Un conto, tre filiali. Le banche, le donne e l’evoluzione verso il fintech

scritto da il 26 Maggio 2023

Da quando ho il conto sono riuscito a cambiare 3 filiali. Non sono io a cambiare ma la mia banca. Le filiali dove avevo il conto sono state chiuse, il mio conto migrato ogni volta alla filiale più vicina. Tre filiali in pochi anni. Mi domando tra 10 anni dove andrà a finire il mio conto. Nella prima filiale conoscevo tutti, persino la polvere che si depositava sui volantini pubblicitari. Nell’ultima banca è un successo che conosco una persona. Vero è che le banche sono cambiate molto e, dopo il crollo del 2008, la velocità di mutamento è ulteriormente accelerata. Colpa anche mia: ormai faccio tutto in home banking. Il fintech è l’ultimo evento che ha interessato il mondo bancario; la sua integrazione con le banche italiane è un fattore che influenzerà significativamente l’intera esperienza per i clienti aziendali e privati. Facciamo il punto

Come il fintech sta modificando le banche

“L’approccio del fintech nei confronti delle banche è un fenomeno dirompente e pervasivo”, mi spiega Stefano Righi coautore, con Annalisa Caccavale del libro Bancatech. “Vi sono due attività principali che le banche stanno promuovendo nella loro evoluzione: la digitalizzazione dei servizi al consumatore e l’evoluzione tecnologica. La banca commerciale, lo sportello sotto casa, è tendenzialmente in via d’estinzione. Un percorso, quello della riduzione degli sportelli, già in atto da un paio di decadi. L’elevato costo del personale è un elemento che le banche stanno affrontando in modo diretto, riducendo gli sportelli. I bancomat intelligenti, presenti in molte città, permettono di ridurre le code in banca e svolgere differenti attività. A questo si aggiunge che molte attività, prima svolte in modo svogliato dal dipendente bancario, oggi sono effettuate direttamente dal cliente, tramite l’home banking”.

Sulla gestione dei servizi anche Federico Visconti, rettore della Liuc Università Cattaneo di Castellanza, ha le idee chiare.

“Da vice presidente di Fideuram ho  un punto di vista privilegiato per osservare i mutamenti del settore bancario e del risparmio gestito. Il sistema è in intenso movimento, per effetto della tecnologia, delle iniziative promosse dai competitor, dei cambiamenti del “consumatore”. Su questo, è bene ricordare che l’Italia è una nazione di risparmiatori: la nuova finanza permette non solo di far emergere soluzioni innovative di investimento, ma anche modelli di interazione con i banker inimmaginabili solo qualche anno fa”.

Investimenti e banche

La parola chiave per interpretare il futuro delle banche è investimento. “Per massimizzare la crescita e le risorse le banche devono fare scala e accrescere le proprie dimensioni”, chiarisce Righi. “Le banche devono specializzarsi. Parlando del mercato italiano, possono esistere 3-4 banche generaliste, le altre devono specializzarsi per focalizzarsi su settori specifici. In Italia abbiamo già banche specialistiche, penso a Fineco o Banca Mediolanum. Sono realtà che, come nel caso di Mediolanum, sono nate sin dall’inizio con un obbiettivo specifico, senza una strategia legata alle sedi fisiche. Le banche ormai guadagnano di più se offrono servizi di consulenza: la gestione ordinaria e i mutui, due delle voci più rilevanti nel passato di ogni banca, oggi hanno subito una trasformazione e, come dicono gli inglesi, il fenomeno del decoupling ha spezzettato questi servizi. Oggi ci sono specifici gestori e piattaforme che possono gestire tutta l’esperienza del consumatore finale, e la banca resta solo l’erogatore del mutuo”.

L’importanza degli investimenti è un tema familiare anche a Visconti che, tuttavia, sposta il punto di osservazione sugli investimenti verso il tessuto aziendale. “Quando si discute di futuro, quando si guarda al medio periodo, credo che una parola debba essere messa “culturalmente” al centro dell’attenzione: investimenti. Le risorse finanziarie devono essere indirizzate alla crescita del patrimonio produttivo delle imprese, dei tessuti imprenditoriali come quello di cui la Liuc è espressione.  Ma anche allo sviluppo del patrimonio intangibile, tramite attività di ricerca sui temi rilevanti e utili per le imprese. Ad esempio, in Liuc abbiamo progettato un percorso specifico sulle fintech, in stretta collaborazione con una ventina di aziende del settore che ospitano i nostri studenti per attività di stage”.

Fintech e donne: un binomio sempre più importante

Il mondo digitale ha una criticità che, in tutto il mondo, deve essere risolta. Il concetto di coded bias è familiare a qualunque programmatore. Il mondo dell’informatica, e in particolare quello dei programmatori, è un settore fortemente maschile. Il problema si pone quando un software viene assemblato: il rischio che coloro che creano il software trasmettano, inconsciamente, le loro posizioni culturali, religiose, sociali o sessuali è elevato. Per quanto sembri incredibile un programmatore maschio, bianco potrebbe avere visioni e idee differenti da una programmatrice donna e africana. Nel percorso di programmazione queste differenti visioni, se non vengono sradicate grazie alla presenza di un tema eterogeneo, rischiano di divenire un problema nei software.

fintech

(jirsak – stock.adobe.com)

Fintech, donne e coded bias

Di casi di coded bias se ne contano ormai molti: dalle carte di credito che non riconoscono i comportamenti delle donne come “normali” ai cittadini di origine africana etichettati da Facebook e Google come “oranghi”. Nel mondo della finanza, specialmente nel settore bancario retail è fondamentale integrare sempre più donne nei ranghi dei programmatori. Per risolvere questo problema si può investire maggiormente nel mondo femminile, auspicando che vi siano più donne che scelgono materie di studio denominate “STEM”.

Ne conviene Righi, che mi spiega. “La scrittura dell’algoritmo e le relazioni tra gli algoritmi sono frutto dell’intelligenza umana. Idealmente se aumento il numero di studentesse nelle materie STEM potrebbero ridursi i coded bias legati alle donne. Perché le sensibilità e le culture di base sono differenti. È vero che ci sono dei parametri che rispondono ad una logica binaria, ma l’interpretazione, la scrittura e le sue relazioni sono riconducibili ad una intelligenza umana. Anche quando ci sono algoritmi e funzioni che si autoriproducono, se risali la catena arrivi sempre al primo scrittore dell’algoritmo. È estremamente delicato”, conclude Righi.

Servizi sempre più gestiti dai dati sintetici

Un approccio simile arriva da Visconti che mi spiega. “Questa mattina mi è capitato in mano “Manuale di  marketing romagnolo”,  scritto dal comico Paolo Cevoli. Ad un certo punto,  cita la Thatcher che diceva: “se hai un problema parlane con un uomo, se vuoi risolverlo con una  donna”. Può darsi che la tesi sia fondata. Personalmente credo che la vera questione, in particolare per l’Italia,  sia quella del merito. Facciamo fatica a misurarlo, ancor di più a riconoscerlo. Temo che non pochi  “squilibri” derivino da questa deriva le cui origini sono lontane nel tempo. Per essere concreti: ben venga che si rafforzino le basi STEM e ben venga che ne escano laureate di valore”, conclude Visconti.

L’evoluzione delle banche verso un mondo dove i servizi sono sempre più gestiti da dati sintetici è un fatto. L’opportunità che le banche hanno di fronte è quella di poter valorizzare le risorse umane scaricando le attività più ripetitive sui sintetici.

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