evitare, se possibile, un contenzioso giudiziale: un giusto accordo (e l’avvocato deve essere in grado di comprendere se lo sia) è quasi sempre meglio di una causa, che rimette la decisione ad un soggetto terzo che quasi sempre avrà della vicenda una minore conoscenza delle parti stesse. Il tutto senza considerare la durata di un giudizio, anch’essa estremamente logorante.”

Il lavoro e i cacciatori di teste

Passando al tema della ricerca di un nuovo impiego ricordo che un mio Capo mi diceva sempre che il miglior amico di un manager è il Cacciatore di Teste e mi raccomandava di avere sempre buone relazioni con loro, di aiutarli quando ti chiedono aiuto per una ricerca difficile e di dare loro disponibilità e supporto quando hanno un candidato da valutare o una persona da seguire.

E quindi parlando con il mio caro amico Sebastiano Viani, Partner e Ceo di Euren Intersearch, società di executive search attiva in Italia e all’estero, ho raccolto le indicazioni che un candidato open to work dovrebbe seguire per essere visibile e venire preso in considerazione da chi come lui si trova tra domanda ed offerta di lavoro, soprattutto di livello manageriale. Eccole:

“L’errore più comune di un manager in cerca di una nuova opportunità è quello considerare un head hunter alla stregua di un procuratore. Come è noto, l’head hunter cerca invece la persona giusta sulla base di una richiesta specifica ricevuta da un cliente e non il contrario…”

Cercare una lavoro è un lavoro

“Una volta chiarito questo aspetto, ritengo che comunque l’head hunter vada considerato come un collettore di opportunità nel medio termine (alla stregua di altri attori del mercato, come per esempio: fondi di investimento, società di consulenza strategica, società di M&A, …) e quindi come uno degli snodi del proprio network. Tenendo conto che ogni candidato è diverso dall’altro e ogni situazione ha le proprie peculiarità, credo che un suggerimento valido per tutti sia quello di lavorare molto sul proprio network (fisico e virtuale, diretto e indiretto) per svilupparlo e gestirlo, possibilmente anche prima di rimanere senza lavoro…

E non smettere di farlo anche dopo averne trovato uno nuovo! E ricordarsi sempre una frase, forse banale ma sempre più attuale: cercare lavoro è un lavoro. Ciò significa che a mio parere avere un piano di azione ben fatto, anche in questo caso, è di fondamentale importanza per essere più efficienti e più efficaci. Affrontare con metodo la ricerca di un nuovo lavoro potrà addirittura essere un’occasione di sviluppo e di crescita, personale e professionale.”

lavoro

La buona pratica delle 3D 

Concludo questa serie di validi contributi con Domenico Clementi, manager di lungo corso che ci ha proposto una undicesima “buona mossa” e best practice: quella delle 3D:

Defaticamento, Disintossicazione, Decompressione. Eccola in dettaglio:

Defaticamento

tu sei un maratoneta, ogni lavoratore è un maratoneta. Che tu ti sia allenato tanto o poco (i tuoi precedenti incarichi in altre aziende), la tua performance più importante e significativa è quella nella tua ultima azienda, la tua ultima maratona, quella che hai corso mettendoci tutte le tue forze, tutte le energie psichiche e fisiche di cui eri capace. Sei arrivato al traguardo (lascia stare che non ti aspettavi che il traguardo fosse proprio lì, ma magari qualche chilometro più avanti e qualcuno l’ha spostato…) e ora la cosa giusta è tornare ad avere il respiro normale, ascoltare il battito del tuo cuore che rallenta, assaporare il sudore sulla pelle, sentire le tossine uscite durante la corsa, lasciarle scorrere via con una doccia calda.

Disintossicazione

ogni azienda del mondo, nessuna esclusa, è composta da persone. Ogni azienda del mondo ha persone di valore con tanti pregi, ma ha anche qualche persona di “non grandissimo spessore”, o con qualche difetto marcato. In tutto questo, a volte, capita di avere colleghi che definisco “Tossici”. Persone che non sempre operano per il bene dell’azienda ma a volte solo per il proprio tornaconto o a volte anche solo per il gusto del remare contro del non collaborare. Oppure hanno difetti congeniti che causano inefficienze e problemi.

Lungi da me giudicarle (il comportamento di ciascuno di noi è conseguenza del nostro vissuto precedente). Fatto sta che i colleghi Tossici esistono. Bene, ripensate a tutti i colleghi più o meno tossici che avete incontrato nella vostra ultima maratona, ricordatevi di quanto vi abbiano disturbato le loro azioni o i loro comportamenti, divertitevi a classificarli in Top Tossico, Medium Tossico e Lower Tossico. E godete nel pensare che, ragionevolmente, non avrete mai più a che fare con loro.

Decompressione

Ogni manager apicale che si rispetti ha responsabilità significative. Obiettivi da rispettare, gare da vincere, team da guidare, miglioramenti continui da apportare. Tutto questo, a volte, non per tutti allo stesso modo, in genere porta a subire un certo livello di stress. I tempi della giornata sono scanditi dagli obiettivi. Per quanto si cerchi di organizzare e prioritizzare la task list, spesso l’orario di lavoro effettivo eccede quello previsto e spesso ci si porta pensieri, problemi, ansie anche nelle ore extra lavorative che dovrebbero essere dedicate alla famiglia e ai propri interessi. La buona notizia è che potete dissolvere questi pensieri, ansie e problemi.

Fate un elenco di quanti tasks avevate aperti cui non dovrete più pensare, metteteli in un grande contenitore sotto una pressa e schiacciateli come si demolisce una vecchia automobile. Lasciando che siate voi a decomprimere per liberare la vostra mente per il What’s next. Dedicate più tempo alla famiglia. Mettetevi a disposizione di amici e parenti per commissioni straordinarie. Riprendete in mano quel racconto che stavate scrivendo. O anche solo: alla mattina godetevi il giro con il vostro amico peloso, non con il tempo contingentato dal “ho la call delle 08.30 per l’offering Digitech” ma lasciando che sia il vostro Bobi a decidere dove andare, quali odori seguire per il quartiere. Vi assicuro che vi rilasserà e stupirà scoprire angoli nuovi mai incontrati. E vi verrà più semplice pensare al What’s next.

Perdere il lavoro è un trauma, ma better safe than sorry

Perdere il lavoro, per licenziamento – che sia collettivo o individuale – che sia atteso o del tutto imprevisto – resta un trauma professionale e personale. Causa problemi pratici ed economici e implica anche molte e varie ripercussioni. Si scoprono, talvolta per la prima volta o in modo assai più forte, sensazioni di panico, sconforto, rabbia, sfiducia, ansia, depressione e si rischia di compiere gesti e azioni inutili o addirittura controproducenti nell’immediato della gestione dell’uscita quanto nel futuro per le possibilità di trovare un nuovo impiego.

Ho cercato di raccogliere consigli e indicazioni, suggerimenti su cosa fare e cosa evitare consultando esperti e professionisti di altissimo livello, mi auguro siano utili ed ancora più che nessuno debba usarli!

Ma come dice il proverbio: “better safe than sorry”.

Grazie e spero nei vostri commenti.