Pro e contro della pazza corsa europea alle case green

scritto da il 11 Maggio 2023

Post di Gaetano Lapenta, CEO & Co-Founder di Fybra – 

Il Parlamento Europeo ha recentemente approvato la cosiddetta Direttiva Case Green, più precisamente la Energy Performance of Building Directive (“EPBD”), contenente alcune previsioni di sicuro impatto sul patrimonio immobiliare esistente in tutta Europa. Il dibattito che ne è generato, in Italia come in altri stati dell’Unione, è stato ampio e controverso data la complessità dell’argomento.

Tempistiche rapidissime per le case green

Gli edifici dell’UE rappresentano il 36% delle emissioni di gas serra e il 40% dei consumi energetici, di cui la maggior parte possono considerarsi sprechi. Intervenire sugli immobili di proprietà significa però incidere significativamente e direttamente sui patrimoni delle famiglie italiane che, secondo i dati Censis diffusi a dicembre 2022 ammontano al 70% dell’intera popolazione nazionale.

In più la EPBD, pur prevedendo passaggi differenziati per residenziale e non residenziale e tra pubblico e privato, sembra voler dettare tempistiche rapidissime (10 anni per un primo importante efficientamento). C’è da chiedersi: chi farà questi investimenti? Si possono obbligare le famiglie ad affrontare spese ingenti per adeguare gli immobili, a pena di vedere svalutato drasticamente il valore di mercato del proprio bene? Ecco a mio avviso quattro punti di riflessione sul tema.

La ricerca di soluzioni immediate non è un bene

Primo: la corsa alla soluzione immediata di problemi strutturali non è, storicamente, un bene per l’economia e per l’efficacia degli stessi. Dover ottemperare a obblighi di legge senza avere il tempo di valutare con cura le soluzioni migliori, l’effettiva qualità delle proposte dei fornitori e gli impatti delle diverse tecnologie nel lungo periodo potrebbe generare effetti indesiderati importanti, come ad esempio una bolla speculativa e l’irreperibilità dei materiali (analogamente a quanto accaduto con il Superbonus 110%), difficoltà a reperire manodopera e abbassamento del livello medio dei fornitori di manodopera, difficoltà nella gestione dei cantieri, ingresso nel mercato di soluzioni low cost utili al mero rispetto dell’obbligo normativo, con conseguente abbattimento della qualità finale degli interventi. E si potrebbe continuare a lungo. A un problema strutturale sarebbe dunque utile abbinare tempistiche altrettanto “strutturali”.

Case green e spinta all’innovazione

Il secondo punto riguarda la grande opportunità che la direttiva rappresenta per l’innovazione in ambito proptech e cleantech. Gran parte degli investimenti dei fondi specializzati si sta rivolgendo infatti ad aziende innovative, orientate a risolvere i principali problemi inerenti la sfera ESG. Un aumento significativo della domanda non farebbe altro che accelerare e acuire i processi di ricerca di nuove soluzioni da parte dei soggetti più innovativi, come startup, centri di ricerca e università.

case green

(onephoto – stock.adobe.com)

I passi da compiere per non sprecare le opportunità

Il terzo punto afferisce alle azioni che, come sistema Paese, l’Italia potrebbe mettere in campo per prepararsi e avvicinarsi alle scadenze imposte dall’Europa senza sprecare le opportunità che ne deriveranno. Se il Paese sarà in grado di cogliere la sfida della crescita della domanda e dell’accelerazione di nuove soluzioni, potrebbe verificarsi un ritorno importante e “sistemico” sull‘economia.

Le startup che individueranno tecnologie vincenti nel cleantech in questi anni diventeranno le leader di mercato nei prossimi decenni, generando ricchezza, posti di lavoro qualificati e indotto di alto profilo che si muoverà in base a chi meglio saprà cogliere questa occasione. Se l’Italia prenderà parte a questa partita, CDP in particolare sembra essere il veicolo di elezione ideale per favorire questo processo, con linee di investimento dedicate e verticali, possibilmente rapide e sburocratizzate, così come lo sviluppo delle misure già in essere.

Sarebbe strategico affiancare a tutto questo una seria politica di attrazione investimenti esteri, cominciando da una semplificazione degli aspetti regolamentari e fiscali e incentivando in maniera decisa gli investimenti in ambito ESG.

Il confronto con l’estero

L’ultimo punto riguarda un confronto con l’estero. Alcuni Paesi come Germania, Olanda o Spagna presentano un ecosistema di “open innovation”, ovvero di collaborazione tra società consolidate e startup o enti di ricerca, soprattutto nell’ambito delle grandi corporation. Tali economie sembrano aver compreso che anche i leader di mercato devono continuamente rinnovarsi per essere sempre aggiornate sulle novità in termini di tecnologie, modelli di business o servizi innovativi. Solo una sana collaborazione e un frequente interscambio tra grandi aziende e “innovatori” potrà rendere l’ecosistema veramente innovativo.

La forza dell’Italia nelle riqualificazioni

Nel caso delle “case green”, l’Italia ha molto da dire nel segmento delle riqualificazioni. Favorire l’interscambio tra grandi e piccoli, tra aziende consolidate e innovatori, è uno spazio di creazione del valore che potrebbe pagare enormemente in vista degli obblighi a cui il settore dovrà adempiere.

Le startup sono affamate e vivaci, le società si muovono spesso solo se accompagnate da quadri regolatori e incentivanti: potrebbe valer la pena assecondarle e guidarne la grande potenzialità verso investimenti “cleantech”.

Insomma, l’opportunità di riqualificare il patrimonio edilizio e renderlo più efficiente è davvero importante, ma occorre non sprecare questa occasione. Per scongiurare questo rischio è necessario nell’ordine non pensarlo come un intervento di breve periodo, liberare le intelligenze del settore che si occupano di innovazione sia con incentivi economici e regolatori e favorire la collaborazione tra grandi aziende e startup o centri di ricerca, imparando dai modelli che all’estero stanno già funzionando.