In Italia 143 senior ogni 100 junior, ma per i giovani lavoro in crescita

scritto da il 31 Maggio 2023

Ombre, ma anche luci. Ed è bene parlarne. Il ricambio generazionale è stato azzerato e la struttura della popolazione attiva è molto squilibrata: per ogni 143 senior ci sono 100 junior. Il quadro del collocamento, tuttavia, non è così negativo: se consideriamo il tasso di occupazione giovanile della fascia 15-24 anni, scopriamo che in Italia è aumentato del 13 per cento nel 2022 rispetto al 2021 e del 5 per cento per la fascia 25-34 anni. I settori dei servizi, del terziario avanzato, profit e non profit, sono gli ambiti in cui a livello nazionale i nuovi lavoratori troveranno maggiori opportunità di impiego: la trasformazione digitale in corso, sia nel settore privato che in quello pubblico, favorirà la creazione di professioni altamente specializzate. È quanto emerge dai dati Istat presentati all’evento “LM Day: PaNDA2023”, promosso dal dipartimento di scienze politiche e sociali dell’università di Pavia diretto dalla professoressa Silvia Figini.

INDICE DI RICAMBIO DELLA POPOLAZIONE AL PALO

Luci e ombre, dunque, spiega l’Istituto di ricerca rappresentato nella giornata di studio pavese da Giulia De Candia e Flavio Verrecchia dell’ufficio territoriale dell’area Nord-Ovest, e da Sabrina Stoppiello del servizio statistiche strutturali sulle imprese, istituzioni pubbliche e non profit. Presente anche Assolombarda con Davide Ballabio.

Se ne parla spesso: da una parte si assiste al fenomeno della denatalità, dall’altro la speranza di vita si è allungata di oltre 10 anni dal dopoguerra a oggi. Ciò che allarma è il rapporto generazionale squilibrato tra chi sta per andare in pensione e chi sta per entrare nel mondo del lavoro. Considerando i dati nazionali, il confronto tra la fascia di popolazione di età compresa tra i 60 e i 64 anni e quella che ha tra i 15 e i 19 anni mostra la presenza di molte più unità di popolazione attiva anziane. Detto in cifre, nel 2022 l’indice di ricambio è stato di 141 punti percentuali. Questo significa che, in Italia, a fronte di 141 persone attive anziane ci sono 100 giovanissimi. Altra cifra da tenere in considerazione riguarda la struttura della popolazione attiva: il rapporto percentuale tra quella in età lavorativa più senior (40-64 anni) e quella più giovane (15-39 anni) è di 143 punti percentuali.

CRESCE TASSO DI OCCUPAZIONE GIOVANILE: +13% IN UN ANNO

Gli effetti dell’accelerazione della transizione digitale a partire dalla crisi pandemica si sono dimostrati pervasivi in tutti i comparti dell’economia ed aree territoriali. Tuttavia, non emerge solo la necessità di nuove figure professionali, ma queste si aggiungono alle più tradizionali, da sostituire in un mercato del lavoro che invecchia. Infatti, l’altra faccia della medaglia dell’assenza di ricambio generazionale e della struttura della popolazione attiva sbilanciata verso i senior è rappresentata dalle opportunità occupazionali per i giovani: uscendo dal lavoro più professionisti con grande seniority, infatti, gli junior si troveranno ad avere maggiori possibilità di scegliere rispetto alla generazione dei Baby boomers o alla Generazione X. Nel 2022 il tasso di occupazione giovanile della fascia 15-24 anni è cresciuto del 13 per cento in Italia rispetto al 2021, mentre del 5 per cento per quella 25-34 anni. «Dopo un lungo periodo, in cui gli indici di ricambio e di struttura della popolazione in età lavorativa non sembravano offrire occasioni ai giovani sotto il profilo dell’occupazione, la provincia pavese assieme al resto del Paese sembra essere giunto a un punto di svolta», commenta la professoressa Figini, direttrice del dipartimento di Scienze politiche e Sociali dell’Università di Pavia.

LIVELLI DI ISTRUZIONE: ITALIA MOLTO INDIETRO RISPETTO ALL’EUROPA

In tutto questo nuovo orizzonte c’è da considerare il rapporto tra i livelli di istruzione e i ritorni occupazionali. Considerando i dati relativi al 2021 la quota di popolazione tra i 25 e i 64 anni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore, il 62,7 per cento dei 25-64enni è risultata avere almeno un titolo di studio secondario superiore, contro il 79,3 per cento della media dell’Unione europea, l’84,8 per cento della Germania e l’82,2 per cento della Francia. Se guardiamo alla percentuale dei laureati, essa risulta essere pari al 20 per cento, quota molto più bassa della media europea (33,4 per cento) e circa la metà di quella registrata in Francia e Spagna (40,7 per cento in entrambi i Paesi). La quota di 30-34enni in possesso di un titolo di laurea (obiettivo fondamentale per una “società della conoscenza”) – nota l’Istat –è del 26,8 per cento. Il valore italiano resta lontano dal benchmark europeo stabilito dalla Strategia Europa 2020 (40 per cento) e ridefinito per il 2030 dal Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (con il 45 per cento d ibenchmark per la classe 25-34 anni).

IL VANTAGGIO OCCUPAZIONALE DELLA LAUREA IN TASCA

Un ulteriore riflessione da fare riguarda il vantaggio occupazionale della laurea rispetto al diploma: secondo l’Istat tra i 30-34enni laureati il tasso di occupazione è di oltre 12 punti più elevato rispetto a quello dei diplomati. Tra le giovani laureata il tasso di occupazione resta significativamente inferiore a quello maschile (78,3 per cento contro 85,7 per cento dei laureati), sebbene il vantaggio occupazionale della laurea rispetto al diploma per le giovani adulte sia più elevato di quello delle donne più mature. L’indirizzo di studio universitario fa segnare differenze significative nei tassi di occupazione dei laureati: nel 2021, il tasso di occupazione tra i 25-64enni laureati nell’area umanistica e dei servizi è stato pari al 75,9 per cento, salito all’81,7 per cento per i laureati in area socioeconomica e giuridica, attestandosi all’85,3 per cento per le STEM e raggiungendo il massimo valore (88,5 per cento) tra i laureati nell’area medico-sanitaria e farmaceutica.

Tiriamo, dunque, le somme: malgrado il ricambio generazionale al palo, per i giovani si prospettano buone opportunità professionali. Avvantaggiati, in particolare, saranno quanti avranno una laurea in tasca, con particolare riguardo alle aree medico-sanitaria, farmaceutica e STEM.